Guerra /

Nel ventesimo anniversario dell’11 settembre, il mondo continua a cambiare e di certo non in meglio. Tutti noi, al solo ricordo di quell’aereo che si schiantava contro la Torre Nord del World Trade Center, continuiamo a rivivere le stesse sensazioni agghiaccianti provate quel giorno. Adesso, dopo la caduta di Kabul il 15 agosto, seguita dal silenzio di tutti i governi circa il futuro dell’Afghanistan, ci ritroviamo ancora una volta a sentire quella sensazione di amarezza e sconforto alla bocca dello stomaco.

“Il nostro futuro si è sgretolato come un castello di sabbia in un paio di giorni”, ha detto Fawzia Koofi, unica donna della delegazione che ha negoziato con i talebani e ha deciso di affrontare l’argomento durante il simposio “Afghanistan, i talebani e il futuro” tenutosi a Roma, Villa Malta il 10 settembre, parlando della caduta di Kabul. Ora che il 20° anniversario dell’11 settembre è passato, è arrivato il momento di concentrarci sui giorni presenti per evitare che eventi drammatici si ripetano ancora.

Il nuovo “governo” Talebano

Il gruppo terroristico talebano ha già annunciato la propria lista di ministri per il governo provvisorio dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan, un governo che non si fonda però su una vera base giuridica. Gli accordi di Doha infatti, sono stati firmati solo dagli Stati Uniti e da un gruppo terrorista, rendendo perciò l’effettiva consegna di Kabul ai talebani illegale sotto diversi e molteplici aspetti.  Il fatto che la legalità della firma e dell’attuazione degli accordi di Doha non sia stata contestata nei tribunali statunitensi e che i sostenitori afgani non abbiano fatto causa al governo degli Stati Uniti per aver creato le basi per la presa di possesso terroristica del loro paese senza l’impegno del loro governo eletto, risulta davvero sorprendente.

L’intera questione diventa ancora più “bizzarra” con le lotte intestine che hanno causato ritardi nell’annuncio della proclamazione di un nuovo governo. Il 15 agosto infatti Kabul è stata invasa e occupata dai talebani, ma ci sono volute più di tre settimane per nominare un governo provvisorio. Il leader supremo, il mullah Hibatullah Akhunzada, è stato molto silenzioso a riguardo, e Ayman Zawhiri (che si diceva fosse morto) è miracolosamente riapparso in un video messaggio nel 20° anniversario dell’11 settembre.

Una volta che le forze Usa e i suoi alleati hanno lasciato Kabul il 31 agosto, ci si sarebbe aspettata l’apparizione di Akhunzada durante le preghiere del venerdì in una moschea di Kandahar. Col passare del tempo però, l’assenza di Akhunzada dalla scena accredita le voci secondo il quale sia morto già da un po’.

Loya Paktiya e Loy Kandahar, un deficit di leadership

L’Afghanistan presenta molte etnie e diversità religiose, ma la maggioranza è pashtun (48%). I talebani sono formati da un insieme di diversi rami di clan pashtun (ci sono anche alcuni tagiki e altre etnie) ma il potere, è diviso tra quelli che hanno origine nella grande regione di Kandahar (Loya Kandahar) e la rete Haqqani che ha origine nella Loya Paktiya.

Entrambe queste regioni si estendono dall’Afghanistan al Pakistan, attraversando la linea Durand.  Questa divisione fu il risultato di un accordo tra l’ex impero britannico che agiva attraverso Mortimer Durand e Abdur Rahman Khan, l’emiro afgano, per definire il limite del loro commercio e dell’influenza legale nel 1893. La linea Durand divide i pashtun tra i due Paesi ed è sempre stata un pomo della discordia tra le due parti. Il Pakistan considera la linea il suo confine internazionale, ma i leader afgani sentono ancora il dispiacere dato da quella divisione di “Pashtunistan”.

Mentre gli attuali talebani sono originari di Kandahar, la rete Haqqani proviene dal territorio di Paktiya ed è controllata dal Pakistan. I leader kandahari come il Mullah Omar, Abdul Ghani Baradar, non simpatizzano per l’ISI (il servizio segreto pakistano, che è stato finora il loro più grande benefattore), al contrario, l’ISI, detiene il controllo degli Haqqani e vuole al contempo che diventino i protagonisti del nuovo governo afgano. Mentre i kandahari sono nazionalisti e sarebbero forse disposti a trovare accordi pacifici e a creare un governo inclusivo con altre etnie afgane, gli Haqqani sono wahabiti, estremisti e sin dall’inizio i più grandi sostenitori dell’ISIS-K, Al Qaeda e altri gruppi terroristici. 

Il Ruolo dei Punjabi che guidano l’ISI e altri conflitti interni

L’ISI, servizio segreto Pakistano guidato prevalentemente  dai punjabi, ha comandato finora, avendo protetto la maggior parte dei leader talebani in esilio dal 2001. I legami dell’ISI con i talebani iniziano fin dall’occupazione sovietica, quando tutti i mujahiddin venivano addestrati in Pakistan.

