La Difesa britannica ha confermato le notizie riguardo il suo programma per sviluppare una nuova testata nucleare da affidare ai suoi sottomarini missilistici. A riferirlo prima del del tempo erano stati gli americani che, sbadatamente, lo hanno reso noto prima che il parlamento britannico – impegnato nella delicata fase Brexit e Post-Brexit – ne venisse edotto.
Il segretario alla Difesa Ben Wallace ha confermato pochi giorni fa le indiscrezioni riguardanti il programma che Regno Unito sta realmente portando avanti per lo sviluppo di una nuova testata nucleare da schierare sulla flotta di sottomarini della Royal Navy. Quale componente focale della triade nucleare al servizio di sua maestà, i sottomarini lanciamissili – attualmente rappresentati dalla classe Vanguard armati con i missili balistici “Trident” – imbarcheranno quindi una nuova arma per “garantire il mantenimento di un efficace deterrente”. Almeno fino a quanto i nuovi sottomarini lanciamissili balistici classe Dreadnought non saranno operativi. “Stiamo sostituendo le nostre testate nucleare per rispondere alle minacce future e mantenere la sicurezza del nostro Paese”, ha dichiarato il capo di Whitehall.
Secondo quanto dichiarato dalla Difesa britannica questo programma doveva rimanere segreto, almeno fino a quanto non sarebbe state prese in esame la revisione delle attività inerenti la difesa, la sicurezza e la politica estera, tutte previste per la fine di questo 2020. Intenzione che non è stata resa possibile da due alti funzionari statunitensi dell’apparato di Difesa statunitense, che la scorsa settimana hanno rivelato come tale programma fosse già in auge. Una fuga di informazioni di un certo rilievo dunque, che ha suscitato immediatamente scalpore nel Regno Unito, poiché i programmi di alto profilo come quelli che riguardando la deterrenza nucleare sono solitamente annunciati prima a Westminster e poi al resto del mondo. “La decisione è sostanzialmente già presa, ma l’annuncio è arrivato prima del previsto. Probabilmente stavamo guardando all’anno prossimo, ma sicuramente non prima della revisione della difesa e della sicurezza che sarebbe stata rilasciata verso la fine dell’anno”, ha affermato David Cullen, direttore dello Nuclear Information Service del Regno Unito, organizzazione indipendente che si occupa della materia.
A svelare il “segreto inglese” sono stati, involontariamente, l’ammiraglio Charles Richard, comandante del Comando Strategico statunitense, e Alan Shaffer, vice-sottosegretario alla difesa del Pentagono, che in due occasioni diverse e separate hanno dichiarato come il Regno Unito stesse perseguendo lo sviluppo della “propria versione della testata W93“: armamento che è in fase di valutazione anche per la sostituzione della testata W76 attualmente in forza all’Us Navy. “È meraviglioso che il Regno Unito stia lavorando su una nuova testata allo stesso tempo e penso che avremo discussioni e saremo in grado di condividere le tecnologie”, ha detto il funzionario del Pentagono, che non immaginava di “rompere le uova del paniere” agli inglesi che tenevano ancora nascosti nel cassetto di qualche scrivania ai piani alti i Whitehall i report da presentare al parlamento fresco di Brexit. Shaffer ha affermato che la testata W93 e la sua versione britannica “saranno due sistemi di sviluppo indipendenti”, e che la suddette arma “supporterà un programma parallelo di testate sostitutive nel Regno Unito”.
Il ministro britannico Wallace ha dichiarato che “l’organizzazione nucleare della difesa del Ministero della Difesa sta lavorando con lo stabilimento di armi atomiche”. Lo scopo della Marina è costruire squadre altamente qualificate e mettere in atto le strutture e le capacità necessarie per consegnare la testata sostitutiva, sostenendo anche l’attuale testata fino a quando non viene ritirata dal servizio. Continueremo a lavorare a stretto contatto con gli Stati Uniti per garantire che la nostra testata rimanga compatibile con il Trident”. La nuova testata britannica infatti mira ad aggiornare i missili che armano i sottomarini della Royal Navy, ossia i 16 missili balistici Trident-II D5, pari a duecento testate termonucleari a rientro multiplo indipendente, che sono trasportati da ognuno dei 4 sottomarini classe Vangard: l’Hms Vanguard (capofila), l’Hms Victorious, l’Hms Vigilant e l’Hms Vengeance. I sottomarini di classe Vanguard sono i principali incaricati di fornire la capacità di deterrenza nucleare britannica, e verranno sostituiti a partire dal 2028 con i nuovi sottomarini classe Dreadnought.
Benché molto simili tra loro, le testate inglesi sembrano avere delle piccole “differenze”, rispetto a quelle americane. Sembra che la Atomic Weapons Establishment nel Regno Unito stia considerando un “programma di estensione della vita del suo stock di testate”, inclusa la “sostituzione di alcuni componenti elettronici e sistemi per migliorare l’accuratezza e fornire vantaggi in termini di prestazioni”. I Trident britannici, chiamati “Holbrook”, sono entrati in servizio insieme ai sottomarini di classe Vanguard a metà degli anni 1990 quali sostituti dei missili Polaris, trasportanti dai precedenti sottomarini strategici classe Resolution. Secondo le stime di Londra, i nuovi sottomarini di classe Dreadnought – per i quali saranno stanziati 31 miliardi di sterline – dovrebbero essere completamente operativi nel 2030, e dovranno trasportare delle armi “Made in Uk”: armi che dimostrino al mondo ancora una volta come la potenza britannica collabori sì con gli Stati Uniti – che hanno sempre sviluppo “insieme” a Londra armi nucleari per decenni e che hanno firmato nel 1958 il noto “Accordo di mutua difesa” – ma che all’occorrenza è pronta a difendersi da sola, con i propri sottomarini nucleari e con le proprie armi atomiche. Sembra quasi di sentir riecheggiare ancora una volta le parole del ministro degli Esteri Ernerst Bevin, quando agli albori della Guerra Fredda il governo inglese era indeciso se dotarsi di una propria deterrenza nucleare o rimanere sotto l’ombrello difensivo dell’alleato statunitense; e insistente pronunciò la nota frase : “We’ve got to have this thin.. whatever it costs. We’ve got to have the bloody union jack on top of it.”. Si riferiva, ovviamente, a una testata nucleare tutta inglese.