La risposta di Mosca all’attentato contro il ponte di Kerch non si è fatta attendere. Questa volta non si è limitata alla linea del fronte ma è tornata a colpire il cuore del Paese, Kiev e le principali città che da qualche mese erano tornate a respirare una certa normalità dopo le prime settimane di guerra. Solo lunedì le forze militari ucraine hanno confermato di aver abbattuto 43 degli 83 missili lanciati contro il Paese, circa uno su due.
L’attacco russo ha quindi rilanciato le richieste della leadership ucraina per avere nuove forniture militari soprattutto nel settore della difesa aerea. Da mesi l’Occidente rifornisce le forze di Kiev ma sul fronte dei sistemi d’arma avanzati l’Europa ha sempre tenuto il freno a mano tirato. Oggi l’inerzia potrebbe cambiare.
Le richieste di Kiev all’Europa
Per la verità l’Ucraina chiede da mesi nuove forniture sofisticate e soprattutto armamenti di difesa aerea. Nelle ultime 24 ore il presente ucraino Volodymyr Zelensky ha reiterato la richiesta in due telefonate di emergenza avete con il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz e sul tavolo, scrive il Washington Post, c’era soprattutto la questione dei sistemi di difesa, tema che lo stesso leader ucraino riproporrà alla riunione di emergenza del G7 di domani.
Richiesta analoga è arrivata dal ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov che ha affidato il suo appello a Twitter: “La migliore risposta al terrore missilistico russo è la fornitura di sistemi antiaerei e antimissilistici all’Ucraina. Questo proteggerà le nostre città e la nostra gente. Questo proteggerà il futuro dell’Europa”. Ma la lista di richieste è lunga. In precedenza era toccato al ministro degli Esteri Dmytro Kuleba chiedere dispositivi dopo i raid su Zaporizhzhia. Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente, è anche sceso nel dettaglio con un tweet: “Invece di parlare abbiamo bisogno di difesa aerea, MLRS e proiettili a lungo raggio”.
I timori di Kiev, in particolare dopo la nomina di Serghei Surovikin, è che l’azione di Mosca di oggi non sia un intervento spot, ma possa continuare in modo più esteso nelle prossime settimane, riportando le lancette dell’orologio alle prime settimane della guerra quando l’intero paese era sotto il tiro dell’aviazione e dei missili russi. Zelensky, nota Politico, teme che la Russia punterà in modo più attivo alle infrastrutture energetiche e industriali del Paese in vista dell’inverno e proprio per questo non ha nascosto i malumori ucraini ai partner europei.
Il passo avanti della Germania
La prima a rispondere all’appello a stretto giro è stata proprio la Germania. Il ministro della Difesa Christine Lambrecht ha dichiarato che entro pochi giorni il primo di quattro sistemi di difesa aerea IRIS-T SLM verrà consegnato a Kiev: “I nuovi lanci su Kiev e su molte altre città mostrano quanto sia importante fornire rapidamente all’Ucraina sistemi di difesa aerea”, si legge in una nota delle forze armate tedesche. Come riporta l’Agi, i missili impiegati dal IRIS-T SLM hanno una gittata di 40 km, capaci di ingaggiare bersagli aerei, elicotteri e droni nemici che volano fino a 20 km di altezza, e sono in grado di contrastare anche i missili da crociera.
La nota sulla gittata non è banale, dato che meno di 24 ore fa Mosca ha confermato che le linee rosse da non superare per allargare il conflitto riguardano proprio la fornitura di missili a medio e lungo raggio a Kiev, un asticella, che anche gli Usa non hanno al momento voluto superare. Tra i più timidi in questi mesi c’è stata soprattutto la Francia di Emmanuel Macron, che fino all’ultimo ha mostrato di essere tra i più attivi nel cercare di tenere aperto un canale diplomatico con il Cremlino. Oggi quel sentiero, già stretto, sembra non più percorribile, quindi anche Parigi dovrà capire come e soprattutto cosa fornire a Kiev.
La posizione della Francia
Al telefono Macron ha confermato a Zelensky l’intenzione di aumentare le forniture militari, ma Kiev ancora non si fida. Stando all’Ukraine Support Tracker del Kiel Institute for the World Economy la Francia è uno dei Paesi che ha speso meno per rifornire gli arsenali ucraini rispetto ad altri Paesi Ue come Estonia e Repubblica Ceca. Complessivamente Parigi è solo l’undicesimo stato tra i fornitori globali di aiuti militari a Kiev.
Kiev punta ad avere dall’esercito francese un sistema SAMP/T, il sistema missilistico terra-aria sviluppato dal consorzio europeo Eurosam. Per Le Monde l’Eliseo sarebbe molto timido nel rispondere alla richiesta perché il Paese ha una scorta limitata di batterie di lancio. Parigi dal canto suo dice di aver appoggiato Kiev fornendo 18 obici semoventi CAESAR, numero che potrebbe crescere nei prossimi mesi inviando alcuni pezzi precedentemente destinati alla Danimarca.
Il Wp nota come l’appoggio militare francese a Kiev rimanga un nervo scoperto a livello europeo. Non a caso Macron, nel corso del vertice Ue di Praga, ha promesso di creare un fondo da 100 milioni di euro per gli acquisti militari di Kiev. Con questo i fondi stanziati dall’Eliseo per Zelensky salirebbero a 230 milioni, una cifra notevole, ma lontana dalle cifre monstre degli Stati Uniti che in 8 mesi hanno staccato assegni da 17 miliardi di dollari.
A livello Ue la prima a non smuoversi è stata l’Austria. Vienna, in un comunicato molto asciutto, ha spiegato che in quanto Paese neutrale resta fuori questione la fornitura di dispositivi letali. “In quanto Paese militarmente neutrale, le consegne di armi alle parti in guerra sono fuori questione per l’Austria”, ha detto al Post la portavoce del ministero degli Esteri Antonia Praun. “Tuttavia, l’Austria sostiene pienamente gli sforzi dell’UE per fornire assistenza non letale all’Ucraina”.
I prossimi passi
Un’idea dei prossimi sviluppi potrebbe arrivare dalla riunione del gruppo di contatto tra Ucraina e alleanza internazionale patrocinato dalla Nato, il cosiddetto formato Ramstein, che si terrà il 12 ottobre. Intanto, mentre l’amministrazione Biden ragiona su come affrontare l’escalation ed evitare di mettere Putin spalle al muro, non arrivano retromarce sull’annuncio di settembre con cui il Pentagono confermava la conferma di due sistemi antiaerei NASAMS, dispositivi con un raggio di circa 100-120 km. Mentre per ora resta il veto sui Atacams, dalla gittata di oltre 200km.