Libia e Ciad hanno destini intrecciati. Lo si è visto anche di recente: l’allontanamento dal territorio libico di miliziani ciadiani, ha dato il via a una rivolta nel territorio ciadiano culminata con l’uccisione del presidente Idriss Deby. In un contesto del genere anche l’Italia è chiamata in causa. E il perché è presto detto: Roma sta “rientrando” nel dossier libico, il dialogo tra le due sponde del Mediterraneo è ripreso e dunque il ruolo italiano potrebbe essere importante anche con riferimento alla situazione in Ciad.

Il Fact chiama in causa l’Italia

L’11 aprile scorso alcuni miliziani ciadiani sono entrati nel loro Paese dalla Libia. Il tutto per provare a rovesciare il presidente Deby. Il gruppo che ha compiuto questa azione appartiene al cosiddetto “Fact“, ossia Fronte per l’alternanza e la concordia del Ciad, il quale da diversi anni in Libia è stato al fianco delle forze del generale Khalifa Haftar. L’uomo forte della Cirenaica si è servito dei ciadiani per presidiare diverse zone del Fezzan, la regione meridionale del Paese nordafricano vera e propria terra di nessuno per via della sua conformazione desertica. L’afflusso massiccio di uomini del Fact in Ciad ha lasciato scoperto il fronte sud. Tanto è vero, come raccontato su InsideOver, che lo stesso Haftar ha fatto trasferire uomini e mezzi nel Fezzan. Ma questo è apparso più come un atto simbolico che pratico: qualche pick up spedito tra le dune del Sahara non può certo risolvere la questione.

Il fronte è quindi più che mai aperto. Ed è qui che è entrato in gioco il ruolo dell’Italia: “Ogni intervento di sorveglianza è benvenuto se è per contribuire a stabilizzare al situazione e garantire la sicurezza – ha dichiarato ad AgenziaNova nei giorni scorsi Kingabè Ogouzeimi de Tapol, portavoce del Fact – l’Italia, da grande democrazia qual è, non si lasci distogliere dal suo ruolo”. In poche parole, i miliziani ciadiani non hanno nulla da obiettare a un’eventuale proposta italiana sul controllo del sud della Libia. Vuol dire che il ruolo di Roma, nel delicato intreccio libico – ciadiano, potrebbe diventare di primo piano.

Il controllo dei confini meridionali

Come mai il portavoce del Fact ha tirato in ballo l’Italia? La circostanza non è casuale. La Libia ha un problema importante nel controllo delle sue frontiere meridionali, porose e contrassegnate da dune estese e infinite di sabbia in cui i confini altro non sono che mere linee tracciate semplicemente su una cartina. Ai tempi del trattato di amicizia del 2008, firmato da Gheddafi e Berlusconi, si è parlato proprio di un sistema di monitoraggio avanzato, costruito dall’Italia. Anche perché il controllo dei confini meridionali libici a Roma sta molto a cuore: è da qui che passano le carovane di migranti che arrivano poi lungo le coste della Tripolitania per imbarcarsi alla volta della Sicilia. Il discorso è stato ripreso di recente durante le visite del ministro degli Esteri libico, Najla El Mangoush, a Roma e del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese a Tripoli.

Non sono emersi progetti cantierabili nell’immediato, ma c’è la volontà politica italiana e libico di porre in futuro la questione dei confini meridionali nuovamente al centro delle discussioni. Prova ne è anche il fatto che la Farnesina ha annunciato la possibilità di aprire un consolato anche a Sebha, nel Fezzan. Chiaro dunque che quando si tornerà a parlare delle frontiere sud della Libia, Roma sarà assoluta protagonista. E anche dal Ciad aspettano novità.





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