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L’inverno è ormai giunto, e sul campo di battaglia ucraino il fango sta lasciando spazio al terreno congelato: il rigido clima delle prossime settimane compatterà il suolo, reso impraticabile dalle piogge autunnali, e permetterà il transito di mezzi pesanti come carri armati e camion.

Date queste condizioni ambientali ci si attende la ripresa della azioni offensive, e la domanda che circola è dove ricominceranno le operazioni.

Se è impossibile avere certezze in merito, possiamo comunque provare a dipingere gli scenari più probabili in base a quello che sappiamo: concentramenti di truppe, attività dietro le linee, caratteristiche geografiche, attività di propaganda/disinformazione, valore strategico dell’obiettivo.

Obiettivi ucraini

Partendo dal lato ucraino, nelle ultime settimane stiamo assistendo a uno schema informativo diverso rispetto a quanto visto durante il periodo estivo. Prima dell’attacco verso Kherson, e soprattutto della controffensiva su Kharkiv, lo Stato maggiore di Kiev aveva ampiamente pubblicizzato l’imminenza di un’azione di ampio raggio verso la città sullo strategico fiume Dnepr.

Ora, invece, osserviamo la diffusione di allarmi su un possibile attacco russo su vasta scala. Questa retorica potrebbe essere funzionale per la ricerca di un maggiore coinvolgimento occidentale, risultante in più invii di armamenti, ma potrebbe anche significare il voler confondere le acque facendo pensare a una postura difensiva piuttosto che offensiva, pertanto è possibile che in realtà a Kiev si stia pensando a un attacco per cercare di conservare l’iniziativa tattica, ottenuta e mantenuta da agosto sino a oggi.

A sostenere quest’ipotesi c’è l’attività partigiana, mai cessata dall’inizio del conflitto, ma che si concentra principalmente intorno a Melitopol. Ricordiamo che, se la controffensiva di settembre ha ottenuto successo portando alla liberazione della regione di Kharkiv sino al Donbass, è anche grazie alle persistenti azioni effettuate dietro la linea del fronte.

Puntare su Melitopol sarebbe una mossa molto efficace: la conquista della città e, possibilmente, del territorio che la separa dal mare, spezzerebbe in due il fronte meridionale tagliando nel contempo le linee di rifornimento russe per la Crimea, che in questo particolare momento sono fragili, in quanto l’attacco al ponte sullo Stretto di Kerch ha pesantemente ridotto la capacità logistica russa (già compromessa strutturalmente) costringendo Mosca a sfruttare anche le linee marittime per mantenere l’afflusso dei rifornimenti più o meno costante.

Dal punto di vista geografico il terreno è sostanzialmente pianeggiante, costituito praticamente solo da ampi campi coltivati, e non esistono grosse barriere come canali, fiumi, paludi o fitta copertura vegetativa. Soprattutto sarebbe possibile coprire l’avanzata con l’artiglieria a razzo almeno per il primo ampio tratto dell’avanzata verso la città.

Un più incisivo attacco nel Donbass – in questi giorni i combattimenti sono proseguiti con esiti alterni – è meno probabile: le condizioni del territorio sono più difficili, sia per questioni geografiche sia perché i capisaldi russi si trovano in villaggi e cittadine praticamente rase al suolo, fattore che ostacola molto l’avanzamento dei mezzi e rappresenta un vantaggio per chi si difende.

Opzioni russe

Spostandoci sul lato russo, le previsioni non sono meno difficili. Negli ultimi giorni ci sono giunte evidenze di spostamento di truppe in Bielorussia, dove, nelle basi aeree, sono arrivati anche i velivoli Aew/C3 (Comando Controllo Comunicazione) Beriev A-50, ovvero gli stessi che sono stati osservati sempre in quel Paese alleato della Russia prima dell’inizio del conflitto. Questi sono stati usati per le operazioni aeree che hanno supportato l’avanzata da nord (verso Kiev/Chernihiv) dei primi giorni di guerra.

