Il Fezzan ha dato prova della sua estraneità al confronto tra la Tripolitania e la Cirenaica, nell’occasione in cui il generale Khalifa Haftar ha cominciato ad ostentare il suo obiettivo di mettere in sicurezza i giacimenti petroliferi e “ripulire” la regione dai traffici dei migranti e dai flussi jihadisti.
In realtà l'”Operazione Fezzan” è stata un’iniziativa logistica di attraversamento del territorio libico per risalire dal Sud verso la conquista di Tripoli, per evitare di affrontare, sulla strada costiera, le milizie di Misurata, andando incontro a costosi combattimenti.
Con questa strategia Haftar contava di far crescere il suo prestigio politico, stringendo alleanze con le tribù tuareg e arabe, in modo tale da arrivare vincitore a Tripoli. Tale azione però, per il generale si è rivelata molto deludente.
Dopo il successo in Cirenaica, che gli ha affidato il potere di fatto nell’Est libico, grazie anche ai dinari libici e all’aiuto militare sul campo offerto dalla Francia, Haftar occupa il bacino petrolifero della Sirte, il più importante di tutta la Libia, evitando il controllo della compagnia petrolifera ufficiale libica, la National Oil Company (Noc), che ha sede a Tripoli.
Queste manovre così rapide permettono ad Haftar di assicurarsi il controllo dell’intero ciclo produttivo petrolifero della zona orientale libica, ma l’obbiettivo di togliere alla Noc l’intera rendita petrolifera di tali risorse viene completamente mancato. La Francia concede ad Haftar l'”Operazione Sirte”, salvo poi costringere il generale ad accettare “la messa in sicurezza” del luogo dell’occupazione degli impianti. Grazie a questa operazione la Francia risulta avvantaggiata; la Noc mantiene un atteggiamento neutrale, beneficiando della “messa in sicurezza” dei giacimenti della Sirte, oltre che dalla produzione dell’Eni. Intanto al Fezzan arrivano arrivano ben pochi benefici: gli scioperi dei “guardiani petroliferi”, selezionati dalle tribù tuareg e tebu nei giacimenti, spesso in competizione tra loro, bloccano completamente la produzione. La Francia si muove ancora, decidendo le sorti delle mosse di Haftar, che ha il pensiero fisso di arrivare a Tripoli. Il Fezzan è la via logistica e politica più adeguata per arrivare alla capitale, ma la Francia, muove un’altra condizione: l’Esercito nazionale di liberazione di Haftar (Enl), deve cacciare le comunità del Fezzan, che gestiscono giri di affari che incrementano i movimenti di opposizione del Ciad settentrionale, offrendo loro un retroscena operativo.
La marcia verso il Fezzan incontra in primo luogo la resistenza delle milizie alleate a Misurata; successivamente le milizie dell’Enl occupano il giacimento di Sarara, sorvegliato dai tuareg che cedono il controllo senza resistenza. Intanto altri contingenti di Haftar iniziano una battuta di caccia contro i tebu che cercano di difendersi. Solamente in questa fase si registrano scontri armati, mentre le tribù tuareg cominciano a spartirsi l’eredità dei traffici tebu.
Bisogna chiarire che, mentre i tebu non hanno alcuna vocazione terroristica, i tuareg coltivano una sorta di tolleranza nei confronti degli jihadisti, soprattutto quando si tratta di commerci illeciti.
Mentre l’esercito di Haftar cerca presunti terroristi, gli jihadisti già si organizzano su come gestire in proprio il traffico dei migranti abbandonato dai tebu; spostandolo sulle rotte transahariane, la nuova gestione jihadista affida il ruolo di trasportatori ai tuareg. A questo punto Haftar si ritrova completamente spiazzato: gli viene totalmente a mancare il supporto di forze operative, che gli avrebbero consentito la marcia su Tripoli, nonostante la cacciata dei tebu sia stata apprezzata dai loro rivali tuareg. Inoltre Haftar è costretto a lasciare alcuni suoi distaccamenti nelle zone abbandonate dalle milizie legate a Tripoli, che si sono poi spostate verso Misurata.
Proseguendo la sua marcia verso il Nord-Ovest, Haftar incassa altre delusioni a fronte delle aspettative coltivate. Altre milizie con lui simpatizzanti si sottraggono alla sua alleanza, tentando una mediazione sulla necessità di una riconciliazione nazionale. Haftar non arriva a Tripoli.
Nella sua ossessione per la capitale, Haftar non si rende conto di essersi lasciato alle spalle un vuoto di sicurezza che gli si ritorcerà contro: il ricircolo jihadista presente all’interno e alla periferia del Fezzan ne approfitta per attaccare proprio le postazioni dell’Esercito nazionale di liberazione (attentato a Darna).
Le mosse azzardate del generale sono due: la prima a metà maggio 2019 è la militarizzazione del Golfo della Sirte. La guerra per le risorse petrolifere porta Haftar a rompere gli accordi con la Noc, tanto che anche il presidente della stessa, Mustafa Sun Allah, in principio tenutosi neutrale, lo accusa di voler disporre direttamente dei ricavi petroliferi della Sirte, tramite la Noc parallela alla Cirenaica, estromettendo la presidenza di Tripoli. In più Haftar viene accusato di vendite illegali a prezzi scontati all’Egitto, attraverso acquirenti degli Emirati Arabi.
A sua volta Haftar accusa il governo di Tripoli di puntare alla divisione del Paese.
La seconda mossa imprevidente da parte del generale è il bombardamento di un deposito di proprietà della Mellitah Oil and Gas, una “joint-venture” Noc-Eni che gestisce il complesso del gasdotto e l’impianto del trattamento del gas. Tale avvenimento ha suscitato alte preoccupazioni tra le compagnie petrolifere che operano in Libia, perché è stata la prima volta che si è colpita direttamente un asset di società straniere.
Haftar non è stato capace di sfruttare tutti vantaggi che aveva acquisito e il Fezzan si è risolto come una chiave geopolitica perdente.