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Con una cerimonia ufficiale tenutasi presso gli stabilimenti della Dassault di Merignac (Bordeaux), il governo indiano ha preso in carica, nella giornata di martedì 8 ottobre, il primo caccia di un lotto composto da 36 Rafale che saranno consegnati alla Iaf (Indian Air Force) a partire dal maggio del 2020.

La cerimonia è stata presenziata dal ministro della Difesa indiano Rajnath Singh, che si fermerà in Francia per discutere, col suo omologo francese Florence Parly e col presidente Macron, di una serie di “aspetti chiave della collaborazione bilaterale nel campo della Difesa e per continuare sulla strada del rinsaldamento dei legami tra i due Paesi”.

Il contratto per la fornitura dei Rafale all’India è stato siglato il 26 settembre del 2016 dagli allora ministri della Difesa Le Drian e Parrikar e prevede una spesa complessiva, per tutti i 36 velivoli, di circa 7,87 miliardi di euro (a fronte di una richiesta iniziale francese di 12,27 miliardi).

Il contratto prevede una soluzione “chiavi in mano”: tre gruppi di piloti e ingegneri indiani saranno addestrati in Francia (attualmente 3 piloti e due tecnici sono già stati formati) per poter operare col Rafale. Contestualmente l’accordo prevede una clausola secondo la quale le compagnie francesi che costruiscono il caccia devono trasferire parte della produzione (circa il 50%) in India coinvolgendo le industrie locali. La Dassault Reliance JV di Nagpur ha già avviato la costruzione del Rafale mentre la Thales, che provvede a fornire radar e componenti elettroniche, è già presente nella città indiana con uno stabilimento. La ditta costruttrice dei propulsori, la Safran, inaugurerà un nuovo impianto a Hyderabad.

La situazione dell’Aeronautica Indiana

Attualmente la linea di volo dei caccia della Iaf è composta da una flotta eterogenea di velivoli: sono presenti i russi Sukhoi Su-30MKI (la versione da esportazione del noto cacciabombardiere derivato dal Su-27), Mig-29, Mig-27, Mig-21, Dassault Mirage-2000 e Sepecat Jaguar.

L’India ha espresso la necessità di “svecchiare” la propria flotta di caccia nel 2015, quando il premier Narenda Modi ha affermato la necessità critica per l’aviazione di operare con nuovi velivoli in sostituzione dei vecchi Mig-21, Mig-27, Jaguar e Mirage-2000, con un occhio, nemmeno troppo velato, alla possibilità di bombardamento nucleare.

Da qui la scelta di acquistare i Rafale anche in considerazione della lunga tradizione aeronautica che lega Francia e India. Già nel 1957 furono acquistati 104 Dassault Mystere IV-A che sono rimasti operativi sino al 1973; nel 1960, per creare uno stormo imbarcato di velivoli Asw (Anti Submarine Warfare) e da ricognizione per la portaerei Vikrant, si scelsero i Br-1050 Alize; nel 1978 è la volta dei Jaguar (nati da un consorzio anglofrancese) che furono acquistati in 120 esemplari e costruiti sotto licenza dalla Hindustan Aeronautics Limited (Hal); tra il 1982 e il 1986 arrivarono un totale di 52 Mirage-2000 nelle versioni monoposto (H) e biposto (TH).

Una linea di volo adeguata per le necessità indiane degli anni ’80 e ’90, ma che è diventata rapidamente obsoleta con l’ingresso in servizio dei cacciabombardieri più moderni a partire dagli anni 2000.

Gli altri concorrenti

Nonostante la spesa al supermercato dell’industria aeronautica francese, da sempre molto attiva nel campo delle esportazioni, l’India sta guardando con interesse ad altre soluzioni da affiancare ai Rafale recentemente acquisiti.

Sulla piazza ci sono gli Eurofighter Typhoon, gli svedesi Jas-39 Gripen, la serie “teen” americana composta da F-15, F-16 ed F-18, e naturalmente i russi della famiglia Su-27/Su-30 con un occhio di riguardo anche ai nuovi caccia di quinta generazione Su-57, che sono stati proposti a Nuova Delhi per il programma Fgfa (Fifth Generation Fighter Aircraft).

