La Turchia ha lanciato l’operazione “Sorgente di pace” nel nordest della Siria con l’ingresso di truppe e mezzi militari che dovranno occupare una fascia di circa 30 chilometri a partire dal confine turco all’interno del territorio del Kurdistan siriano. L’operazione è volta a costituire una fascia di sicurezza per “eliminare i gruppi terroristi esistenti nella regione, specialmente Daesh e Pkk/Pyd-Ypg ad est del fiume Eufrate, e stabilire un corridoio di pace per assicurare che i profughi siriani che vivono in Turchia possano fare ritorno nella loro terra natale”.
Ankara ha fatto sapere, attraverso un comunicato ufficiale, che il gruppo terrorista curdo del Pkk e le sue estensioni denominate Ypg/Pyd costituiscono la più grande minaccia per il futuro della Siria, frammentandone l’integrità territoriale e la struttura unitaria. Al di là della retorica sui profughi siriani e sull’integrità territoriale di Damasco l’obiettivo turco è quello di eliminare la presenza curda nel nord della Siria per mettere al sicuro il proprio territorio nazionale da possibili attacchi provenienti dalle roccaforti siriane del Pkk/Ypg.
L’operazione militare cominciata mercoledì scorso è solo l’ultima nel quadro di questa strategia di Recep Tayyip Erdogan. A novembre del 2016 la Turchia, con l’operazione “Scudo dell’Eufrate”, ha invaso i territori di Jarabulus ed Al Bab mentre a gennaio del 2018, con l’operazione “Ramoscello d’ulivo” viene occupato il distretto più occidentale del Rojava, quello di Afrin.
“Sorgente di Pace” andrà a completare quindi l’occupazione del nord della Siria sotto controllo curdo spezzando così le vie di comunicazione est-ovest tra gli importanti campi petroliferi del Kurdistan iracheno – e quelli ad est del Rojava che saranno occupati dalla Turchia – ed il settore occidentale, contribuendo a portare un duro colpo all’economia dei curdi del Pkk/Ypg.
Occorre fare una precisazione importante ai fini dell’analisi strategica per avere chiare le motivazioni della condotta di Erdogan: il territorio controllato dai curdi in Siria oggi, come ha scritto Mauro Indelicato su queste colonne, non corrisponde a quello tradizionalmente a maggioranza curda prima dell’inizio del conflitto. I curdi siriani, all’interno della mappa di un “ideale” Kurdistan indipendente, occupano la parte occidentale (Rojava) di questo ipotetico Stato. Ecco perché, con l’inizio della guerra intestina siriana, i curdi approfittano della situazione di debolezza di Damasco per estendere la propria influenza su regioni non a maggioranza curda, creando non poche preoccupazioni ad Ankara.
Tutte le forze in campo dell’operazione “Sorgente di pace”
Turchia
Ankara ha il secondo esercito più numeroso tra i Paesi della Nato dopo quello degli Stati Uniti ed il secondo più numeroso in Europa dopo quello della Russia.
Le Forze Armate turche hanno in totale a disposizione 510.600 uomini e 378.700 riservisti. Di questi l’Esercito ha a disposizione 402mila uomini che includono 325mila coscritti con approssimativamente 258.700 unità della Riserva. Ankara dispone anche di un corpo di Gendarmeria, forte di 150mila uomini compresi 50mila riservisti, che si occupano principalmente di operazioni di “controinsurrezione” (counterinsurgency) e sono impegnati nella lotta al Pkk, il partito dei lavoratori curdi (Partiya Karkeran Kurdistan).
L’Esercito turco pone al centro della sua organizzazione le divisioni corazzate. La Turchia dispone nei suoi arsenali circa 3mila Mbt (Main Battle Tank) composti da 1200 vecchi carri Usa M48, altri 1200 M60, e 392 Leopard 1. L’Mbt più moderno attualmente in uso è il Leopard 2A4 presente in 339 esemplari negli arsenali turchi. Attualmente la Turchia sta sviluppando un Mbt autoctono, l’Altay, ma il primo lotto di produzione consistente in 250 esemplari sarà consegnato solo a partire dal 2020.
La Turchia dispone anche di un notevole contingente di pezzi di artiglieria divisi tra trainati e semoventi. Attualmente annovera circa 1200 pezzi composti per la maggior parte da vetusti sistemi americani (M110, M107, M44T) e dai più avanzati semoventi da 155 millimetri T-155 Firtina, che sono una copia locale su licenza del self propelled gun sudcoreano K9 Thunder: Ankara ne ha in servizio 240 esemplari a cui se ne aggiungerennao altri 350. Oltre a questi dispone di obici traniati da 155 millimetri T-155 Pantera in circa 225 unità.
Particolare attenzione è stata rivolta ai sistemi missilistici campali. Nell’Esercito turco sono presenti 12 Mlrs da 227 millimetri di fabbricazione americana, 80 Mlrs T-300 Kasigra da 302 millimetri, 130 T-122 Sakarya (derivati dai sovietici BM-21) e più di 100 T-107 (derivati dai cinesi Toure 63) oltre a 24 Mlrs trainati RA7040 da 70 millimetri.
La componente aerea ad ala rotante dell’Esercito è imperniata sui vecchi AH-1 Cobra americani (ne sono attivi circa 39) oltre ai nuovi T-129, derivati dai nostri A-129 Mangusta, di cui ne sarebbero presenti tra i 6 ed i 10 a fronte di un ordine totale di 60 macchine. In aggiunta a questi elicotteri da combattimento sono presenti più di 400 elicotteri da trasporto come S-70 Black Hawk, UH-1 Huey, AS-532 e AB-204/206 oltre a circa 18 Mil Mi-17 russi.
