C’è un nuovo fronte nella guerra civile yemenita: quello tra i separatisti e le forze del governo di Rabbo Mansour Hadi – presidente riconosciuto dalla comunità internazionale -.

I motivi del contenzioso non sono nuovi. Da anni, le forze separatiste – riunite nel Consiglio di Transizione del Sud – combattono contro il governo di Hadi per ottenere l’indipendenza del territorio meridionale dello Yemen dal resto della nazione.

Tuttavia, a partire dal 2015, questa fazione si è coalizzata con le forze governative per combattere il nemico comune: gli Houthi, il gruppo sciita zaydita che combatte nella guerra civile yemenita.

Una tregua temporanea, dunque, che, però, sembra essersi già spezzata, con conseguenze devastanti per il Paese martoriato da quattro anni di guerra. Negli scorsi mesi, infatti, le tensioni interne tra i separatisti e le forze governative sono esplose di nuovo, esacerbate dall’accusa rivolta ad Hadi di avere “legami con gli islamisti”.

Gli scontri si sono concentrati ad Aden, una città dall’importanza strategica per entrambe le parti. Capitale dello Yemen del Sud, prima che le due aree del Paese venissero unite (maggio 1990), a partire dal settembre 2014 lo è diventata de facto dello Yemen, dopo la conquista di Sana’a da parte degli Houthi.

All’inizio di agosto, i separatisti sono riusciti a ottenere il controllo della città, mantenendolo fino a mercoledì scorso (28 agosto), quando le forze governative hanno abbattuto le difese nemiche, entrando di nuovo nella città.

L’intervento degli Emirati

Giovedì scorso (29 agosto), un nuovo attore è intervenuto nelle lotte intestine yemenite: gli Emirati Arabi Uniti. Con una serie di attacchi aerei, Abu Dhabi avrebbe colpito le forze governative nello Yemen del Sud, costringendole a ritirarsi da Aden per impedire la totale distruzione della città.

Abu Dhabi ha subito parlato di raid aerei contro le “organizzazioni terroristiche” che starebbero minacciando e mettendo in pericolo la sicurezza delle forze della coalizione nel territorio. Ma il presidente Hadi ha chiesto l’immediato intervento di Riad per porre fine a quella che ha definito “un’ingerenza degli Emirati Arabi Uniti” e la prova del loro “sostegno ai separatisti”.

Se nell’obiettivo dei raid ci fossero state davvero le forze di Hadi, si tratterebbe di una mossa destinata a sconvolgere gli equilibri regionali, rendendo manifesto il sostegno di Abu Dhabi nei confronti dei separatisti yemeniti – che da tempo beneficiano dell’addestramento e del finanziamento degli Emirati -. Con ripercussioni, peraltro, anche sul rapporto tra il Paese del Golfo e l’Arabia Saudita, già teso.

Le tensioni tra Emirati e Arabia Saudita

Secondo alcuni analisti, attaccando Hadi, Abu Dhabi sarebbe disposto anche a rischiare la propria alleanza con l’Arabia Saudita, pur di porsi come nuovo peace-keeper nel conflitto yemenita.

Gli Emirati Arabi Uniti sono un elemento chiave della coalizione araba – guidata dall’Arabia Saudita – che combatte al fianco del presidente Hadi contro gli Houthi dal marzo 2015. Nel giugno scorso, tuttavia, Abu Dhabi ha deciso di ridurre la propria presenza militare in Yemen, ritirando alcune truppe dal governatorato di Aden.

Non è ancora chiaro il motivo per cui gli Emirati abbiano deciso di ritirarsi dallo Yemen. Abu Dhabi ha definito questa scelta “un’evoluzione naturale” del conflitto, tuttavia, i reali motivi potrebbero essere le crescenti tensioni tra Iran e Stati Uniti, lo scetticismo internazionale di fronte alla violenza alla quale sono ricorse entrambe le parti nella guerra in Yemen e la necessità di garantire la sicurezza del Golfo, rassicurando gli investitori stranieri.

Una strategia, dunque, che, pur mantenendo saldi gli obiettivi di Abu Dhabi, predilige all’intervento diretto le vie diplomatiche, e che punta – forse – a ritagliarsi una diversa immagine in seno alla comunità internazionale.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.