Si tratterà, nei fatti, di un’operazione molto simile ad una di quelle lanciate negli anni precedenti nel nord della Siria. L’unica differenza è che, questa volta, scenario della missione non sarà il Paese arabo confinante, bensì la Libia. E in particolar modo quella Tripolitania che, oltre ad essere vicina geograficamente al nostro Paese, costituisce anche la regione al cui interno si celano i più importanti interessi italiani in nord Africa. Ecco, in sintesi, come si può presentare la missione che Erdogan sta lanciando in queste ore a sostegno del governo di Tripoli. Dopo il via libera formale del parlamento di Ankara dei giorni scorsi, il governo turco si appresta quindi ad iniziare l’avventura libica. Con tutte le conseguenze del caso sugli equilibri interni ed esterni al paese arabo.
L’invio di miliziani prelevati dalla Siria
Erdogan tra il 2016 ed il 2019 ha avviato tre diverse operazioni nel nord della Siria, con i curdi nel mirino in tutte le occasioni. La prima è iniziata un mese dopo il fallito golpe del 15 luglio 2016: il presidente turco, che ha abbandonato la linea occidentale e si è riavvicinato alla Russia, ha avuto da Mosca il sostanziale via libera per l’ingresso delle truppe di Ankara nell’area di Jarabulus ed Al Bab. A quell’operazione è stato dato il nome di “Scudo dell’Eufrate” ed ha avuto come obiettivo quello di evitare la continuità territoriale tra i cantoni di Afrin e Manbji, entrambi in mano ai curdi. Ma Erdogan in quell’occasione ha mostrato per la prima volta la propria strategia militare: usare sì l’esercito, ma solo come supporto a gruppi di milizie riunite nel cosiddetto Free Syrian Army (Fsa). Quest’ultima è una sigla riesumata proprio dai turchi: in principio indicava l’esercito composto dai cosiddetti “ribelli” anti Assad in Siria, successivamente però ha lasciato spazio a vere e proprie milizie jihadiste.
Molti gruppi che hanno poi composto l’Fsa, sono stati aiutati e finanziati dalla Turchia già dal 2011. Ankara ha quindi deciso di “riciclare” in funzione anti curda molte di quelle milizie che hanno combattuto contro l’esercito siriano, specialmente nella provincia di Idlib. All’operazione Scudo dell’Eufrate, ha fatto seguito quella denominata “Ramoscello d’Ulivo” avviata nel gennaio 2018. Obiettivo della missione era la conquista del cantone di Afrin, riuscita dopo mesi di battaglie. Anche in questo caso, l’esercito turco ha dato manforte ai gruppi filo islamisti supportati dalla Turchia. L’operazione più recente invece, è quella avviata nello scorso mese di ottobre contro le milizie curde Ypg nel nord della Siria. La missione, chiamata “Primavera di Pace“, ha visto l’invio di centinaia di miliziani filo islamisti vicini ad Ankara nella provincia di Al Hasakah.
Questo schema, come detto in precedenza, dovrebbe essere seguito anche in Libia. Già a fine dicembre, dopo la richiesta formale di aiuto militare inviata dal governo libico a quello turco, sono iniziata a circolare voci circa la presenza di miliziani siriani a Tripoli. L’esecutivo guidato da Al Sarraj ha seccamente smentito questa circostanza, ma nei giorni successivi da Ankara sono arrivate conferme: sono stati promessi circa 2.000 Dollari al mese a coloro che, dalla provincia siriana di Idlib (l’ultima ancora fuori dal controllo di Assad), andranno a combattere contro il generale Haftar in Libia. Conferme ufficiose e non ufficiali, provate anche da diversi video arrivati dalla capitale libica che mostrano combattenti siriani già pronti ad impugnare le armi nel paese nordafricano.
Da chi sono composte le milizie che combatteranno in Libia
Domenica, in un’intervista all’emittente Cnn Turk, Erdogan ha confermato l’invio delle proprie truppe in Libia: “Stanno arrivando in queste ore – ha dichiarato il presidente turco – Il nostro obiettivo sarà quello di sostenere la sopravvivenza di un governo legittimo”. Ma, proprio come accaduto nelle tre missioni sopra citate nel nord della Siria, al fianco delle truppe turche ci sono anche i miliziani stipendiati da Ankara. Dalla provincia di Idlib, in tanti tramite ponti aerei stanno raggiungendo Tripoli in queste ore. Sabato, nelle stesse ore in cui un missile ha provocato la strage dei giovani studenti dell’accademia militare a sud della capitale libica, l’aviazione di Haftar ha colpito più volte l’aeroporto di Mitiga. L’obiettivo sarebbero proprio i mezzi che hanno trasportato a Tripoli i miliziani filo turchi.
Molti gruppi supportati da Ankara hanno una linea islamista e jihadista. Alcuni di loro hanno anche combattuto sotto le insegne del Fronte Al Nusra, la filiale di Al Qaeda in Siria. Ed alcuni di loro, tra le altre cose, per la verità non sono nemmeno siriani: all’interno delle milizie, ci sono infatti anche uzbeki, uiguri, turcomanni, iracheni e non mancano foreign fighters partiti dall’Europa. Si tratta dunque di veri e propri mercenari al soldo di Erdogan, il quale li usa per consolidare la propria strategia politico/militare in tutta la regione mediorientale. Ed ora quelle stesse milizie che ad Idlib, come nelle regioni a maggioranza curda, non hanno esitato a compiere stragi e razzie, combatteranno a pochi chilometri da casa nostra.