L’Aviazione turca dispone di due velivoli che ne costituiscono la totalità della sua linea di volo da attacco: l’F-16 e l’F-4. La Turkish Aerospace Industries ha costruito 232 F-16C/D Block 30 e 40 (rispettivamente 157 e 87), mentre dei 189 F-4E e 44 RF-4E consegnati, al novembre 2017 ne risultano in servizio 49 tra F-4E ed RF-4E.
L’operazione “Sorgente di pace” vede, al momento, l’impiego di un numero imprecisato di uomini ma che viene stimato tra i 5mila ed i 10mila appoggiati da carri M60, veicoli Mlrs, trasporti truppe tipo M-113, Bmc Kirpi, Btr 80, Cobra e Zpt, artiglieria campale e soprattutto da operazioni aeree affidate agli F-16 dell’Aeronautica Militare Turca.
Oltre alle forze regolari, la Turchia può disporre di circa 18mila combattenti siriani, la maggior parte dei quali raggruppati sotto la bandiera di quello che viene definito Esercito Nazionale Siriano (Syrian National Army) composto da ribelli – di estrazione sunnita – che servono da proxy per le operazioni di Ankara in Siria.

Stati Uniti
Gli Stati Uniti sono passati dalla loro presenza massima, che annoverava 3mila uomini, agli attuali 1000 dislocati a macchia di leopardo in diverse roccaforti nella parte di Siria controllata dai curdi. Il progressivo ritiro delle truppe americane è cominciato a dicembre dello scorso anno quando il presidente Trump annunciò che “abbiamo sconfitto l’Is in Siria, la mia unica ragione per rimanere lì durante la presidenza” affermando contestualmente il proseguimento della fase di transizione della campagna siriana, che ha visto un ulteriore riduzione delle truppe proprio recentemente: la Casa Bianca ha infatti reso noto che un ulteriore contingente di soldati, composto quasi sicuramente tra le 50 e 100 unità dei corpi speciali che vengono anche utilizzati per l’addestramento delle truppe locali curde, ritornerà in patria.
I mille soldati americani presenti in Siria, oltre a poter disporre di mezzi corazzati leggeri come Humvee e altri trasporti truppe blindati, ha il supporto delle basi aeree americane dislocate nell’area (Incirlik in Turchia, Balad in Iraq, Muwaffaq in Giordania) e in tutto il Medio Oriente (al-Udeid in Qatar sino al Bahrein e gli Eau) da cui operano velivoli come F-15, F-22 e B-52. Il contingente americano viene impiegato in operazioni di pattugliamento lungo il confine con la Turchia proprio affiancando le truppe regolari di Ankara.
I curdi del Ypg
E’ difficile quantificare il numero dei combattenti nelle fila dell’Ypg. Si stima che siano operativi 3mila combattenti a cui si affiancano un migliaio di Yazidi addestrati dai curdi. Ad essi si aggiungono qualche decina di volontari provenienti da Europa e Stati Uniti senza dimenticare che il Partito Comunista Marxista-Leninista Turco (Mlkp) ha inviato volontari a combattere nelle fila dell’Ypg sin dal 2012.
Ypg è l’acronimo di Yekîneyên Parastina Gel che tradotto significa Unità di Protezione del Popolo. Sono le milizie nate nel Kurdistan siriano nel 2004 come braccia armato del Partito di Unione Democratica (Pyd) e che hanno cominciato ad operare a seguito dello scoppiare del conflitto siriano nel Rojava, o Kurdistan Occidentale.
I curdi del Ypg sono stati aiutati, insieme ai Peshmerga in Iraq, dagli Stati Uniti con l’invio di decine di tonnellate di rifornimenti militari (munizioni di vario tipo e armamenti leggeri) e forniture mediche.
Russia e Siria: giocatori ancora non in campo
La situazione nel nord della Siria potrebbe vedere in futuro l’intervento di altri due “giocatori” che al momento non sono intervenuti nel conflitto in atto: la Russia e la Siria di Bashar al-Assad.
La Russia ha stabilito una presenza militare semi-permanente in Siria nella base di Hmeimim a partire dal 2015 che va ad affiancare la ben più lunga presenza nel porto di Tartus, dove ha sede una base navale della flotta russa. Il contingente ospitato a Hmeimim è approssimativamente di mille unità tra forze speciali, di fanteria e personale di volo e di terra della bolla difensiva che copre la maggior parte del territorio siriano e che fa da scudo alle operazioni militari russe nell’area. Contingente che si aggiunge a quello presente a Tartus e che farebbe aumentare il numero di soldati russi in Siria a circa 2000/2500 unità
Secondo il Cremlino nel triennio 2015/2018 circa 63mila soldati russi si sono avvicendati in Siria.
L’Esercito Siriano attualmente si stima sia composto da 100mila uomini a fronte dei 325mila (inclusi i coscritti) del 2012. Nonostante il supporto russo che ne ha rimodernato parte dell’equipaggiamento severamente logorato da anni di guerra e dai raid israeliani che, a scadenza quasi mensile, colpiscono le posizioni di Damasco (soprattutto quelle missilistiche) non rappresenta più uno strumento bellico efficace come in passato.
Attualmente dispone di una manciata di batterie missilistiche antiaeree, tra cui i moderni S-300 recentemente consegnati dalla Russia insieme ai Pantsir S1, di qualche centinaio di carri efficienti, per la maggior parte T-62 e T-55 (e qualche T-72), sui migliaia di cui disponeva pre-conflitto. L’Aeronautica ha in forza un’ottantina di Mig-23, 50 Mig-21, 40 Su-22 e 20 Su-24 nonché 20 Mig-29, il velivolo più moderno della linea di volo di Damasco.