Storicamente, l’esercito russo ha sempre inteso la vittoria come prodotto dello spirito umano e della psicologia; ne consegue dunque che i fattori materiali, quali la tecnologia, non siano decisivi per vincere. In un certo senso, tale concezione riflette l’influenza di Carl von Clausewitz sul pensiero dell’esercito russo: il teoreta prussiano, che servì nell’esercito russo per due anni, rimarcò l’importanza delle “forze morali” (quali motivazione, patriottismo, e forza di volontà) nel risultato finale di ogni guerra, e di conseguenza si iniziò a sostenere che “la visione russa dei conflitti moderni sia basata sull’idea che il campo di battaglia principale sia la mente” (Berzins, 2014).
Nel suo famoso articolo “Il valore della scienza nelle previsioni”, pubblicato nel giornale militare Voenno-promyshlennyi kur’er (“Corriere militare-industriale”) del 2013, il Capo dello Staff Generale russo Valery Gerasimov descrisse la sua concezione di guerra moderna. Utilizzando le sue stesse parole, “il focus dei metodi di conflitto applicati è mutato nella direzione di un uso più ampio di misure politiche, economiche, informative, umanitarie e altre non-militari”. Un’analisi che non lascia proprio il tempo che trova; negli ultimi anni c’è stato infatti un vivace dibattito nei circoli militari russi in merito alle nuove forme di guerra e come le forze armate possano metterle in atto in maniera efficiente. Questo articolo si propone di analizzare la strategia della dezinformatsiya (“disinformazione”), all’interno di cui rientra anche la diffusione di narrative.
La strategia della dezinformatsiya
La disinformazione, intesa come disseminazione di informazioni false o imprecise, è un elemento chiave della strategia adottata dal Cremlino in Ucraina. Venne sviluppata nel periodo sovietico come tecnica per distorcere intenzionalmente la verità allo scopo di trarne vantaggi politici. Oggi, la macchina propaganda del Cremlino include tv e radio di stato, il canale satellitare Russia Today, e testate multimediali online. I media russi hanno adottato una narrativa che può venire riassunta come segue: “c’è stato un colpo di stato fascista a Kiev, ed ora Mosca ha il dovere di aiutare i compatrioti russi”. Il Cremlino ha puntato sui ricordi dell’eroica resistenza contro l’esercito tedesco durante la Seconda Guerra Mondiale e dei sacrifici da parte della popolazione ucraina, con i canali tv russi che ripropongono immagini di saluti nazisti e di giovani ucraini che portano al braccio fasce neonaziste.
L’Ucraina è un paese multietnico in cui i russi sono la più grande minoranza. Tuttalpiù, l’elevato numero di matrimoni tra le due popolazioni, la condivisione della stessa religione, ed un forte legame storico hanno dato forma ad una relazione tra ucraini e russi unica nel suo genere, che non ha probabilmente eguali nella storia europea moderna. Nemmeno lo scioglimento dell’Unione Sovietica ha infatti portato ad un esodo russo di massa dall’Ucraina, come invece accaduto nelle regioni dell’Asia centrale e del Caucaso meridionale. D’altre parte, la maggior parte dei russi del tempo ha addirittura supportato l’indipendenza ucraina, e malgrado occasionali momenti di nazionalismo, si sono ben integrati all’interno della società locale.
Eppure Mosca è riuscita a mobilitare i russi contro le autorità ucraine. Putin ed i suoi alleati locali hanno saputo sfruttare al meglio le lacune nell’Ucraina orientale dovute all’alta centralizzazione statale, alla corruzione cronica e alla mancanza di trasparenza. Mosca ha probabilmente tratto importanti lezioni dalle sue esperienze in Moldavia e nel Caucaso meridionale negli anni ’90, quando l’esercito russo era segretamente coinvolto in conflitti etnici a favore di movimenti secessionisti in Abkhazia, Ossezia del Sud, Nagorno Karabakh e Transnistria.
Pertanto i media russi hanno spesso raccontato di atrocità, vere o fittizie, ai danni dei civili nelle aree russofone per fomentare terrore e rabbia. Al tempo stesso, i giornalisti russi hanno bombardato le frequenze in Ucraina con costanti messaggi di azioni illecite da parte delle nuove autorità ucraine. La propaganda del Cremlino è poi facilitata dalle restrizioni sulla libertà di stampa e l’intimidazione dei giornalisti indipendenti in Russia.
La strategia della disinformazione mira a trasformare la percezione del pubblico e promuovere determinati obiettivi di politica estera, come in questo caso può essere quello di tenere lontana l’Ucraina dallo schieramento dell’Occidente ed avvicinarla a quello russo. La strategia russa opera infatti su livelli: macro, meso e micro, dove i target sono rispettivamente l’Occidente, la società russa ed i cittadini ucraini. L’ingente mole di propaganda russa denota un significativo investimento negli ultimi anni finalizzato a condizionare l’ecosistema dell’informazione (Thornton, 2015).
Non appena l’esercito russo invase l’Ucraina lanciò anche una campagna internazionale per influenzare l’opinione pubblica globale. A questo scopo il Cremlino ha utilizzato reti ed alleanze politiche filorusse, e spera di rispondere alla narrazione dell’aggressione russa dipingendo l’intervento militare in Ucraina come un’operazione umanitaria. Sono in costante aumento le forze politiche filorusse in Europa che difendono le azioni di Mosca in Ucraina. Ad esempio, il partito francese di estrema destra Rassemblement National è stato accusato di supportare le policy di Mosca in Ucraina dopo aver ricevuto prestiti da una banca russa. Nel 2015 Marine le Pen lanciò addirittura un appello affinché la Crimea venisse riconosciuta come parte della Russia. In Grecia, il partito neo-nazista Alba Dorata ha proposto alla Russia un’alleanza fondata sulla condivisione della fede ortodossa.
Mosca ha inoltre sfruttato anche organizzazioni non-governative per diffondere la propria versione dei fatti sul piano internazionale. L’Istituto di Democrazia e Cooperazione, una think tank che si trova a Parigi ed è finanziata dalla Russia, ha pienamente appoggiato la narrativa russa in Ucraina. Esistono poi altre ONG filorusse, come la Mir Bez Natsizma (“Un mondo senza nazismo”), che hanno accusato il governo ucraino di tollerare antisemitismo e nazionalsocialismo.
Conclusione
Benché sia ovvio che la leadership russa non riconosca ormai più l’integrità territoriale dell’Ucraina, Mosca non è alla ricerca di un’occupazione totale del paese, ma sta piuttosto cercando di attuare un processo di “Finlandizzazione”. Un tale risultato significherebbe per l’Ucraina non entrare a far parte di organizzazioni quali la NATO e l’Unione Europea, che sono perlopiù viste dall’élite politica russa come avversari geopolitici. La strategia della Russia contro l’Ucraina non può essere facilmente replicata in altre aree dell’ex Unione Sovietica. L’Ucraina è chiaramente un caso unico, dovuto all’alta concentrazione territoriale di popolazione russa dall’era sovietica. Ma soprattutto, la strategia di Mosca si è basata sul presupposto di un rischio calcolato per cui le altre grandi potenze non sarebbero intervenute in aiuto di Kiev.
Il Dr. Emmanuel Karagiannis è Docente di Sicurezza Internazionale presso il Dipartimento di Studi alla Difesa del King’s College di Londra.