Il caos in Libia non significa che qualcun non stia vincendo.E tra i possibili “vincitori” di questo conflitto, c’è sicuramente la Russia di Vladimir Putin che, nella peggiore delle ipotesi, in ogni caso riuscirebbe a mantenere più di un piede in un Paese che, con la caduta di Muhammar Gheddafi, poteva anche perdere del tutto. Perché la caduta del colonnello libico non è stata solo la fine di un governo partner dell’Italia, ma anche della Russia, considerati i contratti siglati fra Mosca e Tripoli nel corso degli anni precedenti la caduta.

Le parole di Lev Dengov

Con la guerra in Libia, tutto sembrava perduto per Mosca. Ma così non è stato. E il fatto che adesso il caos imperi nel Paese nordafricano è comunque un segnale che la sfida per Tripoli e dintorni non si è conclusa e che il Cremlino non ha mai messo la parola fine alla sua strategia per la “conquista” della Libia. In questo senso, le parole rivolte ad Agenzia Nova da Lev Dengov, direttore del gruppo di contatto russo per la Libia, sono particolarmente importanti. Il funzionario russo ha infatti affermato che il suo Paese rappresenta “la piattaforma di dialogo ideale per la soluzione pacifica del conflitto” in Libia e ha citato in particolare la figura di Ramzan Kadyrov che “opera come ponte nelle relazioni tra il mondo musulmano e Mosca”.

Dichiarazioni importanti cui si aggiunge un’altra frase di estrema rilevanza: “Mosca fin dall’inizio ha affermato che avrebbe mantenuto le relazioni con tutte le parti del conflitto in Libia e che non avremmo puntato su nessuno o sostenuto alcuno degli attori sul campo. Di conseguenza oggi la Russia e Mosca rappresentano la place d’armes ideale per i negoziati delle parti sulla soluzione politica del conflitto”. Inoltre, ha continuato Dengov, “a noi si sono rivolti negli ultimi giorni i rappresentanti del governo di accordo nazionale di Tripoli. Conduciamo un dialogo anche con Haftar, che rappresenta uno dei player chiave ed esercita influenza sulla situazione in Libia”.

Insomma, la strategia delineata dal funzionario di Mosca sulla Libia è chiara: dialogo con tutti e Cremlino quale leader ideale di una transizione fra le varie fazioni. Transizione su cui, evidentemente, pesa e molto il ruolo del generale Khalifa Haftar, uomo su cui evidentemente Putin ha puntato sin dall’inizio, come dimostrato anche dai viaggi dello stesso uomo forte della Cirenaica a Mosca e i rapporti fra militari russi e quelli legati a Bengasi.

Il ruolo di Kadyrov

Il sottile filo rosso che lega Libia e Federazione russa è rappresentato, come sostenuto da Dengov, da Kadyrov. Il governatore della repubblica di Cecenia, musulmano e sunnita, è un elemento essenziale per comprendere la strategia del Cremlino in Medio Oriente e Nord Africa, perché, come spiegato dal funzionario russo, “ha svolto un grande lavoro nel fondare delle relazioni con la Libia ed ha buone amicizie in Medio Oriente, negli Emirati Arabi Uniti e in Arabia Saudita“. Una lista di nomi che appare essenziale per comprendere su chi verte la “simpatia” di Putin visto che sia Riad che Abu Dhabi puntano sul comandate dell’Esercito nazionale libico e anche l’Egitto, sponsor fondamentale del maresciallo di Bengasi.

Un blitz di Haftar a Mosca?

Secondo le fonti militari dell’Esercito nazionale libico che hanno parlato direttamente al sito internet della Missione speciale di monitoraggio della Libia (Smml), il generale Haftar avrebbe raggiunto Mosca per una visita non ufficiale. Nessuno da Mosca ha confermato né smentito. In ogni caso, il messaggio inviato dalla Libia è chiaro: l’indiscrezione rappresenta l’intento di mostrare un legame fra il Cremlino e la Cirenaica.

Ma non è l’unico con cui la Russia continua a trattare. La scorsa settimana, esattamente il 5 aprile, il ministro degli Esteri del governo di Al Bayda (governo che naturalmente non è riconosciuto), Abdulhadi Ehlweg, aveva chiesto pubblicamente ai russi “di intervenire pacificamente negli affari della Libia”. L’8 aprile, il viceministro degli Esteri russo, Mikhail Bogdanov, ha contattato invece un altro personaggio essenziale nello scacchiere libico, il vice presidente del governo di accordo nazionale libico, Ahmed Maitig, e lo stesso generale Haftar. Di fatto, quindi, la diplomazia russa è a 360 gradi, pur riconoscendo formalmente il ruolo di Fayez al-Sarraj.

La “fuga” degli Stati Uniti

Per la Russia, avere legami con tutte le parti del conflitto significa ergersi a possibile leader della transizione del Paese nordafricano dopo la guerra civile, ma soprattutto avere un nuovo avamposto nel Mediterraneo. Proprio per questo motivo, il fatto che gli Stati Uniti abbiano fisicamente abbandonato la Libia con l’immagine di Africom che comunica l’uscita dei soldati Usa dal territorio del Paese, ha un significato molto profondo.

Di fatto, gli Stati Uniti hanno già delegato alle Nazioni Unite il compito di guidare la transizione libica. E mentre Donald Trump dimostra disinteresse nei confronti del conflitto libico, anche grazie agli errori commessi dal governo italiano cher hanno abbandonato la linea più apertamente vicina al governo statunitense, la Russia può incunearsi cercando di prendere non il controllo della situazione, ma quantomeno di diventare, ancora una volta, una potenza necessaria. Ed è questa la vera vittoria di Putin.

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