Proprio adesso che la vecchia globalizzazione coordinata dalle potenze occidentali stava per assumere i connotati di una “globalizzazione con caratteristiche cinesi”, ecco rispuntare dalle ceneri della storia la famigerata Cortina di Ferro. L’operazione militare della Russia in Ucraina ha sostanzialmente creato una frattura insanabile tra il blocco formato da Stati Uniti ed Europa e la vecchia Unione Sovietica.
La Cina, pronta a raccogliere il timone di prima potenza economica del pianeta, si è ritrovata suo malgrado a fare i conti con qualcosa che probabilmente non si sarebbe mai aspettata: una netta divisione del mondo in due schieramenti tra loro contrapposti.
Una divisione che, di fatto, mette a rischio il sistema di relazioni economiche creato nel corso degli anni da Pechino; lo frantuma in mille pezzi e rovina, almeno in queste prime, violente fasi il senso della Belt and Road Initiative.
È vero che la Cina non ha in alcun modo partecipato alla guerra in Ucraina, e che il governo cinese ha più volte cercato di mantenersi distante dal focolaio scatenante il conflitto. Ma è altrettanto vero che al Dragone non sarà affatto dispiaciuto vedere il blocco occidentale capitanato dagli Stati Uniti finire con le spalle al muro. La sensazione, tuttavia, è che anche alla Cina, proprio come ad una buona parte della cerchia di Vladimir Putin, sia sfuggita di mano la questione.
Effetto sorpresa?
Alle ultime Olimpiadi Invernali di Beijing, l’incontro tra Vladimir Putin e Xi Jinping lasciava presagire un deciso rafforzamento della partnership economica tra Russia e Cina. Quando la mossa russa in Ucraina doveva ancora concretizzarsi, sembrava che Pechino volesse far capire a Washington di essere pronta e disposta a supportare le istanze di Mosca. Un supporto, va da sé, che niente avrebbe avuto a che vedere con armi, bombe o logistica. Piuttosto, i cinesi avrebbero aperto un grande ombrello capace di proteggere, almeno in parte, il sistema economico russo da un’eventuale tempesta finanziaria.
La Cina era al corrente dell’operazione militare russa contro Kiev? Non ci sono certezze e possiamo fare soltanto ipotesi. È probabile che neppure Xi fosse al corrente della determinazione con cui Putin avrebbe sferrato il colpo all’Occidente. È molto probabile che il presidente cinese pensasse che il suo omologo russo arrivasse, al massimo, a tirargli una spallata.
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CAUSALE: Reportage Ucraina
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Il Cremlino, al contrario, ha scosso le fondamenta del contesto geopolitico europeo, paventato una possibile guerra nucleare e minacciato l’Unione europea. Tutto questo potrebbe essere troppo perfino per la Cina, ben felice di vedere intimoriti Stati Uniti e Nato, ma decisamente preoccupata di assistere a un incremento della diffidenza da parte di Unione europea e altri partner con i quali fare interessanti affari.
Sempre parlando della Cina, Foreign Policy ha ipotizzato una possibile spaccatura tra i funzionari cinesi, precisamente tra quei funzionari preoccupati dalle relazioni della Cina con le altre potenze occidentali e quelli che, al contrario, non sembrerebbero esserne interessati. Secondo questa lettura, il primo gruppo tende ad essere composto da diplomatici esperti, con carriere stabili e memori, almeno in parte, della famigerata divisione sino-sovietica. Il secondo gruppo tende invece ad essere più giovane e fa affidamento sul nazionalismo dell’era Xi per portare avanti la propria carriera.
Il ruolo della Cina
Le ultime dichiarazioni rilasciate dai massimi dirigenti del governo cinese rendono plausibile una simile ricostruzione. Il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ad esempio, ha detto al segretario di Stato americano, Antony Blinken, che la Cina si oppone a ogni mossa che “getta benzina sul fuoco” in Ucraina. Wang ha inoltre chiesto negoziati per risolvere la crisi e trattative per creare un bilanciato meccanismo di sicurezza europeo.
Il messaggio è chiaro, e altrettanto chiaro è il messaggio indiretto di Pechino: no a escalation e sì a una risoluzione diplomatica da ottenere il più in fretta possibile. Anche perché il terremoto ucraino ha danneggiato economia e finanza, ovvero due strumenti che hanno consentito al Dragone di cambiare pelle.
Non solo: nel caso in cui la guerra dovesse trascinarsi per mesi – pensiamo alla trasformazione del conflitto in una sorta di guerriglia diffusa nell’intera regione ucraina o all’ipotetico coinvolgimento di altri Paesi nello tsunami – la Cina rischierebbe di dover salutare la sua immensa capacità produttiva, o peggio, di vedere associata la propria immagine a quella russa. In tal caso, la Via della Seta con l’Europa e con i Paesi dell’Est evaporerebbe come neve al sole.