C’è una città in Siria che, più di ogni altra, può testimoniare cosa vuol dire vivere quotidianamente con lo spauracchio delle sortite dell’ISIS e delle minacce del califfato: si tratta di Deir Ez Zour, capoluogo più orientale della Siria che, come più volte documentato anche in precedenti articoli, si trova da più di quattro anni assediato dai jihadisti i quali quasi ogni giorni provano ad entrare in città con l’obiettivo di farne la nuova capitale e con la minaccia di uccidere molti dei civili presenti. La resistenza di Deir Ez Zour che, tanto in Siria quanto all’estero, viene presentata come una vera e propria ‘città martire’, ha un simbolo attorno a cui ruota l’organizzazione tecnica e militare dei soldati e delle milizie popolari che negli anni hanno respinto centinaia di attacchi dell’ISIS: si tratta del generale Issam Zahreddine, il quale oltre ad essere uno degli uomini che ha inferto più sconfitte al califfato, è anche una delle menti storiche della lotta al terrorismo conoscendo da almeno quattro anni molto da vicino le tecniche jihadiste.

Il paradosso dell’UE: sanzioni contro il generale simbolo della lotta all’ISIS

Dal 2014 l’Unione Europea ha applicato alla Siria diverse sanzioni economiche: divieto di vendita del petrolio, congelamento di alcuni investimenti e di alcuni asset della banca centrale di Damasco detenuti dall’UE, così come lo stop a collaborazioni sul piano commerciale e tecnologico sono soltanto alcune delle misure che Bruxelles ha intrapreso contro il governo di Bashar al Assad in risposta, secondo le motivazioni, ai presunti attacchi chimici ed alla repressione della popolazione civile ad opera delle forze lealiste durante le proteste che hanno poi portato alla guerra civile. Da più parti, anche all’interno del parlamento europeo, nel corso di questi tre anni sono arrivate richieste volte ad interrompere le sanzioni sia perché, da un lato, esse hanno soltanto contribuito a peggiorare la situazione di un’economia già devastata dalla guerra causando ulteriore danno alla popolazione e sia perché, dall’altro lato, la veridicità delle accuse sui presunti attacchi chimici in questione (quelli, in particolare, avvenuti a Jobar nel 2013) non è mai stata provata dalle inchieste internazionali.

Pur tuttavia, già ad una prima scadenza delle misure restrittive contro Damasco il Consiglio Affari Esteri dell’UE aveva prorogato, nel giugno 2016, di un ulteriore anno tali sanzioni e successivamente, nello scorso mese di giugno, lo stesso ente che si occupa della politica estera europea ha nuovamente rinnovato fino al 2018 il blocco economico e finanziario imposto al governo di Assad. Le sanzioni, è bene specificare, non sono rivolte soltanto all’esecutivo bensì anche a 67 enti siriani ed a 241 singoli soggetti accusati di avere dirette responsabilità nelle azioni contestate a Damasco; il 17 luglio scorso su questa vicenda è arrivato un ulteriore colpo di scena: è stato infatti reso noto che il Consiglio Affari Esteri dell’UE ha deciso di inasprire le sanzioni e di estendere la lista dei singoli soggetti a cui applicare le misure restrittive: nel nuovo documento appare anche il nome di Issam Zahreddine, lo stesso che per l’appunto guida la resistenza anti ISIS di Deir Ez Zour.

Scorrendo la lista inclusa nel documento firmato dall’alto rappresentante della politica estera UE, Federica Mogherini, nella casella numero 249 si scorge il nominativo del generale a capo della difesa del più orientale dei capoluoghi siriani: “Holds the rank of Brigadier General, a senior officer in the Republican Guard, in post after May 2011. As a senior military officer he is responsible for the violent repression against the civilian population, including during the siege of Baba Amr in February 2012”; sono queste le motivazioni che hanno portato i burocrati dell’UE ad allargare anche ad Issam Zahreddine le sanzioni previste per gli altri soggetti, per lo più politici e militari vicini ad Assad, inclusi già da anni all’interno della lista. Di fatto, il generale che opera a Deir Ez Zour paga il fatto di essere tra i ranghi più alti dell’esercito siriano anche nel periodo successivo al 2011 e cioè allo scoppio della guerra; in poche parole, tutti coloro che hanno all’interno dei lealisti un ruolo di primaria importanza sono accusati di oppressione verso i civili e di aver sedato con la forza le proteste nelle province in cui ufficialmente operavano. Questo principio ha portato al paradosso di includere uno degli artefici della lotta all’ISIS nella lista dei soggetti da sanzionare.

Gli altri 15 soggetti a cui verranno applicate le sanzioni

Includendo anche Zahreddine, sono in tutto 16 i soggetti sotto la casella ‘Annex’ della rinnovata lista di nominativi a cui si applicano le sanzioni dell’UE: si tratta di otto militari, tra cui l’eroe di Deir Ez Zour, ed otto scienziati con quest’ultimi accusati a vario titolo di aver collaborato con il governo nello sviluppo e nell’utilizzo durante la guerra di armi chimiche. Certamente però il nome che fa più clamore è quello del generale anti ISIS, il quale in Siria risulta tra i più popolari volti della guerra ed è visto con rispetto dall’intero popolo siriano; dal canto suo, il governo di Damasco ha espresso posizione tramite una nota del Ministero degli Esteri riportata dall’agenzia ufficiale SANA: “Ribadiamo ancora una volta – si legge – che la Siria non ha armi chimiche; le nuove sanzioni dell’UE sono ingiustificate e si rivelano un sostegno diretto al terrorismo”.

Dal web invece, dalla Siria arrivano diverse voci in difesa di Zahreddine: su Twitter in particolare, in tanti lo definiscono un vero eroe, altri pongono l’accento sul suo ruolo di contrasto all’ISIS e sull’estraneità a qualsiasi progetto inerente uso di armi chimiche, peraltro utilizzate invece più volte contro Deir Ez Zour da parte dei miliziani del califfato. Ma c’è anche chi ironizza puntualizzando uno dei tanti paradossi relativi a questa vicenda, facendo notare come una misura restrittiva contro Zahreddine prevista dalle sanzioni non si potrebbe applicare proprio per il ruolo che il generale ricopre nella lotta al califfato: in particolare, al leader della resistenza di Deir Ez Zour è vietato recarsi in Europa e nei territori della Comunità Europea ma, per l’appunto, il generale non può materialmente al momento nemmeno lasciare la città in cui combatte vivendo dentro un’enclave assediata dallo Stato Islamico. Una circostanza che dimostra, ancora una volta, una posizione inconsistente e dettata da una blanda visione della realtà da parte dell’UE all’interno del contesto siriano.