Guerra /

Bala Murghab è una cittadina nell’omonima valle, della provincia di Badghis nell’Afghanistan nord-occidentale, situata sul fiume Murghab, ed è il più grande centro abitato del distretto amministrativo, che conta una popolazione di 109mila abitanti.

La provincia di Baghdis si estende per circa 23mila chilometri quadrati – quanto la Lombardia, per dare un termine di paragone -, mentre quella di Herat ne misura 54700. In totale l’Rc (Regional Command) West, uno dei settori in cui è stato diviso l’Afghanistan dalla Coalizione della Nato da quando è intervenuta nel conflitto cominciato nel 2001, occupa una superficie di 162mila chilometri quadrati aggiungendo, alle già citate province, quelle di Farah e di Ghor.

Le forze della coalizione in questa regione appartengono a Stati Uniti, Italia, Spagna e Lituania, e sovrintendono ai quattro distretti, ma il comando è italiano ed è situato a Herat.

Tra il 2008 e il 2010, nella valle di Bala Murghab, avvengono una serie di scontri armati coi talebani che impegnano duramente reparti italiani, statunitensi e afghani culminati in una serie di battaglie, avvenute tra luglio e novembre del 2009, tra le più cruente combattute dai nostri reparti in Afghansitan.


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La nostra storia comincia il 4 agosto del 2008, quando i baschi azzurri della terza Compagnia “Aquile” del 66esimo Reggimento aeromobile della Brigata “Friuli”, comandata dal capitano Massimiliano Spucches, occupa per la prima volta con un’operazione elitrasportata i ruderi dell’ex cotonificio cittadino, già base dell’Armata Rossa, poi trasformato nella Fob (Forward Operating Base) “Columbus” dagli spagnoli.

Questa azione si inquadra nella decisione, presa dal contingente spagnolo nel 2006, di recarsi nella valle per ricostruire un ponte fatiscente che rende successivamente necessaria la costituzione di una “bolla di sicurezza” da allargare ai villaggi della valle, pertanto vengono costruiti sulle colline circostanti oltre due dozzine di avamposti per contrastare l’attività dei “insorgenti”.

Tornando al contingente italiano impegnato in quest’azione, tra maggio e giugno del 2009 la Brigata Folgore invia unità del 183esimo Reggimento paracadutisti “Nembo” per rilevare un reparto del Genio spagnolo a Bala Murghab, ma nel corso del tempo l’Esercito impegna nella valle, a rotazione, elementi del 151esimo Reggimento Fanteria della Brigata Sassari, del Secondo e Ottavo Reggimento Alpini rispettivamente delle Brigate Taurinense e Julia.

L’arrivo dei soldati italiani, insieme a elementi di una squadra di addestramento dell’esercito americano, agli spagnoli e a unità dell’esercito nazionale afghano (Ana), scatena la prima furente battaglia: sono tre giorni d’inferno, quelli del 5, 6 e 7 agosto 2008, quando i talebani tentano, senza riuscirci, di spazzare via l’avamposto “Columbus”. Una novantina di fucilieri della Friuli difendono le mura dell’ex cotonificio e la prima battaglia di Bala Murghab si conclude con due soldati afghani e uno statunitense uccisi dai talebani. I feriti ammontano a una dozzina di soldati dell’Ana e diversi statunitensi.

Gli scontri continuano sporadici per mesi: le truppe della coalizione riescono a farsi la prima doccia a febbraio dell'anno successivo, ma la situazione non è affatto destinata a stabilizzarsi. A luglio del 2009 la Task Force “Barbarian” statunitense (dell'82esima divisione aerotrasportata) arriva a Bala Murghab e si scatenano nuovi combattimenti coi talebani che vedono impegnati anche i parà della “Nembo” insieme all'esercito afghano, ma i nostri soldati combattono da tempo, perché gli scontri a fuoco, anche molto intenso, non sono mai del tutto cessati.

La situazione generale nella valle è precaria: quando arrivano gli statunitensi, che prendono il controllo a settembre della base della coalizione, le forze italiane e Usa, insieme ai loro compagni dell'esercito nazionale afgano, non possono avventurarsi oltre il bazar appena oltre il fiume senza prendere il fuoco nemico. “Erano come prigionieri nella Fob”, ha detto poi il generale Ziaratshah Abed, comandante della 201esima Brigata dell'Ana. Il fiume diventa così la linea di demarcazione, con le forze del governo dell'Afghanistan (e della Coalizione) a ovest, i talebani a est. La situazione degenera il 4 novembre.

