Il rafforzamento del dispositivo militare della Nato in Europa ha la finalità di “smantellare” l’alleanza militare tra Russia e Bielorussia. Ad affermarlo è stato il generale Andrei Kartapolov, viceministro della Difesa e capo della direzione politico-militare delle forze armate della Federazione Russa.
“La Nato continua a sviluppare il suo potenziale militare e l’attività in Europa. Il dispiegamento degli assetti militari dell’Alleanza Atlantica nei Paesi Baltici viene fatto a un ritmo accelerato. L’obiettivo principale dell’espansione dell’attività militare è quello di smantellare l’alleanza militare tra Bielorussia e Russia”, sono state le parole di Kartapolov al consiglio della Federazione durante la sessione plenaria del settimo forum delle Regioni di Bielorussia e Russia.
Il generale Kartapolov ha anche affermato che le Forze Armate di Mosca adempiranno i compiti di protezione degli interessi e dei popoli dell’Unione Statale di Russia e Bielorussia. “In conclusione, vorrei dire che le Forze Armate della Federazione Russa, fedeli agli obblighi presi con gli alleati, adempiranno a tutti i compiti fissati per proteggere gli interessi dei nostri popoli e garantire la sicurezza dell’Unione Statale in qualsiasi condizione” ha detto il generale.
Sempre secondo Kartapolov, stante le attuali condizioni politico-militari, che definisce “seriamente complicate”, è imperativo che ci sia un’efficace interazione tra i dipartimenti della Difesa dei due Paesi.
La mossa russa per contrastare quello che viene visto come un pericoloso spiegamento di truppe vicino ai confini di Russia e Bielorussia, è adottare “misure di ritorsione” che prevedono principalmente un aumentato livello di prontezza operativa ottenibile tramite continue esercitazioni: un anno fa era stata effettuata “Union Shield-2019”, mentre le manovre “Fratellanza Slava” (Slavic Brotherhood), a cui hanno preso parte truppe russe e forze per operazioni speciali bielorusse sono terminate da poco. Eccezionalmente quest’anno la Serbia, che solitamente ha sempre partecipato a “Fratellanza Slava”, non ha partecipato: il presidente Vucic ha deciso di sospendere per sei mesi ogni partecipazione a manovre militari come da richiesta dell’Unione Europea.
Il generale ha anche fatto notare il maggiore coinvolgimento delle truppe di Minsk alle manovre congiunte russe: personale militare della Bielorussia ha infatti preso parte alle esercitazioni “Kavkaz-2020” (Caucaso-2020) che hanno anche visto la presenza, a sorpresa, di unità navali iraniane impiegate nel Mar Caspio, sottolineando la vicinanza di Mosca a Teheran, mentre in ottobre si terrà un’altra esercitazione “Fratellanza indistruttibile” che si svolgerà sul territorio bielorusso. “Come affermato dai leader dei nostri Stati, Russia e Bielorussia continueranno la cooperazione in ambito militare. Intendiamo svolgere la maggior parte delle attività congiunte previste per quest’anno. Inoltre, sono in corso lavori per migliorare l’addestramento congiunto delle nostre forze armate per il 2021 e gli anni successivi”.
Sono parole pesanti quelle del generale, motivate da quanto sta succedendo ai confini di Russia e Bielorussia. Nei Paesi Baltici, ma ancora di più in Polonia, la Nato sta spostando truppe e assetti militari con la seria possibilità che diventino stanziali, costringendo quindi Mosca a prendere provvedimenti per bilanciare le forze sul campo. A tutti gli effetti, però, la necessità degli Stati Uniti, prima che dell’Alleanza Atlantica, di aumentare la propria presenza in Europa Orientale è dovuta alla richiesta stessa di maggiore sicurezza da parte degli Stati est europei, che si sentono minacciati dalla Russia soprattutto per via degli avvenimenti che hanno provocato l’annessione della Crimea nella Federazione nel 2014.
A Varsavia, in particolare, si respira un’aria che è quasi russofoba: per il governo polacco la prima minaccia esistenziale è la Russia, e pertanto ha avviato un programma di riarmo che prevede anche l’apertura di nuove basi per i soldati americani e della Nato. Del resto il timore non è del tutto infondato: nell’exclave russa di Kaliningrad, sul Baltico, i sistemi d’arma schierati da Mosca hanno permesso di trasformare quella provincia in una vera e propria bolla A2/AD con possibilità offensive non indifferenti date dai missili balistici a corto raggio Iskander ivi collocati, che sono in grado di colpire buona parte del territorio polacco.
La stessa Bielorussia è ai ferri corti con la Polonia, che è stata ripetutamente accusata di essere la regista occulta delle sommosse di piazza che sono nate dopo le elezioni presidenziali dello scorso agosto. In tutto questo l’Unione europea non brilla per volontà di pacificazione quando afferma che il giuramento di Lukashenko, avvenuto in fretta e furia e di nascosto, “manca di qualsiasi legittimazione democratica” e che “non riconosce i risultati falsificati delle elezioni”.
La posizione di dura opposizione a Minsk tenuta dall’Occidente, non ha fatto altro che rafforzare i legami, che riteniamo comunque giudicati scomodi da Mosca, tra Bielorussia e Russia: non è un segreto che Lukashenko abbia guardato, nel passato anche recente, con vivo interesse alla Nato, facendo nascere più di un mal di testa al Cremlino.
Le sommosse popolari, giudicate eterodirette dalla Bielorussia, pertanto hanno fatto da collante per ricomporre la frattura tra i due governi, e lo spostamento, legittimo, di uomini e mezzi in Polonia e Paesi Baltici non ha fatto altro che generare ulteriori occasioni di proclami propagandistici come quello del generale Kartapolov.
Il fronte dell’Europa Orientale si scalda ulteriormente dopo che, nelle ultime settimane, abbiamo assistito, da ambo le parti, a movimenti di navi e velivoli militari che per intensità ricordano molto quanto avveniva durante la Guerra Fredda.