Quando si parla di Libia, la Cina non viene quasi mai citata anche se sta acquisendo un ruolo sempre più centrale. Secondo quanto riportato dall’agenzia Afp, Pechino è oggi in prima fila nel fornire le armi al maresciallo Khalifa Haftar, l’uomo forte alla guida del governo di Tobruk, in Cirenaica. Haftar è da mesi impegnato nella battaglia decisiva per conquistare Tripoli, la capitale del riconosciuto governo di unità nazionale di Fayez al Serraj, ma da quando è partita la sua offensiva le linee di fronte si sono mosse di poco. La situazione di stallo ha spinto le due parti ad affidarsi ad armi sempre più sofisticate con la speranza di ottenere il massimo con il minimo sforzo, anche perché, secondo i dati diffusi dalle Nazioni Unite, fin qui si contano mille morti, circa 6mila feriti e 120 mila sfollati. L’equipaggiamento usato dai rispettivi schieramenti comprende dei droni di ultima generazione, e poco importa se armi del genere non dovrebbero entrare in Libia a causa dell’embargo che ha colpito il Paese dal 2011.

Haftar si affida ai droni cinesi

Secondo alcuni esperti Haftar ha acquistato droni Wing Loong di fabbricazione cinese passando attraverso gli Emirati Arabi, cioè il principale sostenitore del maresciallo. Serraj si è invece rivolto ad Ankara, che ha fornito i droni turchi Bayraktar. In Libia lo scenario è diventato ancora più pesante, perché oltre al braccio di ferro tra i due leader libici ecco spuntare anche la sfida a distanza tra Emirati Arabi e Turchia ma anche quella fra droni turchi e droni cinesi. I Wing Loong made in China hanno cercato in tutti i modi di distruggere il centro di comando rivale, ma per il momento non sono ancora riusciti nell’intento. La situazione resta paradossale perché ufficialmente la Cina invita la comunità internazionale ad adottare misure per porre fine al conflitto, ma i suoi droni sfrecciano nei cieli libici.

Una posizione ambigua

La posizione ufficiale della Cina riguardo la Libia resta ambigua, o meglio ricalca la posizione politica di non allineamento che il Dragone sta utilizzando o ha utilizzato in altri conflitti, come quello in Yemen o in Afghanistan. Questo, sottolinea The Diplomat, non significa che la Cina sia distaccata dal conflitto, perché Pechino ha numerosi interessi affinché il governo di accordo nazionale riconosciuto dalle Nazioni Unite detenga il controllo su Tripoli, su tutti la ricerca di opportunità commerciali dei Paesi allineati con Serraj. Ma è pur vero che le strategie delle potenze occidentali a Tripoli hanno spinto il governo cinese a non chiudere la porta in faccia neppure ad Haftar, visto che il maresciallo e i suoi uomini si affidano a droni provenienti da oltre la Muraglia via Emirati Arabi. In questo modo la Cina non è coinvolta in un sostegno diretto ad Hftar ma riesce comunque a farci affari. In ogni caso, l’obiettivo dell’ex Impero di Mezzo è riuscire a insediarsi nel vuoto lasciato e creato dagli Stati Uniti, e per farlo deve agire su più fronti, usando la diplomazia ma anche l’astuzia. Più o meno è quello che stanno facendo anche i governi occidentali con Tripoli.





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