Non è detto che arrivi un cessate il fuoco, ma di certo i colloqui aperti oggi a Istanbul non sono solo pro forma. Lo si nota anche dalla scenografia offerta dal presidente turco Erdogan, il quale non ha messo a disposizione alberghi o resort, bensì la sede di rappresentanza della presidenza della Repubblica turca nella metropoli del Bosforo. Difficile pensare che si sia arrivati fin qui, con tanto di accoglienza riservata solo per le grandi occasioni, per andare via a mani vuote.

Qualcosa di importante si sta muovendo. Le richieste ucraine da un lato e le ultime mosse russe sul campo lo dimostrano. Da un lato infatti Kiev chiede di entrare nell’Ue per rinunciare alla Nato, dall’altro la Russia, che nel frattempo ha avviato un parziale ritiro dalla capitale ucraina, dichiara di non avere nulla in contrario sull’adesione del Paese all’Unione Europea.

Le proposte dell’Ucraina

Tra le proposte scritte presentate a Istanbul dal governo di Kiev, spicca senza dubbio quella relativa alla neutralità del Paese. L’Ucraina cioè si impegna ufficialmente a non entrare nella Nato. Un ingresso ucraino nell’Alleanza Atlantica era il principale timore della Russia. Avere in territorio ucraino basi e militari degli Usa e degli alleati costituiva elemento scomodo politicamente e poco opportuno sul fronte della sicurezza nazionale. Su questo punto sono stati fatti importanti passi in avanti. Lo stesso Erdogan nei giorni scorsi parlava di compromesso vicino.

Di certo quello della neutralità è il sacrificio meno impegnativo per Kiev, peraltro mitigato dalla volontà di entrare nell’Unione Europea: “Non faremo parte della Nato – hanno dichiarato i capi negoziatori ucraini – ma non possono impedirci di proseguire il processo di adesione all’Ue”. Da Mosca hanno già fatto sapere di non avere nulla in contrario su questo: “Nessuna obiezione al desiderio di Kiev di entrare nell’Unione Europea”, si legge in una delle ultime dichiarazioni rese note dal ministero degli Esteri.

In cambio della neutralità poi, l’Ucraina ha chiesto la formazione di un gruppo di risposta rapida. Un gruppo di Paesi cioè in grado di reagire a un’eventuale futura aggressione nei confronti di Kiev entro 24 ore. Una garanzia per la propria sicurezza quindi per sostituire il mancato ombrello della Nato. Di questo gruppo dovrebbero far parte i Paesi dell’Alleanza Atlantica membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu (Usa, Regno Unito e Francia), più la Polonia, il Canada, la Turchia, Israele e l’Italia. Anche in questa direzione un compromesso potrebbe effettivamente essere raggiunto.

C’è però un’incognita rappresentata dal referendum a cui il governo di Kiev vuol sottoporre un eventuale accordo sulla neutralità. Inoltre se su questo punto un’intesa non è così lontana, sugli altri non mancano le divergenze. L’Ucraina infatti preme per il mantenimento della propria integrità territoriale e quindi evitare di cambiare i confini. Forse un compromesso potrebbe esserci sul riconoscimento dell’annessione russa della Crimea, ma sul Donbass e sui territori conquistati militarmente da Mosca nella guerra iniziata il 24 febbraio le distanze tra le parti potrebbero essere ancora molto lontane.

Le mosse di Mosca

Qualcosa si muove però e lo si nota dalle scelte militari intraprese nelle ultime ore dal Cremlino. Il Ministero della Difesa russo ha parlato di un riposizionamento delle truppe attorno Kiev, secondo l’intelligence Usa e del Regno Unito potrebbe trattarsi di un vero e proprio allentamento della morsa sulla capitale ucraina. “Sono in effetti in corso movimenti delle forze russe – hanno dichiarato fonti del Pentagono – uno spostamento strategico importante coerente con l’annuncio di una drastica riduzione delle ostilità lungo le direttrici di Kiev e Chernihiv, da parte del ministero della Difesa a Mosca”. Secondo Washington, non si tratta di “aggiustamenti a breve termine” ma di spostamenti di lungo termine. Si sta notando infatti come la Russia stia iniziato a ritirare molte unità, fra cui i gruppi tattici di battaglione (Btg).

Così come riportato dalla Cnn, la quale ha ripreso fonti del Pentagono, nelle prossime ore potrebbero esserci bombardamenti su Kiev ma solo per coprire la ritirata russa. In poche parole, questa volta gli Stati Uniti ritengono esserci coerenza tra le dichiarazioni rilasciate da Mosca e le mosse russe sul campo. Quanto sta accadendo attorno Kiev sarebbe in parte figlio dei negoziati in corso. Il Cremlino potrebbe aver definitivamente rinunciato a un cambio di governo in Ucraina e a far arrivare delle truppe all’interno della capitale. Soltanto ieri se da un lato si segnalavano unità ritiratesi dalla periferia nord di Kiev, dall’altro però i russi rivendicavano una forte avanzata sul quadrante orientale della città. Adesso invece soldati e mezzi di Mosca sono pronti a concentrarsi su altri fronti.

Cosa sceglierà adesso Putin?

Possibile quindi che, alla luce dei punti emersi durante i negoziati e della situazione sul campo, il governo russo abbia deciso di orientare definitivamente il proprio raggio di azione nell’est dell’Ucraina. E, in particolare, nel Donbass e nel corridoio tra Mariupol e la Crimea conquistato nell’ultimo mese di guerra. Del resto pochi giorni fa i portavoce del ministero della Difesa russo hanno parlato di “fine della prima fase dell’azione militare”. La seconda fase dovrebbe prevedere quella che a Mosca chiamano “liberazione del Donbass”. Quindi la definitiva conquista manu militari dei territori orientali dell’Ucraina attorno alle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk.

Kiev non accetterebbe mai una riduzione del proprio territorio, tuttavia Vladimir Putin, dopo aver rinunciato a uno stravolgimento in seno al governo ucraino, potrebbe spingere per prendere definitivamente possesso delle aree in questione e cogliere Zelensky sul fatto compiuto. Un po’ come ribadire, sia in questo che nei prossimi round negoziali, che se da un lato il Cremlino fa un passo indietro sulle velleità su Kiev, dall’altro però la governance ucraina deve riconoscere i passi avanti militari fatti dai russi nel Donbass.

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