È possibile che Mosca possa ritentare di avanzare verso la capitale e la città di Chernihiv, che risulta importante per le operazioni in quanto copre il fianco orientale, ma si ritiene sia più probabile un’offensiva a ovest della capitale.

Un’azione sul fronte settentrionale sarebbe comunque molto più redditizia per la Russia anche se non dovesse puntare verso Kiev: costringerebbe l’Ucraina a dirottare forze e riserve per far fronte alla nuova minaccia e permetterebbe quindi di prevenire un’offensiva invernale ucraina e forse anche a indebolire le linee esistenti. Soprattutto, partendo dalla Bielorussia, l’esercito di Mosca avrebbe la quasi certezza che le proprie linee logistiche profonde sarebbero al sicuro da contrattacchi ucraini, in quanto molto difficilmente Kiev effettuerebbe operazioni in territorio bielorusso per non allargare il conflitto, come già visto durante la prima fase della guerra.

Se attacco da nord sarà, è molto probabile che esso venga messo in atto a ovest di Kiev, lungo la direttrice Korosten/Zytomyr, o addirittura lungo quella Sarny/Rivne. In quella regione, le caratteristiche geografiche sono meno favorevoli rispetto al fronte meridionale: esistono rilievi orografici più alti – sebbene non si possa parlare di montagne -, fitti boschi e alcune zone acquitrinose. Soprattutto la rete stradale/ferroviaria è molto meno diffusa rispetto a sud, e sappiamo che le forze russe si appoggiano molto a entrambe. Le immagini della lunga colonna di rifornimenti imbottigliata lungo la strada che dal confine bielorusso scendeva verso Kiev viste nel primo periodo di guerra dimostra quanto sia fondamentale avere la possibilità di staccarsi dalla rete stradale, o di avere una rete stradale adeguata al sostentamento delle truppe in avanzata. Questo però non ha impedito ai russi di attaccare lì all’inizio delle operazioni belliche.

Il terreno, spostandosi da Kiev verso il confine polacco, migliora leggermente per quanto riguarda le zone umide, pertanto è possibile che lo Stato maggiore russo decida di attaccare verso Rivne: un’offensiva in quella regione permetterebbe di tagliare un’importante linea di comunicazione sfruttata dai convogli di armamenti occidentali, inoltre, colpendo in profondità così a occidente, darebbe modo di scompaginare l’ordine di battaglia ucraino costringendolo sulla difensiva in un’area molto lontana dall’attuale fronte. Significherebbe dover far affluire rinforzi da altri settori, il che richiederebbe tempo, e anche renderli bersaglio degli attacchi missilistici russi.

D’altro canto è possibile che l’ammassamento di truppe in Bielorussia sia solo per tenere inchiodato l’esercito ucraino in quel settore proprio nel timore di un attacco, e addirittura potrebbe essere un diversivo per coprire un’azione condotta altrove.

Una nuova offensiva verso Kherson, però, è molto meno probabile, sebbene il fatto che la città sia stata lasciata per la maggior parte intatta, come dimostrano le immagini che ci sono giunte in questi giorni dai media occidentali, potrebbe significare che Mosca intenda recuperarne il controllo, anche in considerazione dell’esito del referendum farsa che ha posto l’oblast giuridicamente nella Federazione Russa: riconquistare Kherson porterebbe un vantaggio sul fronte interno non indifferente e parimenti allontanerebbe l’attività ucraina dalla Crimea, consolidando il fronte lungo la foce dello Dnepr e quindi permettendo il controllo di tutto quanto naviga in quell’arteria fluviale importante.

Cruciale sarà il fattore tempo: chi riuscirà a imbastire un attacco in forze per primo, costringerà forzatamente l’avversario sulla difensiva, disgregandone i piani o costringendolo a rivederli profondamente.

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