Nuova notte di fuoco in Iraq, dove la tensione non sembra scendere dopo gli attacchi di mercoledì sera contro la base americana di Al Tanji. Come si ricorderà, almeno 18 razzi katiuscia sono caduti all’interno della struttura militare causando 3 morti e 12 feriti. Le vittime erano 2 soldati statunitensi ed uno britannico. Nessuno ha rivendicato questa azione, tuttavia poche ore dopo mezzi dell’aviazione Usa hanno bombardato alcune postazioni delle milizie sciite anti Isis nella zona di Al Bukamal, al confine con la Siria. Segno di come il Pentagono ha subito puntato il dito contro le stesse milizie. Nella notte tra giovedì e venerdì, gli americani hanno compiuto nuovi raid questa volta però in diverse località irachene. L’obiettivo è stato lo stesso del giorno precedente: colpire postazioni delle milizie filo sciite.
I nuovi raid della scorsa notte
Se poche ore dopo l’attacco alla base di Al Tanji i raid Usa si sono concentrati su obiettivi posti nelle zone vicine al confine con la Siria, come detto invece l’ultima operazione in Iraq ha coinvolto diverse località del paese arabo. Soprattutto nel sud, lì dove risiede buona parte della popolazione sciita e dove le milizie sciite, legate a doppio filo a Teheran, sono storicamente più radicate. Da Kerbala a Najaf, passando anche per alcune località a sud della capitale Baghdad, sono state diverse le città colpite. A Kerbala in particolare, così come riferito da Agenzianova, alcuni testimoni avrebbero confermato la morte di un operaio addetto nel cantiere di costruzione del nuovo scalo aeroportuale, uno degli obiettivi colpiti dai raid delle scorse ore.
L’operazione è stata confermata anche dal Pentagono, per bocca dello stesso segretario alla difesa Usa, Mike Esper: “Gli Stati Uniti non tollerano attacchi contro i nostri uomini, i nostri interessi o i nostri alleati – ha fatto sapere l’esponente dell’amministrazione Trump – Gli autori del bombardamento di Al Tanji non se la caveranno”. Un esplicito segnale dunque di come i raid delle ultime ore hanno rappresentato un’ulteriore reazione all’attacco di mercoledì notte contro la base Usa. Tra gli obiettivi dell’azione americana, ci sarebbero stati anche depositi utilizzati per nascondere i katiuscia ed altri razzi in grado di colpire nuovamente altri avamposti militari statunitensi.
Possibile una nuova escalation?
Tra le milizie maggiormente nel mirino sono risultate quelle denominate Kataib Hezbollah, ossia la versione irachena del gruppo degli Hezbollah sciiti libanesi. Lo stesso comandato fino al 3 gennaio scorso da Abu Mahdi Al Muhandis, il quale si trovava nel convoglio in cui viaggiava il generale iraniano Qassem Soleimani nei pressi dell’aeroporto di Baghdad quando si è verificato il raid Usa che ha ucciso entrambi. Il gruppo è quindi tra i principali indiziati non solo del lancio dei razzi contro la base di Al Tanji ma, in generale, è fortemente sospettato di essere uno dei più attivi alleati dell’Iran in Iraq. La tensione non è quindi destinata a diminuire: forze di sicurezza irachene in questo venerdì, dopo i raid americani, sono state dispiegate nei luoghi raggiunti dai bombardamenti, nonché nella zona verde di Baghdad, il quartiere governativo.
Il timore è quindi di trovarsi di fronte ad una nuova escalation, molto simile a quella che scatenatasi a gennaio dopo l’uccisione di Soleimani. L’attacco contro la base di Al Tanji ha per la prima volta provocato vittime tra gli americani da quando le forze sciite avevano promesso di vendicare il generale iraniano, la risposta Usa è stata molto dura e potrebbe non essere terminata. E dal fronte sciita sono state promesse nuove importanti azioni: “L’America può uccidere persone innocenti, ma non sarà in grado di rimanere su questa terra a lungo e si coprirà di vergogna”, ha ad esempio scritto su Twitter il deputato iracheno Naim al-Aboudi, appartenente alla coalizione sciita Sadqoun. I segnali, da una parte e dall’altra, non appaiono affatto distensivi. Ed a breve l’Iraq potrebbe tornare ad essere il principale teatro di scontro tra gli Stati Uniti e le milizie filo iraniane.