Risulta interessante sottolineare come le offerte dei diversi concorrenti abbiano un denominatore comune: la produzione su licenza, o comunque congiunta con le industri aeronautiche indiane, e la cessione di tecnologia.

Nello specifico la svedese Saab, che costruisce i Gripen, ha in previsione di tenere i primi contatti con le compagnie indiane per la definizione di un progetto di collaborazione per la costruzione e vendita dei suoi caccia a metà del mese di ottobre. Il contratto prevede la fornitura di 110 velivoli in forza del programma indiano Mrfa (Multi Role Fighter Aircraft), che ha portato all’acquisizione dei Rafale francesi, e a seguito di una prima Request for Information (Rfi) del governo indiano datata aprile 2018.

Gli svedesi, così come i francesi, dispongono già di un complesso industriale in situ: il Saab India Tech Centre (Sitc) di Hyderabad che, insieme all’indiana Tech Mahindra, si occuperà della costruzione dei Gripen nella versione E.

Anche gli americani non sono rimasti a guardare. La Lockheed è in trattativa per la fornitura di 114 F-16 – con un contratto del valore di 15 miliardi di dollari – con la proposta di spostare la produzione delle ali degli stessi in India, che così ne diventerebbe il fornitore globale. Il celeberrimo cacciabombardiere monoposto verrebbe costruito in una versione migliorata, denominata F-21. C’è in gara anche la Boeing che, parallelamente, si è offerta di costruire un nuovo impianto di produzione in India per gli F/A-18 Super Hornet con la promessa di cessione di tecnologia qualora Nuova Delhi dovesse decidere di impegnarsi in un cospicuo ordine di acquisto. In questo caso la possibile commessa è stata originata dalla necessità della Difesa indiana di aggiornare la propria componente imbarcata ad ala fissa, a seguito di una Rfi del 2017 per l’acquisto di 57 multi-role carrier-borne fighters, ma la possibilità che l’India decida di utilizzarli anche per compiti “terrestri” non è così lontana dalla realtà.

Un approfondimento merita la querelle sulla Russia e l’Fgfa. Il Su-57, ultimo nato del bureau Sukhoi, è stato più volte offerto come soluzione per le richieste indiane di un caccia di quinta generazione, ma non si è mai giunti ad un accordo definitivo per il rifiuto indiano.

L’India, infatti, si è ritirata nel 2018 dal progetto di sviluppo congiunto del Su-57 “indiano”, noto come Perspective Multi-role Figther (Pmf). Il progetto di cooperazione con la Sukhoi, avviato quasi una decade fa, avrebbe previsto la partecipazione dell’industria statale Hindustan Aeronautics Limited, ma Nuova Delhi si è ritirata in quanto Mosca ha rifiutato di condividere i codici sorgente del software che gestisce il caccia di quinta generazione russo, senza i quali la Iaf non sarebbe stata in grado di modificare e implementare il velivolo in futuro secondo le proprie esigenze.

La Russia è ancora in gioco per l’importante progetto di vendita del Su-57, che ad onor del vero non sta riscuotendo successo all’estero nonostante la nascita della sua versione da esportazione, la E. “Non abbiamo mai cancellato gli accordi col governo indiano. Il progetto per il caccia di quinta generazione è stato solamente ritardato dal lato indiano, non da quello russo” sono state le parole di Victor Kladov, direttore dell’ufficio di cooperazione regionale e internazionale della Rostec, il colosso di Stato russo che sovrintende alla vendita degli armamenti, durante il recente Maks, la fiera dell’aerospazio che si tiene ogni due anni a Mosca.

Se non verrà però trovata una soluzione per quanto riguarda gli accessi ai codici sorgente sarà molto difficile, se non impossibile, che l’India possa continuare su questa strada anche considerando che esistono altre alternative – forse anche più valide e convenienti – per dotarsi di un caccia di quinta generazione.

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