Il conflitto scatenato dall’invasione russa dell’Ucraina ha provocato la nascita di un fronte occidentale (ma non solo) di sostegno a Kiev.
Paesi europei, anche al di fuori della Nato come Svezia, Svizzera e Finlandia, insieme ad alcune nazioni dell’emisfero orientale come il Giappone, la Corea del Sud e l’Australia, si sono impegnati nel fornire all’Ucraina aiuti economici, umanitari e militari.
Dal punto di vista strettamente militare, il blocco dei Paesi che stanno fornendo equipaggiamento di vario tipo per l’esercito ucraino è rappresentato dalla quasi totalità delle nazioni appartenenti alla Nato con l’aggiunta di Svezia, Finlandia e Australia.
L’intervento dell’Italia
Anche l’Italia ha deciso di sostenere Kiev da questo punto di vista, e nel corso del conflitto ha inviato una serie di armamenti e relativo munizionamento (siamo al sesto pacchetto) di cui però non se ne conosce ufficialmente né la quantità né la tipologia eccezion fatta, come vedremo, per un particolare strumento bellico.
La decisione di non divulgare pubblicamente la lista degli equipaggiamenti ceduti all’Ucraina è in controtendenza rispetto alla strada percorsa da altri alleati della Nato come Francia, Germania, Regno Unito e ovviamente gli Stati Uniti. Va comunque notato che anche Washington, ad esempio, non rivela esattamente il tipo di tutti i sistemi inviati (si parla ad esempio di generici sistemi “anti-drone”), ma comunque si è scelto da subito di assottigliare il velo di segretezza che invece permane nel caso italiano.
Abbiamo già avuto modo di spiegare come l’aver posto il segreto sulla lista di armamenti, non significhi che il governo agisca unilateralmente: Palazzo Chigi ha la prerogativa di dare una classificazione ai suoi atti informandone però il Copasir, il Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica che esercita il controllo sull’operato dei servizi segreti italiani, che li ha in forma integrale. Il Copasir, quindi, esprime il proprio parere sui decreti del governo in materia, e in merito a questa questione li ha sempre trovati in linea con le “indicazioni” e gli “indirizzi dettati dal Parlamento”. È difficile spiegare la decisione di porre il segreto sulla lista degli armamenti inviati all’Ucraina: molto probabilmente si tratta di una decisione presa in funzione di una serie di considerazioni legate alla politica interna – in Italia esiste un fronte “pacifista” importante ereditato dai tempi della Guerra Fredda e rispondente alle stesse dinamiche internazionali – e per opportunità diplomatica, ma le vere ragioni ci sono ignote.
In un mondo, però, in cui la rivoluzione digitale ha generato la possibilità di setacciare il web alla ricerca di fonti non ufficiali, anche definibili Osint (Open Source Intelligence), è difficile celare la paternità di certi aiuti militari, se pur resti la possibilità di negazione plausibile.
Le informazioni che arrivano da Kiev
Quando non è stato il singolo osservatore civile a mettere in rete fotografie e video di equipaggiamenti diretti al fronte, o addirittura in azione, è stato lo stesso governo ucraino (o l’esercito) ad aver palesato l’aiuto italiano dal punto di vista militare con post sui social network a volte corredati da alcuni scatti o filmati: un caso in tal senso è rappresentato da un video del comando operativo occidentale ucraino in cui viene mostrato un camion militare Iveco trainante un obice FH-70 che sembra a tutti gli effetti di provenienza italiana.
Possiamo quindi stabilire una lista di massima degli armamenti italiani ceduti all’Ucraina solo tramite fonti aperte avendo cura di vagliarle attentamente per stabilirne l’attendibilità. Da esse abbiamo potuto capire che il nostro Paese ha fornito, oltre ai già citati obici trainati FH-70 da 155 millimetri, obici semoventi M-109 (si ritiene più di 20) e probabilmente anche 6 più moderni Pzh-2000. Sconosciuto, invece, è il numero dei Vtlm (Veicolo Tattico Leggero Multiruolo) “Lince” che vestono i colori dell’esercito ucraino, ma sempre da fonti Osint è evidente che i mezzi italiani siano al fronte. Risulta anche, da queste fonti aperte, che siano stati ceduti due Mlrs (Multiple Launch Rocket System) tipo M-270A1. Sconosciuta la quantità di equipaggiamento leggero rappresentato da mitragliatrici Mg 42/59, mortai da 120 millimetri, Atgm (Anti Tank Ground Missile) “Milan”, granate a razzo anticarro “Panzerfaust”, Manpads (Man Portable Air Defense System) “Stinger” e mitragliatrici pesanti Browning M2 insieme a relativo munizionamento, che si ritiene sian stato inviato nei primi mesi del conflitto.
Il ruolo degli Samp-T
L’unica deroga al velo di segretezza caduto sulla lista di armamenti è rappresentato dal sistema missilistico da difesa aerea Samp-T. Il nostro Paese ha reso noto che, congiuntamente con la Francia con la quale ne condividiamo la produzione e messa in servizio, una batteria mista di questo importante strumento difensivo verrà inviata in Ucraina nel prossimo futuro. La decisione di rendere nota questa particolare spedizione riteniamo sia stata presa proprio perché il Samp-T viene prodotto e utilizzato anche dalla Francia, che ha stabilito di non porre la segretezza sulla maggior parte dell’equipaggiamento militare (anche pesante) inviato in Ucraina.
Non trova alcun riscontro, nel momento in cui scriviamo, la ventilata possibilità che l’Italia possa cedere 5 cacciabombardieri all’aviazione ucraina, che parte della stampa nazionale ha indicato possano essere composti da Tornado e AMX. La notizia non è ancora stata smentita da Palazzo Chigi, ma il ministro degli Esteri Antonio Tajani da Bruxelles, dove si è tenuto il vertice ministeriale dell’Ue, ha riferito che “di caccia non se n’è parlato” aggiungendo che vede impossibile l’invio di velivoli italiani, pur restando possibilista sull’eventualità che l’Alleanza Atlantica in futuro possa decidere di inviare caccia, che potrebbero facilmente essere gli statunitensi F-16 che non sono più in dotazione alla nostra Aeronautica Militare.
Del resto la linea di cacciabombardieri dovrebbe essere unica per evitare le enormi difficoltà logistiche rappresentate dall’addestramento di piloti e personale di terra ucraini su velivoli occidentali di diverso tipo, addestramento che già per una sola tipologia di velivolo risulta essere molto impegnativo e lungo in quanto l’aviazione ucraina ha usato sempre solo caccia di fabbricazione sovietica/russa (molto diversi da quelli occidentali), e l’F-16 potrebbe essere il candidato migliore data la sua enorme disponibilità numerica.