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L’Iran svela ufficialmente le prime immagini della sua ultima nave appoggio per operazioni speciali. Si tratta della Makran (codice identificativo 441) frutto della conversione di una petroliera, la Persian Gulf, ed equipaggiata con missili anti-nave e anti-aerei per conferirle alcune capacità difensive e offensive.

Si ritiene che la nuova nave abbia la funzione di “base avanzata”, simile, nel concetto, ai vascelli Emb (Expeditionary Mobile Base) della marina statunitense.

L’unità, lunga 230 metri, è molto più grande della nave delle Irgc (Islamic Revolutionary Guard Corps) recentemente svelata ai media, e fornirà nuove capacità alla Marina di Teheran. Le prime immagini della Makran, non ufficiali, hanno cominciato a circolare a fine novembre, ed in quella occasione il comandante della Marina della Repubblica islamica dell’Iran, contrammiraglio Khanzadi, aveva affermato che la nave sarebbe stata in grado di trasportare elicotteri e Uav (Unmanned Air Vehicle).

La nave è dotata di ampio ponte di volo spostato verso prua e sembra essere stata ricostruita con capannoni simili a hangar sullo stesso livello.

Si tratta della prima unità di questo tipo per la Marina Iraniana, ma nel registro navale di Teheran è la terza: la Makran arriva, infatti, dopo la M/V Saviz utilizzata come base di sorveglianza, comando e collegamento offshore dalle forze iraniane nel Mar Rosso ed operata dai Pasdaran. La Saviz è probabile che sia utilizzata a sostegno degli Houthi nella guerra civile in Yemen, e ha la particolarità di non essere stata ufficialmente riconosciuta come nave appoggio per operazioni speciali, al contrario della seconda unità utilizzata dalle Irgc, la Shahid Roudaki, che è stata presentata a fine novembre. Questa nave è lunga 150 metri e larga 22, con un ponte aperto sufficientemente grande e libero da strutture per fungere da punto di atterraggio per elicotteri, insieme piccoli droni. La nave è difesa da un cannone antiaereo da 23 mm e da più mitragliatrici pesanti. La Saviz, che veste ancora la livrea di un cargo civile, si pensa che sia collegata in qualche modo ad un recente attacco portato a una petroliera maltese nel Mar Rosso, mentre era ormeggiata ad un terminal saudita. Questa unità è lunga 174 metri con una larghezza di 26 e ha un dislocamento, a pieno carico, di circa 23mila tonnellate. È entrata in servizio nel 2017 e da allora la sua zona di operazioni è rappresentata dal Mar Rosso, per questo si pensa che potrebbe aver svolto un ruolo attivo negli attacchi più recenti al traffico navale in quell’area, fornendo informazioni utili agli Houthi.

La Makran diventa così la terza unità appoggio iraniana, e rappresenta un ulteriore balzo in avanti nella capacità di proiezione di forza di Teheran. Insieme alla Shahid Roudaki e alla Saviz farà da nave appoggio anche per operazioni di forze speciali e per attacchi asimmetrici a più vasto raggio, quindi non più essendo costretti a partire da basi costiere per via dell’autonomia di certi mezzi sottili, e pertanto con la possibilità di effettuare attività di sea denial in altri teatri. La Marina Iraniana avrà poi un’unità in grado di movimentare truppe, via elicottero, a grande distanza, acquisendo così una prima capacità anfibia. Non sappiamo se la Makran imbarcherà stabilmente unità sottili come gommoni o barchini veloci, tipicamente utilizzati dall’Iran per effettuare azioni di contrasto al traffico marittimo, ma dalle immagini si nota la presenza di una gru a bordo, pertanto è ipotizzabile che sia in grado di trasportarle e metterle in mare.

Il video diffuso della Makran diffuso dalla Marina Iraniana mostra alcuni elicotteri di tipo diverso sia parcheggiati sul ponte di volo sia ripresi in fase di decollo e atterraggio. In dettaglio si tratta di due Sh-3 Sea King, due Uh-1N Huey e un Ch-53 Sea Stallion.

La presenza di quest’ultimo elicottero è abbastanza indicativa. Potrebbe avere infatti una doppia valenza: da un lato dimostrare la possibilità della Makran di operare con elicotteri pesanti, dall’altro potrebbe invece essere legata a un episodio storico che riguarda direttamente gli Stati Uniti.

La flotta odierna di Ch-53 iraniana, ereditata dai tempi dello Shah, ha visto l’ingresso di “nuovi” e inattesi esemplari forniti dagli Stati Uniti in modo rocambolesco e loro malgrado.

Questi elicotteri sono stati usati, infatti, per l’operazione Eagle Claw, il fallito tentativo, avvenuto nella notte tra il 24 e il 25 aprile del 1980, di liberare gli ostaggi catturati dai Pasdaran nell’ambasciata americana a Teheran. Quella missione fu un fallimento cocente per gli Stati Uniti, causato da tutta una serie di motivazioni tra cui si annovera la frettolosa preparazione e la cattiva sorte data dalle condizioni meteo avverse: le forze Usa lasciarono sul campo otto morti e registrarono la distruzione di un elicottero e un velivolo da trasporto C-130. Alcuni esemplari di Ch-53, danneggiati, vennero abbandonati nel deserto iraniano e si ritiene, con ragionevole certezza, che Teheran sia riuscita a metterne in condizioni di volo almeno uno dei cinque che ha catturato. Oggi, infatti, la flotta di Ch-53 iraniana ammonta a sette esemplari (si pensa solo tre siano operativi), a fronte dei sei consegnati allo Shah, e si crede che il settimo possa essere proprio uno di quelli utilizzati dagli Stati Uniti in quella sciagurata operazione.

Forse il Ch-53 che si vede atterrare e decollare dalla Makran nel video recentemente diffuso è proprio quel settimo esemplare. Se così fosse Teheran starebbe dando un ulteriore messaggio, quasi di dileggio, agli Stati Uniti oltre a sottolineare la sua nuova capacità di proiezione di forza.