Guerra /

Il ponte Kerch non è stato distrutto e non è stato danneggiato da un missile, bensì da un misterioso sabotatore. La “linea rossa”, una delle tante fissate da Mosca negli ultimi mesi, non è stata oltrepassata. Più volte infatti il Cremlino ha dichiarato che un raid contro il viadotto che collega la Crimea alla Russia è interpretabile come atto di guerra. Kiev tuttavia non ha nei propri magazzini, almeno ufficialmente, armi con una gittata tale da colpire lo stretto di Kerch. Con il traffico sul ponte ripreso quasi regolarmente dopo il sabotaggio di sabato, dalla capitale russa hanno quindi tenuto a ribadire il concetto: consegnare all’Ucraina armi più pesanti e in grado di arrivare in luoghi sensibili, come per l’appunto il viadotto in questione, vuol dire oltrepassare la famigerata linea rossa. A sottolinearlo è stato nelle scorse ore Aleksei Polishchuk, direttore del secondo dipartimento per la Csi presso il ministero degli Esteri russo.

“Per quanto riguarda le cosiddette linee rosse, le abbiamo già delineate. Si tratta, in primis, della fornitura di armi a lungo raggio o più potenti a Kiev”, ha dichiarato in un’intervista alla Tass. Le sue parole assomigliano molto a un avvertimento: l’attentato al ponte questa volta non ha avuto conseguenze irreparabili, ma dare in mano all’Ucraina la possibilità di distruggere il viadotto potrebbe rappresentare un pericolo anche per gli alleati di Kiev. Alleati peraltro chiamati in causa, nel corso dell’intervista, dallo stesso Polishchuk: “Gli Usa – ha infatti sottolineato – aiutano gli ucraini dando loro armi e informazioni e quindi sono da considerarsi parte attiva nel conflitto”.

L’avvertimento di Mosca

Quando sabato mattina le immagini del Kerch danneggiato e con le fiamme ancora imperanti lungo la sezione ferroviaria hanno iniziato a fare il giro del mondo, si è temuta un’ulteriore escalation del conflitto. Per Mosca il ponte è molto più di un’importante opera viaria. É simbolo del ritrovato legame tra la Crimea e la federazione, è vanto dell’amministrazione di Vladimir Putin ed è inoltre, sotto il profilo prettamente logistico, l’unico corridoio per far arrivare via terra i rinforzi nei territori occupati del sud dell’Ucraina. Ma è anche una struttura molto vulnerabile. Lo si è visto appunto in occasione del sabotaggio: un camion sfuggito ai controlli imbottito di esplosivo ha rischiato di danneggiare per sempre l’opera e ha recato comunque danni ingenti.

Il timore per il Cremlino è dato adesso dalla possibilità che un giorno il ponte possa essere a portata di missili. Nella sua intervista rilasciata alla Tass, Polishchuk non ha espressamente fatto riferimento allo stretto di Kerch, ma ha fatto intuire che se un giorno l’esercito di Kiev dovesse avere tra le mani missili a lunga gittata, allora Mosca non esiterà a rispondere. “La fornitura di armi a lungo raggio o più potenti a Kiev da parte dall’Occidente – si legge nelle dichiarazioni del diplomatico russo – è una linea rossa per la Russia”. Il Cremlino cioè non tollererà rifornimenti di missili che gli ucraini potrebbero usare non solo per difendersi in patria, ma anche per attaccare il territorio russo e gli obiettivi più sensibili. Le frasi di Polishchuk potrebbero essere interpretate come la volontà di Mosca di agire, se sarà il caso, in modo preventivo. Senza quindi aspettare un eventuale raid ucraini contro Kerch o altre importanti località, ma subito dopo avere certezza dell’arrivo in Ucraina di armi più pesanti.

“Washington parte in causa del conflitto”

Dalla Casa Bianca e dal Pentagono tuttavia nei mesi scorsi è stata sempre ribadita l’intenzione di non fornire missili a lungo raggio a Kiev. Gli alti rappresentanti della Difesa Usa non hanno mai nascosto i timori per un’escalation e, sotto questo aspetto, non hanno risposto affermativamente alle richieste ucraine. Ad ogni modo, Mosca continua a vedere con forte sospetto il ruolo di Washington. L’altro passaggio dell’intervista di Polishchuk è stato infatti dedicato proprio alla parte recitata dagli Stati Uniti nel conflitto.

“Washington continua a consegnare armi pesanti al regime di Kiev – ha dichiarato – a fornirgli dati di intelligence provenienti da numerosi satelliti militari e commerciali, ad aiutarlo a reclutare mercenari stranieri e fornire indicazioni su come condurre le operazioni militari. Tutto questo lo trasforma in un partecipante nel conflitto. Anche molti esperti occidentali ritengono che gli Stati Uniti stiano conducendo una guerra per procura con la Russia in Ucraina”. Frasi quindi che sottintendono la preoccupazione di Mosca per le mosse future della Casa Bianca e degli alleati Nato. Forse non è stato affatto un caso che tali dichiarazioni siano state rese a 24 ore dal sabotaggio del Kerch.

Putin convoca consiglio di sicurezza

Intanto da Mosca è emersa la notizia della convocazione, fissata dal presidente Vladimir Putin, di un nuovo consiglio di sicurezza. A dirlo è stato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. “Domani – si legge in una sua dichiarazione – il presidente dovrebbe incontrare i membri permanenti del Consiglio di sicurezza”. Tra i membri ci sono l’ex presidente Dmitry Medvedev, i ministri più importanti del governo della federazione e i capi delle agenzie di intelligence. Probabile, almeno secondo quanto trapelato dalla capitale russa, che il punto principale all’ordine del giorno riguarderà proprio quanto accaduto sullo stretto di Kerch.