Cosa ci facevano 13 cittadini francesi in Libia? E perché sono stati fermati dalla guardia di frontiera tunisina all’altezza del valico di Ras Jedir? Le domande continuano a non trovare risposta nel triangolo fra Tunisia, Libia e Francia. Le autorità di Tunisi e di Parigi provano a giustificarsi. Ma nessuno sembra in grado a dare una risposta soddisfacente. E i sospetti sul fatto che fossero qualcosa di diverso rispetto ai componenti di una semplice delegazione diplomatica, cominciano a essere molti.
Secondo l’emittente Radio France International – che cita fonti degli uffici presidenziali tunisini – i 13 cittadini francesi fermati al confine con la Libia mentre lasciavano Tripoli “non sono diplomatici come dichiarato da Parigi ma agenti dei servizi segreti“. Le stesse fonti hanno definito la presenza di questi agenti dei servizi segreti transalpini “un attacco alla sovranità tunisina”. Le autorità tunisine, quando hanno fermato i cittadini francesi, hanno intimato loro di cedere le armi. Armi leggere, a detta di alcune fonti, cui pare che la “delegazione” di Parigi abbia risposto di no, provocando quindi l’arresto e il successivo rilascio dopo “negoziati di alto livello”.
Alle dichiarazioni di Rfi ha risposto direttamente il governo della Tunisia. Segno che la questione è tutt’altro che chiusa per una parte dell’opinione pubblica del Paese nordafricano ma anche dell’opposizione e di segmenti interni all’esecutivo. Come riporta Agenzia Nova, la portavoce della presidenza della Repubblica, Saida Garrach, ha smentito le rivelazioni dell’emittente francese dicendo che “la questione dei diplomatici europei è stata affrontata e risolta all’interno del quadro giuridico e attraverso i canali diplomatici”. Secondo Garrach, Radio France International ha “diffuso l’informazione senza conferme dai canali ufficiali”.
Ma le accuse di Rfi non si fermano solo al caso dei francesi presi a Res Jedir. Secondo l’emittente francese, il problema non riguarda soltanto quella strana “delegazione”, che, a detta dell’ambasciata francese in Tunisia, sarebbe stata inviata a Tripoli per garantire “la sicurezza dell’ambasciatore francese in Libia”, Brigitte Curmi. E che per questo motivo, secondo gli uffici francesi a Tunisi, era legittimata a possedere armi. Il problema riguarderebbe anche Djerba, che, secondo le fonti tunisine, si sarebbe trasformata in un vero e proprio “covo di spie straniere”.
L’idea è che Djerba sia diventata una sorta di hub dello spionaggio europeo ma in particolare francese. Un punto di transito rispetto alla rotta marittima che porta gli agenti diplomatici francesi in Tunisia e poi in Libia. Agenti diplomatici, oppure, come sostenuto dalle fonti tunisine a Rfi, agenti dei servizi segreti d’Oltralpe. E l’idea non è così peregrina, visto che fonti nordafricane hanno confermato anche alla stessa Agenzia Nova che quella di Djerba è una delle vie d’accesso dei funzionari internazionali. Lo scorso 10 aprile – hanno confermato le fonti – undici “funzionari internazionali” erano sbarcati al porto di Houmt Souk, a Djerba, a bordo di due natanti. Le fonti parlano di agenti della missione europea Eubam Libia, guidata dall’italiano Vincenzo Tagliaferri, e che ha lo scopo di aiutare la gestione delle frontiere libiche. La rotta sarebbe alternativa rispetto alla via terrestre percorsa dai 13 francesi fermati a Ras Jedir. Un segno che il triangolo Francia-Tunisia-Libia è particolarmente importante.