A Kiev la neve ha iniziato già a fare capolino. Le temperature ben presto, nella capitale ucraina così come nel resto del Paese, sono destinate ad andare ben oltre sotto lo zero. Scenari a cui la popolazione è indubbiamente abituata. Ma che quest’anno rischiano di assumere una connotazione drammatica: manca infatti l’elettricità, non si possono azionare i riscaldamenti e vivere in queste condizioni è difficile se non in molti casi impossibile.
Gli ultimi bombardamenti russi hanno preso di mira le centrali elettriche e le principali infrastrutture energetiche. Raid mirati su obiettivi civili le cui conseguenze sono ben visibili anche nelle immagini satellitari, dove l’Ucraina appare al buio. E per evitare di patire il freddo, in milioni potrebbero spingersi verso l’Europa. Una conseguenza secondaria, ma non per questo non calcolata anche da chi al Cremlino decide le strategie militari. La guerra in Ucraina è, in gran parte, una guerra ibrida. E l’arma migratoria è una delle più importanti in questo senso.
L’allarme dell’intelligence per l’Europa
Già nei giorni scorsi specifici timori erano stati espressi dal ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto. Intervistato da Bruno Vespa a Porta a Porta, l’esponente del governo Meloni ha parlato di sette milioni di profughi attesi dall’Ucraina verso il Vecchio Continente. Una stima riguardante l’intera stagione autunnale e invernale. Da Bruxelles per adesso si guarda a un orizzonte temporale più contenuto. Si teme, in particolare, che da qui a Natale possano arrivare in Europa almeno tre milioni di profughi. Lo hanno sottolineato, come scritto su Repubblica da Fabio Tonacci, fonti di intelligence e funzionari europei.
A tremare, non dal freddo ma dalla preoccupazione di dover organizzare un imponente sistema di accoglienza, sono soprattutto i Paesi confinanti con l’Ucraina. A partire dalla Polonia. Varsavia già all’inizio del conflitto ha visto l’ingresso di milioni di profughi ucraini in fuga dai bombardamenti. Poi la guerra si è spostata più a est, con i russi in ritirata da Kiev e con l’esercito ucraino in grado di stabilizzare i fronti centrali e occidentali del Paese. E così in tanti sono ritornati in patria. Con il grande freddo però, ben presto gli scenari nelle principali città polacche potrebbero essere quelli visti tra febbraio e marzo.
Al momento la Polonia ospita 1.5 milioni di ucraini, la Repubblica Ceca 460mila, mentre un milione sono in Germania. L’Italia, già alle prese con l’incremento di sbarchi e con l’aumento di arrivi dalla rotta balcanica, è anch’essa in guardia. Il nostro Paese prima della guerra ospitava la più grande comunità ucraina presente in Europa e attualmente ha al proprio interno 173.456 profughi. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha espresso già nei giorni scorsi preoccupazione per un’eventuale nuova ondata migratoria dall’Ucraina. Il nostro sistema di accoglienza infatti, pressato da almeno due fronti, potrebbe non reggere l’onda d’urto.
L’attuale situazione in Ucraina
Attualmente però il nuovo esodo non è iniziato. Le guardie di frontiera dei Paesi Ue ed extra Ue confinanti con l’Ucraina non hanno riscontrato anomalie o numeri diversi dalla media negli attraversamenti dei confini. Questo però non ridimensiona la portata dell’allerta profughi per l’Europa. In questa fase sono in corso delle migrazioni interne al territorio ucraino. In particolare, il governo di Kiev sta procedendo con l’evacuazione da Kherson, città da poco ripresa sotto il proprio controllo, dei cittadini considerati più vulnerabili. E quindi anziani, famiglie con bambini o soggetti bisognosi di cure. Rimanere in una regione investita in pieno sia dalla guerra che dal freddo per loro è impossibile e ogni giorno in migliaia vengono allontanati con i treni e portati in città ritenute al momento più attrezzate.
Altri invece stanno abbandonando spontaneamente luoghi più vicini ai fronti di guerra nell’est e nel sud dell’Ucraina. La loro direzione è Kiev, Odessa, Leopoli e le province occidentali. Ma con un numero crescente di infrastrutture raggiunte dai raid, anche in queste zone l’erogazione di energia è discontinua e razionata e ben presto potrebbero arrivare blackout generalizzati. Dal canto suo, il presidente Zelensky ha promesso la riparazione di parte dei danni e l’istituzione di centri dove erogare, grazie anche a dei generatori, acqua ed energia. Ma è una corsa contro il tempo che, se non affrontata in fretta, potrebbe far iniziare l’esodo ucraino già prima di dicembre.
L’arma dei profughi in mano al Cremlino
La Russia ha iniziato a colpire le infrastrutture energetiche nei primi giorni di guerra. Ma è soltanto a ottobre che Mosca ha deliberatamente bombardato le centrali con l’unico scopo di spegnere l’Ucraina. Il 10 ottobre decine di missili hanno colpito numerosi siti strategici, nel giro di una settimana lo stesso governo di Kiev ha ammesso che il 30% delle infrastrutture energetiche è stato compromesso. Nei giorni seguenti, la situazione è peggiorata a causa di altri bombardamenti. Il tutto mentre l’esercito russo ha dovuto abbandonare decine di località a seguito dalla controffensiva ucraina.
Chiaro quindi come il Cremlino miri alle centrali con l’unico scopo di creare problemi logistici alle forze di difesa ucraine e agli stessi civili. Il possibile esodo della popolazione verso l’Europa è un effetto collaterale anch’esso probabilmente calcolato. La Russia è ben consapevole di come la pressione migratoria sia in grado potenzialmente di destabilizzare il Vecchio Continente. E, di conseguenza, di scalfire l’appoggio incondizionato all’Ucraina.