Fog of war. La “nebbia di guerra” che avvolge il campo di battaglia e non permette di avere informazioni precise sull’avversario. In senso lato questa nebbia avvolge tutto quello che riguarda i belligeranti, che nel momento dello scoppio del conflitto si adoperano in una propaganda finalizzata a esagerare le perdite avversarie e ridimensionare le proprie, oltre a cercare di inquinare la narrazione generale della guerra, sue motivazioni incluse.
Una metodologia che si è sempre usata, sia per galvanizzare il fronte interno, sia per minare il sostegno alle operazioni militari dell’opinione pubblica avversaria, ma anche per cercare consenso tra la popolazione di Paesi alleati e partner, che in un regime di governo democratico ha un peso non indifferente nelle decisioni politiche.
La guerra in Ucraina è appena entrata nel suo 100esimo giorno, e in Occidente, in Europa, ci siamo profusi in analisi e dissertazioni sulle operazioni belliche russe soffermandoci su tattiche, errori, obiettivi e sul conteggio delle perdite di uomini e mezzi. Un atteggiamento scaturito, negli analisti, non da una presunta necessità di sminuire la forza delle forze armate di Mosca per questioni di propaganda antirussa, ma proprio a causa dell’andamento stesso delle operazioni il cui esito ha sorpreso i più, sebbene tra coloro che hanno attentamente osservato gli strumenti militari della Russia e dell’Ucraina nel corso degli anni (del resto questo conflitto perdura, se pur in modo diverso, dal 2014) ci sia stato qualcuno che timidamente aveva affermato che l’esercito russo non avrebbe avuto vita facile in caso di invasione.
Ci si aspettava una capitolazione piuttosto rapida dell’Ucraina, anche nella convinzione che il “rullo compressore” russo avrebbe travolto le difese di Kiev, che qualitativamente non erano all’altezza per contrastare un’offensiva in grande stile. Si pensava che il Thunder Run, termine anglosassone che si usa per indicare la tattica russa di inviare colonne corazzate velocemente in avanti, avrebbe avuto ragione dei reparti ucraini dopo una manciata di settimane, forse perché proprio noi occidentali, o meglio alcuni di noi, avevamo sopravvalutato l’efficienza dell’esercito russo e dei suoi Btg (Battalion Tactical Group), così come dei suoi sistemi d’arma.
In 100 giorni di guerra Mosca, a fronte della resistenza offerta dall’esercito ucraino, ha invece dovuto rimodulare i suoi obiettivi, pur sempre mantenendo saldamente l’iniziativa tattica: da un’azione su Kiev/Chernihiv alla ritirata, da un’azione verso Dnipro da Kharkiv a un arretramento per concentrarsi sul Donbass prima e sul saliente di Severodonetsk poi, da una puntata verso Mykolaiv per cercare di raggiungere Odessa a un più saggio arroccamento con guadagno di profondità territoriale da Kherson verso l’entroterra lungo la sponda occidentale del fiume Dnepr.
Una guerra che ha mostrato errori, sottovalutazioni e problematiche strutturali dei russi, ma anche errori e problematiche degli ucraini, spesso e volentieri dimenticati nella narrazione del conflitto: del resto, come in ogni guerra, le operazioni belliche non vanno quasi mai nel modo in cui vengono pensate.
Presi dall’analisi del warfighting russo, dicevamo, ci siamo dimenticati di dare spazio alle perdite ucraine. Perdite che in un conflitto d’attrito tra due attori caratterizzati da un potenziale bellico molto differente, diventano fondamentali per prefigurarne l’esito finale. Kiev, costretta sulla difensiva proprio per la differenza di potenziale bellico, recentemente ha cambiato parte della sua narrazione di propaganda, dapprima ammettendo che la situazione nel saliente di Severodonetsk, dove i russi avanzano lentamente ma costantemente, è “estremamente negativa”, poi affermando che la Russia ha il controllo del 20% del Paese (comprendendo qui territori occupati dal 2014).
Conteggiare le perdite diventa difficile in una guerra dove la propaganda di ambo le parti, come detto, si adopera per distorcerne l’entità numerica, esiste però la possibilità di farsene un’idea affidandosi ad alcune fonti Osint (Open Source Intelligence) che considerano solo quelle effettivamente confermate.
