Il 2020 si è aperto con la controversa decisione della presidenza Trump di procedere alla neutralizzazione del generale Qassem Soleimani, lo storico comandante della brigata Gerusalemme delle guardie della rivoluzione iraniana, l’autore dello sbarco di Hezbollah in America latina e il grande burattinaio dei proxy di Teheran sparsi nel mondo.
Soleimani era un uomo delle forze armate, quindi alle dirette dipendenze delle istituzioni, ed il suo assassinio, perciò, fungerà da precedente storico e legale per una rivoluzione profonda del modo di fare guerra. Questa rivoluzione riguarderà la legittimità dell’utilizzo della forza in situazioni di guerra non dichiarata e la liceità dell’uccisione di persone ufficialmente al servizio dei governi.
Il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov era stato fra i primi diplomatici di spessore a commentare la notizia, sostenendo che l’uccisione sarebbe stata la fonte di “gravi conseguenze”. E non è un caso che il Cremlino abbia espresso preoccupazione, perché uccidendo Soleimani la Casa Bianca ha voluto inviare un messaggio anche a Mosca che, proprio come Teheran, fa un ampio ricorso ai proxy.
Cosa attendersi
Foreign Policy, una delle più autorevoli riviste statunitensi di relazioni internazionali, ha recentemente pubblicato un approfondimento che spiega in maniera chiara, esaustiva e dettagliata, perché la Russia potrebbe, e dovrebbe, diventare il prossimo obiettivo della “guerra ai (manovratori dei) proxy” di Washington. Mosca, molto più di Teheran, ha tentato di mantenere l’influenza su una parte consistente dei territori ex sovietici alimentando conflitti etnici e religiosi a scopo separatista, ottenendo di congelare l’inglobamento nell’orbita occidentale di paesi come Moldavia, con la Transnistria, Georgia, con l’Abcasia e l’Ossezia del Sud, ed Ucraina, con le repubbliche di Donetsk e Lugansk.
C’è un elemento che accomuna i tre paesi: occupano una posizione geostrategica che li rende vitali ai fini della tutela dell’interesse nazionale di Washington nello spazio post-sovietico. L’espulsione della Russia dalla Moldavia consentirebbe di estendere meglio e con più vigore il controllo sulla penisola balcanica, accerchiando definitivamente la Serbia, l’espulsione dall’Ucraina renderebbe possibile l’espansione del blocco Ue-Nato lungo i confini russi, realizzando la strategia per lo “scacco matto” al Cremlino elaborata da Zbigniew Brzezinski, mentre l’espulsione dalla Georgia faciliterebbe lo sbarco euroamericano nella regione caucasico-caspica.
Come evidenzia Foreign Policy, la Russia è stata capace di spingere il resto del mondo a riconoscere la legittimità dei suoi proxy, i cui esponenti vengono invitati ai tavoli negoziali per la pace nella falsa convinzione di poter scongelare i conflitti. Ogni tentativo di dialogo, però, dalla Transnistria al Donbass, non ha portato i frutti sperati e il motivo è semplice: è nell’interesse di Mosca che non si giunga ad una risoluzione.
L’Ue e gli Stati Uniti concedendo alla Russia di replicare in Ucraina quanto fatto con Moldavia e Georgia e limitandosi all’introduzione di un debole regime sanzionatorio, avrebbero commesso un errore, assumendo una posizione di debolezza destinata a far fallire ogni tentativo di normalizzazione e a ritardare, o meglio impedire, l’incamminamento di Kyev nell’orbita euroamericana.
L’uccisione di Soleimani ha rappresentato uno spartiacque in tal senso, perché ha mostrato al mondo intero che gli Stati Uniti non sono più intenzionati a tollerare l’esistenza e le attività dei proxy, il cui mantenimento costa relativamente poco agli stati di riferimento perché il prezzo viene fatto pagare ai Paesi occupati e agli attori terzi che ivi hanno interessi. L’avvertimento era in primo luogo diretto all’Iran, perché la minaccia del corridoio trans-mesopotamico da Teheran a Beirut stava raggiungendo livelli critici, ma resta valido soprattutto per la Russia, i cui proxy oltre-confine stanno ostacolando la realizzazione del contenimento e, presto o tardi, questo spingerà Washington a optare per una soluzione drastica, perché in gioco c’è il dominio sull’Eurasia.