L’Ara San Juan non verrà recuperato. Imploso nella discesa, il sottomarino giace con lo scafo squarciato in due punti, accartocciato su se stesso per la forza delle atmosfere delle profondità marine che custodiranno per sempre i suoi caduti in fondo agli abissi.
“È impossibile estrarlo dagli abissi”. Rimarrà lì, in fondo l’Atlantico meridionale a 900 metri di profondità, proprio nel quadrante dove lo avevano cercato per un anno intero. Perché l’Argentina non possiede le tecnologie adeguate ad effettuare il recupero, e dovrebbe appaltare l’operazione a società private estere. A dichiararlo è stato il ministro della Difesa Oscar Aguad durante una conferenza stampa tenuta insieme ai vertici militari, aggiungendo anche che “non si hanno i mezzi e le tecnologie per riportare in superficie un relitto di queste dimensioni”, e contestualmente i resti dei marinai, che verranno custoditi dal mare.
«La zona delle ricerche era corretta, ma senza i mini sottomarini autonomi non l’avremmo mai localizzato», ha aggiunto il ministro. Si è adagiato in fondo ad un vallone, a 430 chilometri dalla costa della Patagonia. Per individuarlo, dopo 12 mesi esatti, è stata necessaria una tecnologia estremamente sofistica fornita dagli Stati Uniti. Una tecnologia costosa, invocata dalle famiglie delle vittime non hanno mai ceduto, che non hanno mai abbandonato l’intento di conoscere il vero destino dei loro cari: i 44 membri dell’equipaggio di quel sottomarino scomparso.
L’odissea del San Juan, sottomarino fabbricato in Germania e acquistato da un paese che ha visto consumarsi troppi scandali di corruzione, anche a danno della Difesa e della sua corretta gestione, è rimasta al centro dell’attenzione mediatica per un anno intero. Premendo su una Marina fortemente screditata, e un governo, quello di Mauricio Macri, impopolare e sotto i riflettori per il rischio di un secondo crack economico, i parenti delle vittime hanno continuato a spronare le ricerche, e non hanno concesso all’Ocean Infinity– la società specializzata nelle operazioni ad bassissime profondità chiamata dal governo – di abbandonare la missione poiché quel punto preciso, dove poi è stato individuato il relitto, era già stato perlustrato “invano”.
Quel canyon degli abissi, che scende per oltre 900 metri, era il più difficile da scandagliare e i familiari hanno dovuto insistere fortemente affinché i batiscafi americani ci tornassero e trovassero proprio lì il sottomarino scomparso, a due chilometri di distanza dall’ultimo rilevamento. Dove era stata captata un anomalia acustica nel giorno della sparizione.
Fatalità del destino, proprio il giorno dell’anniversario della scomparsa, la fregata Seabed Constructor ha iniziato a ricevere le prime immagini del relitto, inviate da uno dei cinque mini-sommergibili teleguidati. “Sono ombre difficili da decifrare per i profani”, quelle analizzate dalla Marina argentina, ma per gli esperti non ci sono dubbi. Va confermata la tesi dell’implosione. Il relitto porta i segni delle atmosfere che una volta raggiunta la profondità critica hanno accartocciato il sottomarino su se stesso. Nei prossimi giorni saranno disponibili immagini più dettagliate.
I vertici del governo hanno deciso di aspettare la fine delle celebrazioni organizzate per ricordare la tragedia prima di divulgare la notizia. Unica consolazione per le famiglie dei 44 marinai scomparsi, è quella che i loro cari non abbiano patito le sofferenze che qualcuno immaginava: costretti nelle profondità abissali in attesa dell’arrivo dei soccorsi, a morire di fame e per asfissia dovuta alla terminazione delle scorte di ossigeno tarate su 45 giorni.
Ora la decisione di andare avanti o meno nel recupero del relitto e dei suoi marinai perduti passa nelle mani della politica, che in un momento di forte austerità ha già inviato dei messaggi velati sulle proprie intenzioni a riguardo. Come ha detto il perito navale Fernando Morales, per un anno nella squadra di ricerca del San Juan: “Il mare è la tomba di quei poveri marinai. I familiari dovranno rassegnarsi”. L’Argentina piange i suoi morti, ma non può permettersi di seppellirli a sue spese.