I pashtun del Kandahar hanno sempre avuto la peggio, molti di loro hanno passato gran parte della loro vita nelle prigioni pakistane dopo l’inizio della “Guerra del terrore” in 2001.  Dopo la caduta di Kabul, mentre tutte le fazioni stavano decidendo la struttura del nuovo Emirato Islamico dell’Afghanistan, invece del loro leader supremo Mullah Akhunzada, ad apparire è stato il capo etnico Punjabi dell’ISI, il tenente generale Faiz Hameed.

Mentre generalmente i capi dei servizi segreti non si fanno beccare sul fatto dalla stampa, questa volta il gen. Hameed è stato filmato, en passant, e si e lasciato intervistare spontaneamente da un giornalista occidentale mentre sorseggiava un caffè nella hall del Kabul Serena, lanciando un chiaro segnale ai pashtun e al mondo su chi ora si trovasse al comando. Questa ingerenza etnica punjabi nelle questioni pashtun non andrà bene a lungo termine, essendo i pashtun un popolo fortemente orgoglioso e ormai stufo, dopo 30 anni, delle diktat dell’ISI.

Grazie alla visita del gen. Hameed, nei giorni successivi è stato annunciato un governo gestito da Haqqani con Mohamed Akhund come primo ministro designato. Akhund, uno studioso religioso che è stato responsabile della distruzione dei Buddha di Bamiyan, è relativamente di poco peso in quanto non ha alcuna esperienza militare né una milizia che lo appoggia.

L’ampiamente quotato Mullah Ghani Baradar, che ci si aspettava guidasse il governo, sempre di Kandahar, è stato nominato vice primo ministro. Gli Haqqani hanno il ministero dell’Interno e dell’intelligence. Questo dà loro il controllo di tutti i cittadini stranieri ancora bloccati a Kabul così come degli alleati afgani ed essenzialmente della sicurezza interna del paese. Il giovane e inesperto Mullah Yakoub, figlio del Mullah Omar, è stato nominato ministro della Difesa, facendo pendere la bilancia del governo verso gli estremisti e verso il Pakistan.

A Kabul girano voci che il mullah Baradar sia stato ferito o ucciso in uno scontro tra gli Haqqani e i Kandahari. Nell’incontro con uno dei loro principali sponsor, il vice primo ministro del Qatar, l’assenza dei Kandahari era ormai evidente. Tranne il primo ministro designato infatti, l’assenza del Mullah Baradar e del Mullah Yakoub andava a sottolineare le linee di faglia in Afghanistan. Mentre il Pakistan ha avuto il suo momento di gloria, sembra che l’intera struttura talebana sia in attesa di implodere a causa della mancanza di leadership e del tentativo dell’ISI guidato dai Punjabi di controllare i Pashtun.

I vari esiti possibili

Vi è il sentore di un conflitto interno tra gli Haqqani di Paktiya e i Kandahari per il controllo dell’Afghanistan, anche se la missione del Qatar sembra stia cercando di mediare la situazione. La visita del tenente generale Hameed sembra aver solo complicato il conflitto, nel frattempo infatti il Pakistan cerca di imporre un governo nel neo emirato islamico. Se le notizie sulla morte del Mullah Akhunzada e di Baradar sono vere, i Kandahari si ritrovano senza una forte leadership, sottoponendo l’Afghanistan al dominio coloniale diretto imposto dal Pakistan.

Dall’esperienza passata con il Bangladesh, si evince che il potenziale risultato di questa situazione sarà una guerra civile tra le varie fazioni talebane per la supremazia, un conflitto che rischierà di riversarsi in Pakistan con il TTP (Tehreek-e-Taliban Pakistan), che ha dichiarato fermamente guerra contro il loro Stato. Ci sono diversi movimenti nazionalisti Baloch e Pashtun nello stesso Pakistan che aspettano l’occasione giusta per affermarsi, la paura è che si rischia di precipitare in una guerra civile in un paese che è una potenza nucleare, mettendo in pericolo il mondo intero. Il caos dovrà essere evitato ad ogni costo.

Panjshir e un governo provvisorio in esilio

La migliore strategia per la comunità internazionale e per gli afghani che ancora credono in una Repubblica Islamica dell’Afghanistan (mIRA) moderata, è la formazione di un governo in esilio guidato formalmente da Amrullah Saleh. Anche se Saleh è stato contaminato dalla sua associazione con Ashraf Ghani, l’articolo 60 della costituzione gli dà ancora il potere di agire come presidente ad interim, visto che Ghani ha abbandonato formalmente il suo ruolo.

La maggior parte delle ambasciate, dei diplomatici, dei burocrati e della struttura dell’Afghanistan creata negli ultimi 20 anni sosterrebbe un tale governo in esilio, che se appoggiato a livello internazionale ha sia la trazione che i mezzi per negoziare direttamente con i talebani. Il pericolo, altrimenti, è quello di non prendere una posizione dopo che il gen. Hameed ha brillantemente acceso la miccia di una nuova guerra civile afghano-pashtun con la speranza che il Pakistan possa trarne profitto. Spesso coloro che giocano con il fuoco per bruciare la casa dei loro vicini, finiscono per bruciare se stessi nel processo.





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