La Russia è stata colpita da tre gravi incidenti in poco più di un mese che hanno coinvolto le proprie forze armate. Il 2 luglio il sottomarino per compiti speciali a propulsione nucleare AS-12, il Losharik, ha subito quello che sembra essere un grave guasto all’impianto antincendio a gas che ha causato la morte di 14 membri d’equipaggio, Mosca ha però posto il segreto di Stato sulla vicenda anche in considerazione della natura delicata delle missioni affidate al sottomarino, che sarebbe meglio definire batiscafo per le profondità che è in grado di raggiungere.
Il 5 agosto una gigantesca esplosione nel deposito munizioni della base di Achinsk, nella regione siberiana di Krasnoyarsk, contenente decine di migliaia di proiettili d’artiglieria, ha provocato almeno 8 feriti e 15mila sfollati dai villaggi vicini. Il deposito di Achinsk è tra le più vecchie installazioni dell’esercito di Mosca ed il suo smantellamento è previsto entro il 2022.
Giovedì 8 agosto un grave incendio nella base navale della Flotta del Nord di Severodvinsk, nella regione di Arcangelo, ha causato la morte di cinque tecnici della Rosatom, il ferimento di altri tre, e la dispersione in atmosfera di materiale radioattivo. Il Ministero della Difesa russo, come riportato dalla Tass, ha riferito che l’incendio ha riguardato il trattamento di un generico “liquido propellente per velivoli” senza specificare altri dettagli.
I media di Stato russi avevano inizialmente riferito che l’esplosione era avvenuta a bordo di un’unità navale ormeggiata nel porto di Severodvinsk, dove sono di stanza parte dei sottomarini nucleari della Flotta del Nord: Mosca aveva riferito che nell’incidente, causato dall’esplosione di un motore a reazione, erano morte due persone e altre sei erano rimaste ferite.
Una serie di eventi con una possibile causa comune
Quanto accaduto in poco più di 30 giorni in Russia potrebbe avere una matrice comune. Le cause di questa serie di incidenti, di cui due su tre, non a caso, riguardano la Flotta, potrebbe essere ricercata dalla situazione non proprio rosea delle forze armate russe, alle prese con un tentativo di rinnovamento però mozzato dalle sanzioni internazionali e dall’andamento altalenante del prezzo degli idrocarburi, a cui l’economia russa è strettamente legata.
La Voenno-morskoj Flot, dopo un guizzo vitale avvenuto nella prima decade degli anni duemila, sembra sia stata pesantemente colpita dal regime sanzionatorio elevato a seguito del coup in Crimea. La crisi ucraina ha avuto l’effetto di rallentare in modo molto marcato la ripresa della cantieristica navale. Il settore navale, infatti, è quello che ha più dovuto fare i conti con le sanzioni internazionali, ma pesanti tagli sono avvenuti anche in ambito aeronautico, con il programma di acquisizione dei velivoli Su-57 fortemente ridimensionato e i ritardi accumulati dal nuovo bombardiere strategico Pak-Da, oltre che nel campo missilistico, che ha visto la cancellazione dell’Icbm mobile SS-26 Rubezh.
In particolare, come accade ovunque ove manchi denaro, dalla Germania agli Stati Uniti, ad essere colpita è l’attività di manutenzione generale, quindi, di conseguenza, viene messa a rischio la sicurezza dei mezzi e delle stesse infrastrutture: non è casuale che il deposito saltato in aria in Siberia sia uno dei più vecchi annoverati nei registri dell’Esercito Russo.
Nuova amministrazione, vecchi metodi
Quella che sembra essere la causa più plausibile per questa sfortunata serie di eventi viene però messa in dubbio da altri analisti che ritengono vi possa essere un’altra matrice comune: quella del sabotaggio.
A suffragare questa ipotesi ci sarebbe la scarsità dei dettagli forniti da Mosca sulle circostanze in cui sono avvenuti tutti gli incidenti. Se si parla di sabotaggio occorre però rispondere a delle domande ben precise: chi sarebbe interessato ad effettuare una serie di sabotaggi simili? Chi potrebbe avere avuto accesso a strutture altamente riservate come la base di Severodvinsk o quella di Murmansk dove era stanziato il sottomarino AS-12? Chi avrebbe potuto avere le competenze per un sabotaggio “di altissimi livello” simile? Soprattutto: quale sarebbe il disegno comune?
Tutte domande a cui è difficile dare una risposta convincente, a meno di non scadere nel complottismo. Risulta invece molto più plausibile che gli incidenti siano tali proprio per la mancanza di fondi a disposizione delle forze armate e quindi per la scarsità di manutenzione. Del resto non è affatto la prima volta che la Russia utilizza questa metodologia al limite della disinformazione. Mosca ha sempre nascosto, o cercato di nascondere, qualsiasi incidente avvenuto ai suoi siti militari (e non, se pensiamo a Cernobyl) e ai suoi sottomarini, rilasciando stringate dichiarazioni anche dopo giorni, spesso fuorvianti e ben lontane dalla realtà.
Questa abitudine alla minimizzazione, alla disinformazione, non è sostanzialmente cambiata dai tempi dell’Unione Sovietica: la linea ideologica al Cremlino è cambiata, ma i metodi sono rimasti quelli di sempre.