La pandemia da coronavirus Covid-19 ha colpito anche gli apparati militari, almeno in Europa dove alcune esercitazioni della Nato sono state cancellate ed anche la stessa Defender Europe 2020 è stata ampiamente rimodulata per venire incontro alle esigenze di sicurezza sanitaria. Infatti là dove sia necessario un dispiegamento di uomini consistente il rischio che si possa veicolare ulteriormente il contagio aumenta all’aumentare del numero di personale coinvolto.

La maggior parte degli Stati colpiti dal morbo ha preso misure anche che hanno riguardato le proprie Forze Armate: gli Stati Uniti, ad esempio, hanno bloccato tutti i movimenti di truppe per un periodo di 60 giorni. La misura, firmata il 25 marzo dal Segretario alla Difesa Esper, si applica a tutte le truppe americane, al personale civile e alle famiglie, presenti oltremare.

“Lo scopo è quello di assicurarsi che non stiamo riportando il virus a casa, infettando gli altri e che non lo stiamo diffondendo in tutte le forze armate” ha detto Esper. Il provvedimento riguarderà nello specifico 90mila militari americani che erano in procinto di partire o rientrare in Patria, con l’eccezione delle forze presenti in Afghanistan, che verranno ridotte da 13mila effettivi a 8.500 entro luglio come previsto.

Esercitazioni e molte altre attività sono state annullate ma esiste un fronte, che per la sua particolare natura e per i mezzi che coinvolge è molto particolare, che continua ad essere caldo e attivo dal punto di vista delle manovre militari: quello dell’Estremo Oriente.

Il confronto tra Stati Uniti, Cina e Russia in questo scacchiere avviene sui mari e nei cieli e pertanto, non accenna a diminuire di intensità, anzi, nell’ultimo mese, ovvero al culmine della pandemia, sembra perfino essere aumentata.

Approfittando delle restrizioni date proprio dal diffondersi del virus negli Usa che hanno portato la Difesa americana a prendere seri provvedimenti, Pechino si sta dimostrando particolarmente aggressiva nelle acque del Mar Cinese Meridionale: nei primi giorni di marzo velivoli cinesi hanno condotto esercitazioni antisom in quelle acque contese in risposta alla crociera del cacciatorpediniere classe Areligh Burke Uss McCampbell a cui hanno fatto seguito altre esercitazioni a metà del mese. La Cina ha anche mobilitato la sua flottiglia di “pescherecci armati”, con a seguito unità della Guardia Costiera, che già utilizza nel contrasto alle attività petrolifere vietnamite al largo della piattaforma continentale di Hanoi, esattamente in quella parte del Mar Cinese Meridionale non lontana dalle contese (e contestate) isole Spratly.

Sempre ad inizio del mese, il 4, la portaerei Uss Theodore Roosevelt con la sua scorta ha effettuato una visita di cortesia in Vietnam attraccando nel porto di Da Nang, diventando la seconda unità di questo tipo nella storia ad aver visitato il Paese della penisola indocinese dai tempi della fine della guerra. Ancora la settimana scorsa, esattamente il 24, un altro cacciatorpediniere americano, l’Uss Barry, ha effettuato un’esercitazione a fuoco nelle acque del Mar Cinese Meridionale mentre i pattugliamenti di velivoli da ricognizione Elint (Electronic-signals Intelligence) tipo EP-3E si sono fatti quasi quotidiani: sono almeno tre le missioni note avvenute il 23, 26 ed il 27 marzo che sono state accompagnate anche da ricognizioni di velivoli tipo RC-135U “Combat Sent” da ricognizione elettronica e anche da una puntata di un B-52H decollato dalla base Andersen di Guam e accompagnato da due aerocisterne KC-135. Tutte missioni condotte nel medesimo braccio di mare tra Taiwan e le Filippine. 

Una dimostrazione di forza in risposta allo sconfinamento nello spazio aereo di Taipei da parte di bombardieri cinesi tipo H-6 avvenuto nei primi giorni di febbraio che ha suscitato dure proteste da parte del governo dell’isola “ribelle”. Le contromosse americane e soprattutto l’esercitazione a fuoco insieme alla visita della portaerei Roosevelt in Vietnam hanno irritato non poco Pechino che ha reagito anche attaccando direttamente i velivoli americani di pattuglia se pur limitandosi ad accecarne i sensori con armi laser mentre venivano tallonati dalla caccia cinese.

Un confronto tra gli Stati Uniti ed i suoi avversari che, come detto, copre tutto lo scacchiere orientale coinvolgendo anche gli alleati: spostandoci poco più a nord vediamo che anche il Giappone è stato messo sotto pressione dalle sortite dei velivoli da pattugliamento cinesi e russi.

In quello che è sembrato quasi uno sforzo coordinato, il giorno 24 due Tupolev Tu-95 russi scortati inizialmente da due caccia Sukhoi Su-35 hanno effettuato un lungo volo di pattugliamento lungo le coste occidentali e settentrionali dell’arcipelago nipponico venendo sorvegliati da diversi velivoli della Jasdf (Japan Air Self Defense Force) tra cui anche F-15J. Il giorno successivo un areo cinese Elint tipo Y-9JB è stato invece intercettato e scortato sopra le acque del Mar Cinese Orientale e Mar del Giappone, andando ad aggiungersi alla lunghissima lista di velivoli della Plaaf (People’s Liberation Army Air Force) e Planaf (People’s Liberation Army Navy Air Force) che sono stati intercettati dalle Forze Aeree nipponiche: secondo quanto riportato dal ministero della Difesa di Tokyo lo scorso gennaio sono stati infatti 523 i decolli su allarme (in gergo aeronautico scramble) effettuati dal primo aprile al 31 dicembre del 2019.

Sembra quindi che mentre in Europa la tensione tra Occidente e Russia stia diminuendo proprio per via dell’epidemia, il cui pericolo sta iniziando a palesarsi sempre di più anche in quel di Mosca, dall’altro capo del mondo, grazie alla delicata situazione data dal virus, proceda in senso inverso assumendo quasi i caratteri di un susseguirsi repentino di dimostrazioni di forza da una parte e dall’altra.