Un test che “farà riflettere chi cerca di minacciare la Russia“. È con queste parole che il presidente russo Vladimir Putin, durante una videoconferenza, ha commentato il lancio di prova del missile balistico intercontinentale pesante Sarmat. Test che, come comunicato dal ministero della Difesa russo, è stato effettuato nel cosmodromo di Plesetsk, nella regione di Arcangelo alle 15:12 ora di Mosca. Sempre secondo le informazioni che arrivano direttamente dalla Difesa, “il lancio è stato il primo di una serie programmata” e “una volta che il programma sarà completato, il sistema missilistico Sarmat entrerà in servizio nelle Forze Missilistiche Strategiche”. Secondo il ministero, i primi missili andranno a rimpiazzare i R-36M2 Voevoda della base di Krasnoyarsk, nella Siberia centrale.
Putin ha voluto dare particolare risalto al successo del test. Il presidente russo ha dichiarato che “quest’arma davvero unica rafforzerà il potenziale di combattimento delle nostre Forze armate, assicurerà in modo affidabile la sicurezza della Russia dalle minacce esterne e farà riflettere coloro che, nel fervore di una retorica frenetica e aggressiva, cercano di minacciare il nostro Paese”. Parole dal chiaro messaggio internazionale a cui si uniscono anche altri due più squisitamente interni, uno rivolto all’opinione pubblica e uno alle forze del complesso militare-industriale del Paese. La tutela dalle minacce esterne è un elemento fondamentale nella retorica russa, che della sindorme di accerchiamento ne ha fatto un pilastro della sua strategia e anche dell’agenda estera. Ma ribadire che il vettore è prodotto e assemblato interamente in Russia serve anche ad altro. “Naturalmente ciò semplificherà la produzione in serie del complesso da parte delle imprese dell’industria della difesa e ne accelererà il trasferimento al arsenale delle forze missilistiche strategiche“, ha affermato il leader russo. Lanciando quindi un segnale anche a quelle aziende preoccupate dal blocco di componenti di alta tecnologia voluto dall’Occidente.
Il Sarmat assume dunque in questa precisa fase della crisi tra Russia e Occidente e della guerra in Ucraina diversi significati. Putin lo ha fatto capire benissimo parlando appunto di un test, quello di oggi, che serve a far “riflettere” gli avversari strategici di Mosca. L’avvertimento è implicito nelle stesse caratteristiche del vettore. Come scritto da Paolo Mauri su InsideOver, “il Sarmat, secondo fonti russe, potrebbe potenzialmente, se lanciato non col suo carico bellico al completo, raggiungere gli Stati Uniti attraverso una traiettoria ‘da sud’, evitando cioè quella passante per il Polo Nord che lo metterebbe nel mirino del complesso sistema antimissili balistici statunitense. Tuttavia si ritiene, con molta probabilità, che un lancio di saturazione di missili balistici sarebbe in grado di penetrare lo scudo antimissile Usa”. Nel caso dell’ultimo test di oggi, il Sarmat ha percorso oltre 5.450 chilometri. Ma alcune fonti russe avevano parlato all’agenzia Tass di una gittata massima che si aggirerebbe intorno ai 18mila chilometri.
Il Pentagono ha commentato il lancio smontando in parte la retorica putiniana. Il portavoce, John Kirby, ha detto “non considerano il test una minaccia per gli Stati Uniti o i loro alleati”, confermando il fatto che questa prova del Sarmat fosse programmata e ben nota all’intelligence americana. “Il dipartimento rimane concentrato sull’aggressione illegale e non provocata della Russia contro l’Ucraina”, ha aggiunto Kirby, quasi a far capire che il vero problema non è quello dei test balistici, che tra le altre cose sono codificati da regole seguite da Mosca (come confermato dalla stessa Difesa Usa).
Il segnale del lancio di prova, programmato ma comunque in un momento cruciale dei rapporti tra Russia e Stati Uniti, serve in ogni caso al Cremlino per ribadire al suo popolo, ai militari e anche ai vari membri della Nato di possedere armi in grado di perforare la difesa atlantica,, e in particolare anche quella Usa. E questo, in una fase storica in cui appare sdoganata anche la retorica sull’impiego delle armi nucleari, riafferma la volontà di Putin di essere riconosciuto quale leader di una potenza alla pari di Cina e Stati Uniti, i due imperi che sembrano in grado di decidere i destini del mondo in un nuovo sistema bipolare e in cui la Russia appare come partner più che come protagonista del medesimo livello.