L’isola dei Serpenti torna a essere al centro della guerra in Ucraina. Quello scoglio non lontano dalle coste occidentali ucraine, conteso per molto tempo con la Romania, è diventato un luogo fondamentale. Tra rotte di incrociatori, fregate e motovedette, bombardamenti, voli dei droni e degli aerei da ricognizione Nato, tutto sembra tornare lì, in quell’isolotto incastonato nel Mar Nero un tempo sacro ad Achille e ora votato al dio della guerra.

La prima volta che l’isola è diventata nota nelle cronache della guerra russo-ucraina è stato proprio nei primi giorni del conflitto. La guarnigione presente nell’avamposto di Kiev è stato uno dei primi obiettivi della Flotta del Mar Nero, e cadde dopo un bombardamento e la successiva cattura di gran parte degli uomini di stanza lì. La conquista dell’isola divenne anche oggetto di un mito, quello della famosa frase “fottetevi” rivolta dagli ucraini ai russi prima di un presunto bombardamento che avrebbe sterminato la guarnigione. Leggenda che venne poi smentita dalla stessa Ucraina, costretta ad ammettere che tanti dei suoi uomini si erano arresi di fronte alla soverchiante capacità di fuoco della Marina di Mosca.

Poi, dopo una lunga assenza dalle cronache, Bile è tornata a essere l’epicentro del fronte navale russo. Nei giorni scorsi, è stato dato particolare risalto alla notizie dell’affondamento di due motovedette russe Raptor da parte dei droni di fabbricazione turca Bayraktar TB2. L’attacco, con le immagini dall’alto che mostrava il colpo ad opera dei famigerati velivoli venduti da Ankara a Kiev, aveva fatto capire che l’isola dei serpenti era di nuovo attenzionata tanto dai russi quanto dagli ucraini, al punto che questi ultimi avevano scatenato i raid anche contro la stessa difesa dell’isola. Dopo alcuni giorni, la notizia, che giunge ancora dalle acque di Bile, sul presunto incendio della fregata russa Admiral Makarov. Le autorità ucraine hanno affermato di avere colpito la nave utilizzando missili Neptune, gli stessi che avrebbero dato il colpo di grazia all’incrociatore Moskva. Anche l’ammiraglia della Flotta del Mar Nero si trovava non troppo lontana da quell’isola, seppure in un’altra posizione, più verso la Crimea. Mentre si attendono smentite (o conferme) del rogo del Makarov, gioiello della flotta russa varato nel 2017, i siti di monitoraggio degli aerei mostrano che sul Mar Nero sono in volo unità Nato, in particolare statunitensi e britanniche. Segno che l’Alleanza Atlantica vuole capire non solo quanto accaduto al largo dell’Ucraina in queste ore, ma avere una piena consapevolezza del campo di battaglia come già dimostrato dalla presenza di almeno un Poseidon nei momenti dell’affondamento del Moskva.

Il susseguirsi di notizie lascia intendere che intorno a quell’isola si stia giocando un ruolo estremamente importante, forse addirittura decisivo per il fronte meridionale della “operazione militare speciale” scatenata da Vladimir Putin. Un’isola che non è solo simbolica, ma strategica, e che spiegherebbe l’impegno russo addirittura mettendo a rischio la propria flotta dopo che il Moskva è stato colpito da batterie costiere. Così come spiegherebbe il motivo dell’impegno profuso in questi anni da Kiev e dalla Nato per esercitarsi nell’eventualità di un conflitto che si svolgesse anche intorno a questo lembo di Ucraina nelle acque meridionali.

Mappa di Alberto Bellotto

 

Dal punto di vista tattico, è chiaro che in questa fase della guerra in cui il fronte terrestre arranca e quello navale appare critico, l’Ucraina voglia cercare di infliggere i maggior numero di perdite a una flotta, quella russa del Mar Nero, che appariva decisamente superiore a livello tecnologico, numerico e di potenza. Ma dal punto di vista russo, la presa dell’isola comporta il pieno controllo di tutte le rotte che arrivano nei principali porti ucraini dell’ovest. In una fase in cui si minaccia da diverso tempo la conquista di Odessa, averne il pieno controllo significa che la Russia può mettere sotto pressione costante la città sul Mar Nero, in particolare bloccando tutto il commercio, e avendo le spalle coperte in caso di duplice assalto, dal mare e da terra. Spalle coperte che possono però essere utili anche per il controllo di eventuali rotte aeree e navali utilizzate da chi sostiene l’Ucraina. Bile può essere infatti rinforzata con sistemi missilistici ma soprattutto radar in grado di controllare i cieli e il mare intorno alle sue coste, funzionando da deterrente per i mezzi provenienti dai Paesi dell’Alleanza Atlantica.

Dal punto di vista strategico, c’è in questo senso un ulteriore fattore speculare a quello tattico. L’isola dei Serpenti serve adesso per la guerra. Ma se l’obiettivo di Mosca è quello di “rimanere per sempre” nel sud dell’Ucraina, come annunciato dal segretario di Russia Unita Andrei Turchak a Kherson, allora è altrettanto evidente che controllarla sarà fondamentale anche per il futuro delle regioni occupate. Non solo per Kherson, ma anche per la Crimea, per Mykolaiv e, in caso di caduta, anche di Odessa. L’isola dei Serpenti diventerebbe l’hub per il controllo di tutta la regione occidentale del Mar Nero, trasformandosi, inoltre, in una spina nel fianco per la Nato, in particolare per le forze in Romania distanti pochissime miglia. Inoltre, Bile è l’avamposto più avanzato del territorio ucraino nel Čërnoe more, il Mar Nero in russo. E questo comporta che l’isolotto sia un utile strumento geografico per rivendicare acque territoriali e strategicamente fondamentali per chiunque ne assuma l’autorità. Specialmente perché in un’epoca in cui il Mar Nero risulta sempre più al centro di interessi per ciò che riguarda lo sfruttamento di gas e petrolio nei fondali. Diversi documenti segnalano che non lontano dall’Isola dei Serpenti potrebbero esserci interessanti riserve di idrocarburi: utili per chiunque condivida quel mare e specialmente per un Paese che deve ripartire da una guerra devastante.

La Russia non è certo nuova al controllo di questa isola. Divenne russa quando l’impero di Caterina II sconfisse gli ottomani. E fu strappata agli zar solo con la guerra di Crimea. Un passato che Mosca, come confermato anche da questa guerra, non ha mai dimenticato. E che adesso riecheggia proprio quando la Novorossia inizia a delinearsi nei piani del Cremlino. Se il sud dell’Ucraina, nei sogni di Putin, deve essere russo, allora anche quello scoglio disabitato e spoglio deve tornare in mano all’ultimo “zar”. E come spesso accade nella storia russa, pragmatismo e simbologie si intrecciano nella lettura di una guerra che per la storia dell’impero può essere uno spartiacque.

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