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Il Corpo dei Marines degli Stati Uniti, di concerto con l’U.S. Navy, sta affrontando una profonda ristrutturazione per adeguarsi ai nuovi scenari – ma sarebbe meglio dire al ritorno di quelli vecchi – imposti dalla politica cinese in Asia e nell’Indopacifico.

Una nuova idea che sta circolando è quella di consentire ai Marines di supportare la Marina nelle funzioni di sea control e in altre missioni navali, attraverso la rapida acquisizione di una nave anfibia leggera e uno spostamento dottrinale che implica l’uso di armamenti dell’Usmc in operazioni in mare.

Il generale Tracy King, direttore dell’Expeditionary Warfare nello staff del capo delle operazioni navali (Opnav N95), ha detto a Usni News lo scorso 8 gennaio che i servizi navali si stanno muovendo rapidamente per acquistare la loro prima nave da guerra anfibia leggera (Law – Light Amphibious Warship) nel 2022, come delineato nel recente piano di costruzione navale di ampio respiro formulato dalla marina statunitense che prevede il raggiungimento di un totale di 530 unità.

“Stiamo procedendo avanti tutta; Di recente ho avuto la possibilità di informare il Cno (Chief of Naval Operations n.d.r.) e il comandante del Corpo, e mi hanno detto di mantenere la rotta e di proseguire”, ha detto ai media il generale durante il simposio annuale della Surface Navy Association.

“In questo momento stiamo attraversando il processo formale Jcids (Joint Capabilities Integration and Development System). [Naval Sea Systems Command] ha completato i suoi secondi studi di settore e stiamo lavorando a tutti quei documenti”.

King e il vice comandante per lo sviluppo e l’integrazione, il generale Eric Smith, sono stati sostenitori della necessità di dotarsi di navi anfibie leggere da quando il comandante generale dei Marines, David Berger, ha pubblicato la sua guida alla pianificazione nel 2019, che suggeriva una revisione del modo in cui i Marines operano, ponendo meno enfasi sull’utilizzo di grandi navi anfibie e invece concentrandosi sulle modalità di utilizzo di molti piccoli gruppi di unità del Corpo.

L’assertività cinese nell’Indopacifico è stata la causa di questo cambiamento radicale della dottrina di impiego del Corpo dei Marines, che ha abbandonato le caratteristiche di forza armata “pesante”, per recuperare la sua vocazione expeditionary concentrata sulla guerra anfibia, che era stata “dimenticata” in un ventennio di conflitti asimmetrici e missioni di peace keeping ed enforcing determinate dalla necessità di contrastare il terrorismo di matrice islamica.

“Penso che siamo sulla buona strada, penso che ci stiamo muovendo in modo intelligente, e ne sono entusiasta perché … sono molto pessimista sul modo in cui sta andando il nostro rapporto con la Cina, e abbiamo assolutamente bisogno di questa capacità per continuare per scoraggiare quella che potrebbe finire per essere una grande guerra” ha detto ancora il generale King.

“Una nave che può percorrere 3 o 4mila miglia, trasportare circa 75 uomini con carico in eccesso, carburante in eccesso, che funge da piattaforma e che migliora la capacità di manovra tattica di quelle piccole unità di Marines sarà davvero qualcosa che un potenziale avversario potrà contrastare con difficoltà. Non una piattaforma di inserimento pesante, non un connettore da nave a terra, ma uno strumento di appoggio utilizzabile dai nostri ragazzi, così la Marina potrà davvero complicare i calcoli della Cina”.

Per quanto riguarda le operazioni con le tradizionali navi anfibie – in particolare le unità di classe San Antonio (Lpd-17) – King ha detto che sta cercando il modo di dotarle di missili antinave per consentire al comandante della nave di farne un uso durante la navigazione in mare.

“Vogliamo utilizzare un po’ della capacità letale che risiede nella [Marine Air Ground Task Force] quando siamo in navigazione, cosa che tradizionalmente non abbiamo mai fatto”, ha detto ancora il generale. Bisognerà capire come equipaggiare le unità Lpd con missili anti-nave. Questi mezzi erano stati originariamente progettati per includere un sistema di lancio verticale (Vls – Vertical Launching System), ma alla fine sono stati costruiti senza; rimontarli sarebbe uno sforzo complesso e costoso, ma King ha detto che la Marina sta valutando la possibilità di equipaggiarli con canister di missili antinave, proprio come è stato fatto per le Lcs (Littoral Combat Ship).

“L’effettiva soluzione non è la mia preoccupazione, o quale missile utilizzeremo sulla nave. Ma mi avete sentito dire, se galleggia combatte. Abbiamo questi magnifici Lpd-17 lunghi 180 metri, altamente resistenti e altamente capaci, penso che gli LPD abbiano bisogno della capacità di difendersi e affondare un’altra nave”.

Il generale quindi sembra orientato più verso la capacità prettamente di contrasto navale durante la navigazione, pur considerando fondamentale la possibilità che i Marines utilizzino sistemi missilistici antinave o terrestri basati a terra o su navi anfibie (come l’Himars). Le navi da sbarco statunitensi quindi probabilmente si affiancheranno alle classiche unità dell’U.S. Navy nel contrasto alla flotta avversaria. Un cambio dottrinale che ricalca un po’ quanto è possibile vedere in Russia, dove le unità più piccole della flotta, come le corvette, sono pesantemente armate: le Buyan M, ad esempio, sono dotate di due lanciatori verticali da quattro celle per missili Kalibr o Oniks.

Una soluzione che riflette il nuovo cambio di passo collettivo del Servizio Navale statunitense e che ne aumenterà la flessibilità: maggiori unità sottili armate pesantemente significa avere più mezzi “spendibili” e in grado di operare più in profondità senza mettere a rischio le unità maggiori, più costose non solo dal punto di vista finanziario.

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