Lontano dai riflettori. In un silenzio mediatico quasi assordante lo Stato islamico ha riconquistato nella giornata di ieri la città vecchia di Palmira. Non sono servite le parole del Governatore siriano della Provincia di Homs, Talal Barazi, che ieri aveva annunciato “l’impiego di tutti i mezzi per impedire ai terroristi di rimanere a Palmira”. Nemmeno l’aiuto russo nella notte avrebbe dunque impedito la riconquista di Palmira, sede del sito archeologico patrimonio mondiale dell’UNESCO. L’Isis avrebbe infatti impiegato truppe di stanza a Raqqa e Deir al Zor per portare l’offensiva decisiva. Il momento scelto dallo Stato islamico non è casuale, visto l’attuale impegno di uomini e risorse da parte del governo siriano per riconquistare l’intera città di Aleppo. Il Califfato si riprende ciò che aveva già controllato dal marzo 2015 fino al marzo scorso, quando l’esercito governativo siriano aveva ripreso il controllo della città.stripReperti archeologici trafugati e templi distrutti, questo è stato il risultato di un anno di occupazione di Palmira da parte di Daesh, che oggi ha la possibilità di completare l’opera di distruzione in sfregio a qualsiasi senso etico e morale. Eppure l’attenzione mediatica e politica occidentale sembra a stento essersi accorta della temibile avanzata dello Stato islamico, in un momento in cui il regime di Assad pareva avanzare su tutti i fronti. Emblematica è l’apertura odierna di Al Jazeera, principale portale d’informazione del Qatar e del mondo arabo in generale. Al Jazeera apre oggi con la notizia dell’offensiva governativa ad Aleppo. In particolare viene sottolineato “l’intenso bombardamento da parte del governo siriano sul quartiere di Sheikh Saeed controllato dai ribelli”. Nell’articolo viene sottolineato con particolare enfasi il bombardamento effettuato dalle forze aeree russe a partire dal 26 novembre, che secondo Al Jazeera, avrebbe portato alla distruzione di “ospedali, civili, automobili e strade”.La notizia della riconquista di Palmira da parte dell’Isis viene riportata in un trafiletto sulla destra del portale arabo. D’altronde il Qatar, nazione di appartenenza di Al Jazeera, è direttamente coinvolto nella guerra civile siriana, in particolare nell’appoggio logistico a quelli che vengono definiti “ribelli”. Sappiamo invece che nel pentolone “ribelle” un ruolo da protagonista è giocato dal Jabath Fateh al-Sham, gruppo riconosciuto come “terrorista” dalle Nazioni Unite. Vi è una certa differenza linguistica tra la parola “ribelle” e la parola “terrorista”.Anche i media europei si sono lasciati trasportare da questo meccanismo di “due pesi e due misure” nel raccontare le differenti sorti di Palmira e Aleppo. Sul Post.it la conquista di Palmira da parte dell’Isis, prima ancora di essere un fatto drammatico, viene giudicata come sintomo che “il regime siriano sembra non avere più le forze per controllare territori molto ampi ed è difficile pensare che riuscirà in futuro a riconquistare tutto il territorio nazionale”. Sembra dunque più importante la sconfitta di Assad piuttosto che il destino di distruzione cui quasi certamente incorrerà la città di Palmira. La rivista Internazionale ha invece, due giorni fa, riportato un articolo uscito sul quotidiano libanese L’Orient le Jour scritto da Anthony Samrani.  Nel testo l’autore ammette l’esistenza del Jabath Fateh al Sham ad Aleppo est, ma cerca di smorzarne il ruolo centrale sostenendo che “la minaccia è stata esagerata dal regime siriano e dai suoi alleati per giustificare la distruzione di ogni forma di opposizione moderata”, vi si aggiunge poi che “ i Paesi occidentali, Stati Uniti in testa, avrebbero potuto fare di più per esigere un cessate il fuoco e farlo rispettare”. Il giornalista, tuttavia, non riporta come i Paesi occidentali, Stati Uniti in testa, abbiano in realtà alimentato il conflitto siriano, attraverso un documentato programma di addestramento per le forze anti-Assad finanziato dal Pentagono. A fronte dei soldi investiti è dunque probabile che gli Stati Uniti non abbiano interesse alcuno ad esigere un cessate il fuoco su Aleppo est. Sulla riconquista di Palmira, invece, la rivista Internazionale dedica oggi un articolo flash di sette righe. Niente di più.Sul fronte politico la comunicazione non cambia. Anzi. La Casa Bianca, che più volte (l’ultima risale al 28 novembre 2016), ha sottolineato la situazione “tragica” di Aleppo, quest’oggi non esprime nessun tipo di preoccupazione circa l’avanza dei salafiti di Daesh a Palmira. Anzi come riportato dal portale Sputniknews gli Stati Uniti avrebbero provato ad arrivare ad un accordo con Mosca per lasciare uscire incolumi i militanti del Jabath Fateh al Sham da Aleppo est. La richiesta sembra essere stata respinta dal Ministro degli Esteri russo Sergey  Ryabkov.Anche l’Unione europea è sulla stessa linea. L’Alto Rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Federica Mogherini, ha infatti annunciato lo scorso 9 dicembre l’intenzione di “imporre ulteriori misure restrittive contro individui ed entità siriana che supportino il regime fino a che continui la repressione”. La stessa rappresentante ancora non si è espressa in merito alla riconquista di Palmira da parte dell’Isis. Apparirebbe dunque chiaro come l’obiettivo numero uno dell’establishment occidentale e della coalizione araba sotto la guida saudita sia ancora la fine, politica o fisica, di Bashar al Assad. L’Isis in Siria sembrerebbe invece un problema più che secondario.





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