Un aviorifornimento Usa sparge il carico su una vasta area intorno alla zona di sicurezza per il forte vento al suolo, e due soldati statunitensi impegnati nel tentativo di recupero di un pallet muoiono annegati nel fiume. Viene quindi organizzata una missione di recupero, in gergo “Hero Recovery”, e le forze della Coalizione vanno letteralmente a cozzare contro guerriglieri locali pashtun, dediti al narcotraffico per via della posizione geografica della valle.

Il fuoco nemico inchioda i soldati italiani e statunitensi insieme ai colleghi dell'Ana, e nei giorni successivi aumenta di intensità costringendoli a trincerarsi nell'avamposto. Il sei novembre avviene una tragedia nella tragedia: un cacciabombardiere Usa A-10, soprannominato “warthog” (facocero) per il suo aspetto sgraziato ma possente, colpisce per errore le truppe Usa e dell'Ana. Sono cinque i soldati statunitensi feriti gravemente mentre le forze afghane ne fanno registrare 23 insieme a cinque morti. Nonostante la resistenza degli “insorgenti” le forze della Coalizione riescono a stabilire un presidio in posizione strategica vicino al villaggio di Ludina.

La battaglia dura diversi giorni, e il corpo di uno dei soldati viene recuperato il 10 novembre mentre il secondo il 29. Lo slancio acquisito nell'operazione di recupero non si esaurisce: approfittando della minore intensità dei combattimenti il comando della Coalizione, consolidata la presenza a Bala Murghab e nei presidi vicini, organizza la “Operazione Buongiorno”.

Il 27 dicembre 2009, italiani e statunitensi, escono dal compound di Bala Murghab e riescono a impossessarsi di alcuni capisaldi da utilizzare per le operazioni successive volte a stabilizzare l'area e ad aprire al traffico la Ring Road – l'unica vera arteria stradale afghana – in quel tratto di 60 chilometri che non era sotto controllo della Coalizione.

Bisogna fare una precisazione: i nostri soldati, insieme agli afghani e agli statunitensi, durante tutti quei mesi – e quelli successivi – sono stati impegnati in combattimenti, più o meno violenti, praticamente tutti i giorni.

L'operazione è un successo, ma gli insorti cominciano immediatamente a contrattaccare gli avamposti, coadiuvati da guerriglieri giunti anche da province confinanti. I talebani non avevano mai visto questo tipo di offensiva e azioni aggressive da parte delle unità Isaf e Ana, e sono stati costretti a combattere durante il duro inverno afghano invece di essere a riposo per sperare di poter mantenere qualche forma di controllo sulla valle e sulle per loro vitali rotte del narcotraffico e contrabbando.

A luglio del 2010 si combatte la terza battaglia di Bala Murghab e sono i talebani a passare all'offensiva, trovandosi davanti gli Alpini della Taurinense. Questa volta tra i nostri soldati ci sono feriti.

Potremmo continuare la narrazione dei centinaia di episodi di scontri a fuoco avvenuti in quei mesi (diventati anni), a sottolineare, ancora una volta, l'intensità dei combattimenti in quella regione. L'inizio della fine, invece, si pone a settembre del 2012, quando la bandiera di guerra dell’Ottavo Reggimento Bersaglieri ha lasciato la Fob “Columbus”, cedendo le competenze della sicurezza a un battaglione di soldati afghani. Sappiamo poi com'è andata a finire: dopo 8 mesi dal ritiro, le forze armate e di sicurezza afghane controllavano solo un fazzoletto di terra nella valle, quel bazar da cui tutto era cominciato.

Sono stati anni in cui si è versato sangue, anche italiano ma soprattutto afghano, andati persi, come sappiamo dal tragico epilogo del ventennale conflitto in Afghanistan; anni in cui, però, i nostri soldati hanno vissuto e combattuto “shana ba shana”, spalla a spalla, coi militari dell'esercito di Kabul, condividendone le sorti e mangiando la stessa polvere di quella valle maledetta.





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