Una “guerra delle spie”, con i servizi russi in lotta tra loro? O un’accurata operazione di infowar ucraina mediata da Mykhalio Podolyak e dagli altri uomini della “guerra ombra” di Kiev combattuta dalle dai servizi segreti? Oppure ancora, un’iniziativa autonoma di alcuni fautori di un’accelerazione della fine del conflitto? O una convergenza di questi tre fattori? Il caso delle lettere della presunta “talpa” del Fsb, il servizio di intelligence interna, che si fa chiamare “Winds of Change” e scrive regolarmente al dissidente russo Vladimir Osechkin è oltremodo complesso. Quello della più recente di queste missive a dir poco ombroso.
Addirittura, nel penultimo dispaccio arrivato a Osechkin e diffuso sui social (dove l’hashtag #FSBLetters impazza tra gli addetti ai lavori) si rivelano notizie esplosive: i servizi segreti russi sarebbero pronti a far naufragare la guerra di Vladimir Putin ritenendo un disastro una nuova offensiva su Kiev via Bielorussia nel 2023. “I militari capiscono che i negoziati saranno comunque un disastro per i generali, che hanno fallito nei loro compiti”, si legge nel testo.
Il servizio segreto russo Fsb “ha ripetutamente considerato l’opzione di azioni offensive dalla Bielorussia” ma nonostante i suoi vertici siano convinti che si trasformerebbe in un fallimento – così “come non hanno frenato” sulla mobilitazione generale, impopolare ed inutile – non vi si opporrebbe per “consentire la rovina fino in fondo” di chi ha promosso la guerra contro l’Ucraina. “Il Servizio non ostacolerà i piani di attacco” attraverso la Bielorussia, perché “il fallimento di un’offensiva del genere sarà effettivamente il punto di non ritorno” nella resa dei conti a Mosca.
Il rischio? Addirittura quello di un collasso della Federazione Russa. Rivelazioni enormi, queste, e che necessitano di essere attivamente vagliate. Anche perché la lettera ha ricevuta pronta risposta da un nuovo messaggio di Winds of Change che sconfessa come non autentico il contenuto del precedente dispaccio e, anzi, sottolinea la “furbizia” di Aleksandr Lukashenko che sta “tenendo la Bielorussia fuori dalla guerra” e incassa un prestito miliardario dalla Russia dopo l’altro.
Il tema della doppia negazione è tipico nella storia dei servizi segreti. Chiunque abbia architettato l’operazione Winds of Change ha voluto inevitabilmente intorbidire le acque. E quel che è certo è che siamo di fronte a un classico esempio di dezinformatsya rivolto, però, contro bersagli russi.
Non abbiamo modo di sapere se Osechkin sia egli stesso parte attiva dell’operazione o se sia semplicemente un vettore informativo. Il 41enne “Snowden russo” è in esilio dal 2015: attivista russo per i diritti umani, Osechkin gestisce il sito web anti-corruzione Gulagu.net e negli anni ha fatto trapelare un grande archivio di documenti, foto e video con centinaia di casi di stupro e tortura di detenuti nelle carceri russe diretti da funzionari carcerari. Ad agosto ha subito un tentativo di assassinio a Biarritz, in Francia, da molti imputato a possibili operazioni compiute in territorio russo, e risulta ai primi posti della lista di “ricercati” del Cremino e di Vladimir Putin.
Quel che è certo è che complice la grande visibilità del sito di Osechkin si può pensare che, come minimo, l’intelligence alla base dell’operazione Winds of Change è desiderosa di sfruttare la cassa di risonanza della sua visibilità. Tendiamo, dal nostro punto di vista, a considerare ora come ora davvero residuale il caso di una vera talpa del Fsb che, se presente in Russia, avrebbe difficoltà notevoli a corrispondere e, invece, se distaccato all’estero avrebbe una visione parziale e incompleta, dunque non abbastanza significativa da giustificare la mossa.
1. Una sfida interna ai servizi
Restano le altre tre opzioni di cui parlavamo in apertura. La prima è quella della “guerra” interna ai servizi segreti russi. Non dimentichiamo che l’Fsb svolge operazioni di intelligence interna ma che al contempo, essendo l’erede del Kgb che aveva giurisdizione sull’intera Unione Sovietica, tramite il Quinto Servizio ha ereditato la competenza sull’ex impero comunista. Dunque nella raccolta informativa precedente la guerra fu l’Fsb, tramite il Quinto Servizio, a portare acqua al mulino di Vladimir Putin, mentre al contempo l’Svr, l’intelligence estera, e il suo capo Sergey Naryskhin si sono posizionati su posizioni più cautelative.
Ebbene, nella “guerra delle spie” interna a Mosca segnaliamo nelle ultime settimane una crescente ripresa di influenza dell’Svr: Naryskhin ha recentemente incontrato William Burns, ex ambasciatore a Mosca e direttore della Cia, a Ankara per negoziare le linee rosse tra Mosca e Washington. In questo caso, l’Svr caduto in disgrazia perché meno fedele alla linea potrebbe esser andato oltre l’immagine di Cassandra e aver operato per intossicare la fedeltà tra l’Fsb e la cerchia di potere putiniana, che il presidente russo ed ex direttore del serivizio interno ritiene granitica.
2. La cortina di fumo di Kiev
Seconda strada è quella del colpo ucraino attraverso un’intossicazione ambientale. L’Ucraina ha a sua volta un retaggio sovietico nella sua impostazione di intelligence, conosce i punti chiave delle strategie di disinformazione e soprattutto ha in questo caso un vantaggio emotivo: il sistema-Paese in ambito militare e di sicurezza nazionale combatte per un obiettivo chiaro, la resistenza bellica.
Ovviamente declinata dai decisori sotto diverse forme, dal congelamento del fronte alla vittoria totale, ma sicuramente con un minimo comune denominatore. Tra rischio purghe, assetti di potere futuri e nuovi rapporti di forza invece la leadership russa è meno compatta. E Winds of Change può contribuire a pungolarla nelle sue vulnerabilità seminando dubbi e sospetti.
3. La via per chiudere la guerra
Infine la terza ipotesi guarda all’operazione di allarme e negazione in prossimità come a una via per accelerare la fine delle ostilità. Nelle lettere si legge di fatto più di un elemento capace d’essere campanello d’allarme: l’annuncio di un’offensiva (ovvero che la Russia è capace di andare fino in fondo) e la sua smentita (segno di fragilità), che sulla carta potrebbe rappresentare un’incertezza non solo per Mosca ma anche per Kiev. Al tempo stesso il richiamo alla “furbizia” di Lukashenko, memento per Putin ma anche per Volodymyr Zelensky che sa di non aver nell’astuto leader di Minsk un nemico non irriducibile come il leader del Cremlino.
Un invito a pensare a Lukashenko come al mediatore a sorpresa? Chissà. Ma sicuramente tra le righe delle lettere si può leggere anche un invito a fermare le ostilità proprio in virtù dell’enorme incertezza che le contraddistingue. E qui la mano potrebbe essere di chiunque: talpe russe, solisti ucraini o, perché no, sofisticati servizi occidentali. La guerra delle spie è a frattali. Noi non possiamo conoscere la verità assoluta dei fatti che mettono l’intelligence davanti all’opinione pubblica. Possiamo però provare a navigare nella complessità del mondo delle spie. E ricordare che spesso è dalle iniziative di agenti e apparati che partono le grandi manovre politiche.