Israele e gli Stati Uniti hanno inviato segretamente una delegazione di personale militare in Ucraina per testare le capacità del sistema da difesa aerea S-300, la cui versione PMU-2 è stata recentemente fornita alla Siria.
A riportare la notizia è stato il Times of Israel, che cita a sua volta fonti russe e siriane riferite anche da Hadashot Tv. Al momento né Tel Aviv né Washington hanno rilasciato commenti in merito.
Quello che è trapelato
Le fonti sono piuttosto vaghe ma esistono dei riscontri indiretti. Secondo un rapporto russo i militari ucraini avrebbero istruito le loro controparti israeliane e americane sulle caratteristiche degli S-300PMU-2 oltre a effettuare vere e proprie esercitazioni con diversi possibili scenari di impiego.
Sempre la Russia sostiene che piloti di F-15 americani si sarebbero addestrati ad eludere i sistemi di ingaggio degli S-300 insieme a piloti israeliani durante delle recenti manovre congiunte che si sono tenute in Ucraina. Non è chiaro al momento se il personale israeliano abbia effettuato operazioni di volo insieme ai piloti Usa oppure sia rimasto solo in qualità di osservatore.
Effettivamente in Ucraina si sta tenendo una importante esercitazione che vede coinvolte le forze aeree di alcuni Paesi della Nato come Belgio, Danimarca, Estonia, Regno Unito, Polonia, Olanda e Romania oltre, ovviamente, agli Stati Uniti che sono rappresentati dal contingente più numeroso di uomini e mezzi.
L’esercitazione in questione, chiamata Clear Sky 2018, vede infatti la presenza di 950 uomini e di più di 50 velivoli che stanno alternandosi nei cieli dell’Ucraina per “implementare il livello di interoperabilità dei nostri velivoli da combattimento con le forze aeree degli Stati Uniti e dei Paesi alleati della Nato” come ha riferito il presidente ucraino Poroshenko.
Come nota a margine della vicenda riportiamo che un militare americano è deceduto in seguito ad un incidente di un Sukhoi Su-27UB “Flanker” precipitato ieri. Nello schianto è deceduto anche il pilota ucraino che si trovava ai comandi. La notizia, dapprima riportata dallo Stato Maggiore ucraino e poi smentita, è stata recentemente confermata dal comando dell’Usafe (US Air Force in Europe).
Nell’esercitazione gli Stati Uniti hanno effettivamente schierato velivoli tipo F-15C del 144esimo Stormo dell’Ang (Air National Guard) della California ma al momento non risulta confermata la presenza anche piloti e velivoli israeliani.
È comunque ragionevole supporre che Israele abbia inviato i propri piloti in qualità di osservatori proprio per la peculiarità del sistema difensivo ucraino, basato sulla stessa architettura di tipo “sovietico” che si può ritrovare in Siria, e che abbiano chiesto “in prestito” un F-15 dell’Usaf per poter addestrarsi: del resto il velivolo è lo stesso che ha in dotazione la Iaf sebbene in una versione leggermente diversa.
Perché Israele avrebbe mandato in Ucraina i piloti?
Se la notizia fosse confermata l’azione di Tel Aviv troverebbe una duplice spiegazione.
La prima è stata già accennata in precedenza e riguarda l’impostazione “sovietica” della difesa aerea ucraina, che manca, ovviamente, alle forze tradizionalmente appartenenti alla Nato e che è riscontrabile in Siria e negli altri Paesi che hanno, storicamente, stretto legami con Mosca nel corso dei decenni a livello militare.
Il sistema di difesa aereo russo segue ancora in larga parte le strette procedure altamente centralizzate che si utilizzavano ai tempi dell’Unione Sovietica e questo modus operandi è stato esportato seguendo la commercializzazione dei vari sistemi da difesa aerea come S-300 e precedenti.
Del resto gli stessi sistemi sono stati pensati e progettati seguendo questa dottrina di impiego e pertanto è importante per un attaccante capire non solo come funzionano ed il modo di eludere materialmente l’intercettazione con i vari dispositivi di jamming, ma anche la filosofia di impiego degli operatori.
Il secondo motivo è il fatto che i sistemi di S-300 che ha in dotazione l’Ucraina sono proprio i PMU-2 che sono stati recentemente ceduti alla Siria in numero di tre battaglioni ognuno dei quali dotato di otto lanciatori e cento missili. Sufficienti per garantire la copertura dell’intero territorio siriano in modo efficace rispetto ai soli quattro lanciatori che in un primo tempo erano previsti come riferito dallo stesso ministro della Difesa Shoigu.
Il fattore Grecia
Israele non è la prima volta che si troverebbe davanti gli S-300. Come abbiamo già avuto modo di riferire, il sistema era stato già fornito dalla Russia alla Grecia durante la crisi cipriota della fine degli anni ’90 e Tel Aviv ha avuto modo in più di un’occasione di addestrarsi contro una difesa aerea dotata del sistema di fabbricazione russa.
Gli S-300 di Atene, però, non sono gli stessi in dotazione ora a Damasco. Si tratta infatti dei vecchi S-300PMU-1 che sono leggermente diversi dai PMU-2 Favorit.
Inoltre la Grecia integra il sistema russo in modo in una difesa aerea organizzata in modo “occidentale” e abbiamo già visto che è importante avere davanti non solo i sistemi “del nemico” ma anche personale addestrato ad utilizzarli con la stessa filosofia, cosa che Kiev può garantire ma non Atene.