La conquista e l’utilizzo di siti strategici è uno dei principi fondamentali di qualsiasi guerra. Togliere al nemico una fonte di vitale importanza è parte essenziale di una strategia che serve a fiaccare l’avversario, detenere il controllo sulle risorse e soprattutto sfruttarle anche a vantaggio della propria parte. La guerra in Ucraina non fa eccezione. E l’occupazione della centrale nucleare di Zaporizhzhia, nel sud del Paese, da parte delle forze russe, non fa eccezione.

La battaglia va avanti da mesi, così come l’occupazione. Ma a ricordare il pericolo di questa situazione è stata la recente disattivazione dei collegamenti tra i sistemi di sicurezza della centrale e quelli dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica. La società nucleare statale ucraina, Energoatom, ha annunciato il ripristino della connessione tra Zaporizhzhia e l’Aiea dopo giorni in cui la centrale era “scomparsa dai radar”. Di recente ne ha parlato anche il ministro dell’Energia ucraino, Herman Haluschenko, che dalla conferenza di Lugano sulla ricostruzione del Paese ha rivelato che i russi “hanno danneggiato o distrutto il 90% delle nostre stazioni eoliche. Hanno distrutto o sequestrato il 30% degli impianti fotovoltaici, il 30,1% di impianti di cogenerazione, la centrale nucleare di Zaporizhzhia è occupata”. Altri funzionari ucraini hanno poi riferito di tecnici uccisi o torturati per essersi rifiutati di eseguire gli ordini, oppure di centinaia di dipendente sequestrati all’interno della centrale per farla funzionare o liberi dopo la richiesta di riscatto.

Infine, il quotidiano americano Wall Street Journal, grazie a fonti locali, è riuscito a dare le prime stime di quello che stava avvenendo intorno a Zaporizhzhia, con centinaia di soldati russi entrati nella centrale, sistemi antimissile, mezzi corazzati e pezzi d’artiglieria posti all’interno del complesso energetico e mine a difesa del fiume che alimenta i reattori. Di fatto, il sito nucleare si sarebbe così trasformato in un vero e proprio hub strategico dell’avanzata di Mosca nella regione: intoccabile, nonostante le bombe ucraine colpiscano non lontano dal sito, perché i reattori attivi e in grado di devastare un’intera regione.

La partita, anche in questo caso, è molto complessa. L’incubo dell’Aiea è che l’occupazione della centrale possa provocare delle interruzioni nell’attività del sito col rischio di incidenti nei reattori o in altre parti estremamente sensibili. Altri osservatori mettono in guardia dal fatto che le forze occupanti possano mettere a repentaglio la centrale nucleare per sfruttarla come base militare o per cercare armi nemiche. Altri parlano della minaccia data dai furti di materiale radioattivo o di componenti del sito, che potrebbero finire non tanto nelle mani della Federazione Russa, quanto di traffici criminali o verso governi di Paesi considerati come minaccia.

In tutto questo, l’annuncio del presidente ucraino Volodymyr Zelensky su una controffensiva proprio nella regione dove si trova la centrale preoccupa per il rischio che la centrale di Zaporizhzhia possa essere al centro di una battaglia per la riconquista del terreno. Il paradosso è che in assenza di condizioni di sicurezza e soprattutto di un cessate il fuoco definitivo quantomeno in questa regione, la sola cosa che evita che il sito nucleare possa essere oggetto di assalti è che sia attivo e occupato. La Russia ha bisogno di quella centrale, la più grande d’Europa, come leva per imporre la propria supremazia nel Paese e per controllare il flusso energetico anche a favore della parte orientale. Non le serve la distruzione del sito, ma il suo controllo. D’altro canto, la stessa Ucraina non può mettere a rischio l’incolumità di tutta la popolazione locale (e non solo) con il pericolo di non avere più a disposizione, per il futuro, la più grande centrale del continente. Altre aree e siti strategici sono stati oggetto di battaglia, dalle dighe ai ponti ai complessi industriali. In una guerra, avere il controllo del flusso di materie prime e di beni di prima necessità è forse anche più importante di colpire le postazioni militari nemiche. Ma in questo caso – senza precedenti nella storia dell’energia nucleare, come ricorda Repubblica – siamo di fronte a un fenomeno diverso: l’occupazione può mettere a rischio l’intero Paese. Ma anche la fine di questo controllo, se non coordinata, se dopo un assedio e senza garanzie che non sia oggetto di attacchi in futuro, è uno scenario che può gettare nello sconforto. Perché gli effetti di una battaglia non sarebbero tanto quelli presenti, quanto quelli futuri.





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