Il ministero della Difesa del Regno Unito ha messo in guardia su un possibile build-up militare della Russia nella regione separatista moldava di Transnistria. La mossa sarebbe finalizzata all’apertura di un nuovo fronte bellico in Ucraina, un diversivo per tenere impegnate le truppe di Kiev a ovest di Odessa, agevolando un futuro assedio della strategica città portuale sul Mar Nero. Inoltre, secondo i servizi segreti britannici, l’operazione di reclutamento dei residenti transnistriani servirebbe per colmare parzialmente le ingenti perdite umane subite dalla Federazione Russa nella campagna d’Ucraina. Lo Stato Maggiore delle Forze armate di Kiev conferma i timori di Londra, puntualizzando che “le truppe della Federazione Russa potrebbero intraprendere un’azione provocatoria nella regione transnistriana della Moldavia per accusare poi l’Ucraina di aggressione contro uno Stato vicino”.
Il blocco dei peacekeeper russi
In realtà, il reclutamento dei giovani transnistriani dotati di passaporto russo che abbiano concluso il servizio di leva obbligatorio tra le milizie di Tiraspol non è una novità. La politica di emarginazione ed embargo verso il regime di Tiraspol – attuata congiuntamente da Chișinău e Kiev nel corso degli ultimi anni – ha reso impossibile a Mosca effettuare una normale rotazione tra i “peacekeeper” russi presenti nella regione. Ai militari di Mosca è impedito l’ingresso in Transnistria sia via terra dall’Ucraina sia attraverso voli civili all’aeroporto di Chișinău, dove fanno scalo con abiti borghesi per essere poi puntualmente rimpatriati.
Questa politica di blocco attuata con il placet dell’Unione Europea ha invero generato risultati controproducenti per la Moldavia. Se fino a non molti anni fa Mosca era totalmente restia ad adottare la politica di passaporto agevolato per i residenti transnistriani, onde evitare lo spopolamento del piccolo e non riconosciuto Stato satellite, oggi è molto più propensa a concedere la cittadinanza russa ai giovani locali al fine di arruolarli nel Gruppo operativo di truppe russe (Gotr) operante nella regione indipendentista dal 1995.
Il rischio dell’arsenale sovietico
Un attacco a tenaglia su Odessa con l’aggiunta della variabile transnistriana è tanto affascinante quanto improbabile. Le truppe russe ivi dislocate sono decisamente sottonumero e prive di mezzi corazzati adeguati. I poco più di mille militari che compongono il Gotr non verrebbero mai impiegati in una offensiva contro l’Ucraina, poiché significherebbe lasciare sguarnita una striscia di terra russofona e russofila particolarmente stretta (25 chilometri nel punto massimo) e vulnerabile all’invasione ucraina. L’obiettivo primario del Gotr è proteggere il più grande arsenale dell’Europa centro-orientale, situato a Cobasna/Kolbasna nel segmento nord della Transnistria a soli due chilometri dal confine ucraino.
Un incidente colposo o doloso (gli ucraini potrebbero bersagliare il deposito) causerebbe un’enorme deflagrazione con enormi danni sociali e ambientali. Le oltre 20 mila tonnellate di munizioni di origine sovietica qui stoccate e provenienti dalla Germania dell’Est e dalla Cecoslovacchia durante i convulsi mesi della dissoluzione dell’Urss rivelano un piano geostrategico di ampio respiro: già trent’anni fa il Cremlino era conscio che prima o poi sarebbe dovuto tornare a lambire la sponda sinistra del fiume Nistru/Dnestr, vero confine naturale del Russkij mir (mondo russo).
La neutralità della Moldavia
Dal canto loro, le milizie di Tiraspol (circa 7 mila uomini) sono vincolate a una dottrina militare marcatamente difensivista. Le autorità locali sono alquanto prudenti su questo punto: se Odessa fosse bombardata dal suolo transnistriano (dista 70 chilometri circa), l’Ucraina non esiterebbe a invadere la regione de iure moldava. Ecco perché la stessa presidente della Moldavia Maia Sandu ha dovuto in più occasioni smentire le vocidi un incremento di truppe russe in Transnistria: “I rapporti che indicano che vi sono più soldati russi non corrispondono a realtà”. Inoltre, le esercitazioni militari esaustive delle milizie locali sono quotidianità da tre decenni.
Di più: anche in un contesto di guerra convenzionale alle porte, Chișinău ha confermato la propria neutralità costituzionale (articolo 11: “La Repubblica Moldova proclama la sua neutralità permanente. La Repubblica Moldova non consente il dispiegamento di truppe militari di altri Stati sul proprio territorio”), rinunciando quindi a qualsiasi idea di adesione alla Nato. I rischi di un coinvolgimento diretto nel conflitto sulla base di informazioni incomplete o false impensieriscono assai le autorità della Bessarabia (terra compresa tra i fiumi Prut e Nistru), la cui Armata Naţională risulta particolarmente fragile e impotente contro ogni esercito regionale.

Il ruolo dell’isola dei serpenti
Rebus sic stantibus, un’offensiva russa su Odessa proveniente dalla Transnistria è alquanto improbabile. Ma la cattura dell’Isola dei Serpenti (Ucraina) a soli 45 chilometri dalla costa della Romania può essere un indizio delle reali intenzioni della Russia. Il disabitato scoglio eusino è stato conquistato dalla Marina russa il primo giorno di conflitto per tre motivi strategici ben precisi. Primo, isolare il porto di Odessa, impedendo a Kiev di effettuare collegamenti navali con il paese confinante. Secondo, rendere costantemente bersagliabile la base Nato “Mihail Kogălniceanu” nei pressi di Costanza mediante la missilistica tattica terra-terra e terra-aria; l’Alleanza Atlantica si trova così inibita dal perseguire qualsiasi politica di polizia aerea sui cieli del quadrante nord-ovest del Mar Nero. Terzo, agevolare un eventuale ponte aereo militare – magari mascherato da umanitario – tra la base di Sebastopoli (Crimea) e l’aeroporto militare di Tiraspol, inattivo da anni ma recentemente ristrutturato per permettere l’atterraggio di pesanti aerei cargo.
Solo l’arrivo di truppe addizionali e mezzi militari pesanti, corredato anche da missilistica antiaerea (S-400 Triumph) o tattica a capacità nucleare (Iskander-M) e da apparecchiatura moderna per la guerra elettronica, potrebbe rendere più realistica l’opzione di un’aggressione russa dalla Transnistria. Lo sbarco anfibio alla foce del fiume Nistru rimane per i russi un’alternativa logistico-militare alquanto rischiosa. Ma anche la riuscita di un eventuale dispiegamento di tecnica militare moderna nella regione separatista potrebbe essere finalizzata a un più semplice consolidamento del paletto meridionale della “linea rossa” putiniana – l’asse Kaliningrad-Tiraspol che giace sull’istmo d’Europa – senza ulteriori finalità belliche.
Una cosa è certa: dall’Isola dei Serpenti la Russia non si ritirerà mai per proprio volere. L’isolotto conteso non è essenziale solo per le operazioni belliche di occupazione dell’Ucraina, ma anche per la futura ripartizione delle zone economiche esclusive nel quadrante nord-occidentale del Mar Nero, il più ricco di giacimenti offshore (idrocarburi) nell’occluso specchio d’acqua eusino. Odessa è una città “russa” di importanza assoluta, ma le acque antistanti potrebbero costituire il vero oggetto del contendere – diplomatico o militare – tra la Russia e la Romania nei prossimi anni.