La geopolitica attuale assume sempre più i connotati di quel sofismo esasperato che contrapponeva Eùbulide di Mileto ad Aristotele. Contraddittori incentrati su un’estrema eristica, volta alla sopraffazione dell’avversario, si comparano oggi all’agenda di alcune nazioni che sembrano sempre più impegnate alla destabilizzazione delle politiche altrui, più che alla costruzione di valori comuni.
Le preoccupazioni occidentali sulle armi tattiche di Mosca
I recenti avvenimenti di spionaggio in Italia scrivono l’ennesima pagina di guerra ibrida, che vede la svendita a buon prezzo della sicurezza nazionale e del continente europeo.
Le recenti operazioni ai confini ucraini, alcune manovre navali e la frenetica attività dello humint del Cremlino, accendono però i fari di Washington su probabili preoccupazioni russe inerenti alle capacità militari tattiche della Nato. A tal proposito The National Interest, pone subito l’attenzione sulle armi nucleari strategiche di Mosca, evidenziando l’accento sulla pericolosità della forza bellica del Cremlino che, dalla caduta dell’Unione Sovietica, conserva uno dei più grandi arsenali nucleari al mondo.
Il focus esamina le capacità della Marina russa, la cui potenza nucleare include sottomarini e unità navali munite di missili Kablir, sottomarini di classe Yasen e le fregate Admiral Gorshkov, classificandola addirittura la più grande al mondo. Inoltre osserva che la sua forza aerea consta del sistema ipersonico K-47M2 e bombardieri nucleari come quelli di classe Tu-22M3 e Tu-22M3M. Per non parlare della nuova generazione di bombardieri PAK-DA che sono considerati la punta dell’armamento tattico, soprattutto quando si congiungono ai micidiali sistemi missilistici Iskander-M.
Da un’analisi più ampia delle risorse aperte però, si evince che in realtà, al 1 marzo 2021, la Russia detenga solo 485 sistemi strategici dispiegati, 1.362 testate nucleari e 754 lanciatori strategici, che non sono neanche tutti operativi. Nuclear Threat Initiative riferisce inoltre che il patrimonio nucleare russo attuale è solo il 34% rispetto all’armamento della vecchia URSS, la quale prevedeva, al 2026, anche lo smantellamento di ulteriori parti di sistemi missilistici. In concomitanza con questo dato però, si evince che le nuove politiche di armamento, concernenti la triade nucleare, prevedono invece uno sviluppo nella produzione di missili ICBM. Inoltre quella di sistemi RS-24 Yars e due nuovi missili balistici intercontinentali: ovvero l’RS-26 Rubezh ed un missile alimentato da propellente liquido, chiamato Sarmat, di pronto impiego proprio per il 2021.
L’equiparazione alla Nato e l’ossessione ucraina di Mosca
Secondo quanto riportato da TASS le parole rilasciate da Putin a Sochi, l’11 Novembre del 2020, descrivevano chiaramente le intenzioni di Mosca di ampliare le capacità analitiche e operative dei sistemi di comando e controllo delle forze nucleari strategiche. Infatti il premier ha spiegato testualmente che la Russia ha modernizzato i centri di comando fissi e mobili e sviluppato le proprie abilità operative, compresa la fornitura d’informazioni, il monitoraggio e “l’analisi situazionale”. Sebbene queste parole abbiano alzato la tensione su possibili escalations, la testata Fas analizza però, chiaramente, le differenze della dottrina militare russa inerente alle armi tattiche strategiche nucleari dal 2009 ad oggi.
All’epoca, infatti, il capo del Consiglio di Sicurezza lasciò intendere che la Russia avrebbe avuto la possibilità di lanciare un “attacco nucleare preventivo” contro un aggressore, usando armi convenzionali in una guerra totale, regionale o anche locale. Oggi invece grazie anche al New Start Treaty, le politiche sono diverse e riportano che Mosca consideri il suo armamento solo un deterrente contro le possibili minacce, pubblicando addirittura, Il 2 giugno 2020, un rapporto sui “Principi fondamentali della politica statale della Federazione russa sulla deterrenza nucleare”.
Il potere di contraddittorio politico, attraverso le armi tattiche e strategiche, assume oggi un significato fondamentale e diverso rispetto al passato. Mosca, infatti, sembra aver imparato a sue spese questo punto, in quanto proprio la separazione di alcuni stati dalla Federazione Russa, ha sancito di fatto la fine del suo dominio. Infatti, sebbene tale aspetto è poco conosciuto, l’Ucraina è “la terza più grande riserva di armi nucleari” al mondo dopo la Russia e gli Stati Uniti e sebbene divenuta “nuclear weapon free” nel 1996, la sua esperienza nel settore e nella capacità tecnica dell’elaborazione del ciclo del combustibile, oltre al vasto programma di energia nucleare, potrebbero essere in realtà una delle motivazioni che alimentano “i timori” del Cremlino ad un’annessione di Kiev alla Nato.