Sfruttando queste fonti possiamo quindi stimare l’ordine di grandezza dei mezzi che l’Ucraina ha perso durante questi primi 100 giorni di guerra, che ammontano a 1122 di vario tipo. In dettaglio l’esercito di Kiev ha perso 187 Mbt (Main Battle Tank), 130 Ifv (Infantry Fighting Vehicle), 65 Apc (Armoured Personnel Carrier), 118 altri veicoli per la fanteria, posti comando o del genio, 31 pezzi di artiglieria trainata e 38 semoventi, 19 Mlrs (Multiple Launch Rocket System), 44 veicoli di sistemi missilistici antiaerei, 25 aerei ed 11 elicotteri che vanno ad aggiungersi a 19 Uav (Unmanned Air Vehicle), 18 unità navali (tra cui l’unica fregata classe Krivak III), ma soprattutto 295 mezzi di trasporto come jeep e camion.
Stimare le perdite umane, se possibile, è ancora più difficile ma possiamo fare delle considerazioni mettendo in rapporto la consistenza delle unità (Brigate, Battaglioni, Reggimenti) e il numero di feriti/prigionieri confermato nonché assumendo, ad esempio, che per ciascun Mbt perduto ci siano molto probabilmente 2,5 uomini che hanno subito la stessa sorte in quanto un carro armato di fabbricazione russa ha tre membri di equipaggio e il numero di carri distrutti/catturati (quindi con personale andato perduto) rappresenta la maggior parte delle perdite (176). Questo ragionamento può essere generalmente applicato anche agli altri veicoli distrutti/catturati ma con un coefficiente maggiore per gli Apc/Aifv (4,5) e minore per jeep, camion (1,5). Così facendo le perdite del personale dei mezzi ucraini ammonterebbe a circa 2800 unità (per difetto), a cui però bisogna aggiungere quelle della fanteria. Qui la stima è molto più difficile ma ci può venire in aiuto quanto visto durante l’assedio di Mariupol e altre fonti aperte. Per quanto riguarda la città recentemente conquistata sappiamo che era difesa, al culmine dell’assedio di Azovstal ad aprile, da una brigata di fanteria di marina, una di fanteria e un battaglione leggero. Orientativamente, quindi, se si trattasse di unità al minimo completo, staremmo parlando di circa 9500 uomini, ma probabilmente questo numero va ridotto di almeno un terzo.
La Russia ha dichiarato di aver catturato 3800 prigionieri durante tutto l’assedio della città sino alla sua conclusione, permettendo quindi di calcolare le perdite in vite umane intorno al 40% della forza originale (calcolata su 6400 uomini). Considerando che altre unità, in altri settori del fronte, hanno subito un vero e proprio annichilamento, ma che si tratta di eventi sporadici stante il ritiro ucraino là dove l’avanzata russa è più vigorosa possiamo quindi considerare valida questa percentuale anche ricordando che lo stesso governo di Kiev, recentemente, ha affermato che l’esercito ucraino perde tra i 60 e i 100 soldati ogni giorno insieme a 500 feriti.
Possiamo quindi stimare le perdite umane ucraine dall’inizio del conflitto comprese tra i 5500 e gli 11mila uomini, a cui si devono sommare circa 18mila feriti. Nonostante l’Ucraina abbia avviato una mobilitazione generale da tempo, arrivando quindi a poter mettere in campo 200mila uomini in servizio attivo (e 900mila della riserva), questo rateo di perdite diventerà insostenibile dal punto di vista del fronte interno, pertanto in un conflitto di lungo periodo con la Russia, Kiev, se non adeguatamente sostenuta militarmente sarà costretta a richiedere una tregua, considerando che il sostegno occidentale ha delle implicazioni politiche che vanno ponderate con molta attenzione e soprattutto esso va incontro a difficoltà logistiche non indifferenti, che comunque potrebbero renderlo vano ai fini dell’arretramento russo, ma pur sempre efficace per far arrivare l’Ucraina a un tavolo di trattative, se non da una condizione di forza, almeno da Paese che non si è arreso incondizionatamente.