La parata militare del giorno della Vittoria è sempre stata per il presidente russo Vladimir Putin un giorno fondamentale. Lo era negli anni passati, quando doveva riformulare la struttura ideologica e culturale della sua leadership e della Federazione russa nata negli anni Novanta. Lo è a maggior ragione adesso in cui quelle truppe che sfilano a Mosca rappresentano gli uomini impegnati nella guerra più importante scatenata dalla Russia. Quella che per il Cremlino rimane ancora formalmente e a livello propagandistico come una “operazione militare speciale” ai danni dell’Ucraina.
Uno sfoggio più moderato del passato
La seconda parata dall’inizio del conflitto è un evento il cui carattere fondamentale è stato quello del basso profilo. La presenza di un solo carro armato nella Piazza Rossa, peraltro di vecchia fattura, ha dato l’impressione di un deciso abbassamento dei toni, così come l’annullamento della sfilata dei mezzi aerei – come già avvenuto l’anno scorso – ha confermato la sensazione di insicurezza certificata dal misterioso attacco con i droni sul Cremlino. Cancellate anche le iniziative per la sfilata del Reggimento degli immortali, che celebra i caduti russi e che da anni è parte fondamentale delle celebrazioni di Putin. Il governo ha definito la scelta come una misura cautelativa assunta “dagli organizzatori di questa iniziativa”, ma è chiaro che la decisione sia soprattutto il frutto di un coordinamento con il potere centrale.
Il tono minore della cerimonia del 9 maggio è stato evidenziato anche dall’intelligence britannica. Nell’ormai consueto bollettino social dei servizi di Londra, si legge infatti che la parata della Piazza Rossa per celebrare la Vittoria sui nazisti ha “evidenziato le sfide materiali e di comunicazione strategica che l’esercito russo sta affrontando da 15 mesi nella guerra in Ucraina”. Ipotesi sottolineata anche dal fatto che degli oltre ottomila soldati che hanno preso parte alla sfilata nella capitale russa “la maggior parte erano forze ausiliarie, paramilitari e cadetti provenienti da istituti di addestramento militare”.
L’intelligence del Regno Unito si è concentrata anche sull’immagine del carro armato solitario, un T-34 sovietico, ma, a questo proposito, la questione sollevata dagli analisti è soprattutto quella del motivo dietro questa scelta. È chiaro, infatti, che a Londra non considerino questa mossa legata esclusivamente alla disponibilità di mezzi da inviare davanti agli occhi di Putin e a favore di telecamere. Per questo motivo, i britannici credono che le autorità si siano astenute dall’inviare mezzi blindati e tank a Mosca perché “hanno voluto evitare critiche interne sulla priorità delle parate rispetto alle operazioni di combattimento”. Alle fotografie della rivista militare, si aggiungono poi quelle dello stesso Putin.


La scelta di Putin sui veterani
Due in particolare gli elementi fondamentali. Il primo è stato quello della presenza di pochi e fidati leader di Paesi ancora alleati o quantomeno apparentemente amici del Cremlino, ovvero i presidenti di Kirghizistan, Kazakistan, Tagikistan, Uzbekistan, del Turkmenistan, il primo ministro dell’Armenia, e il fedelissimo bielorusso Alexander Lukashenko. La seconda immagine, invece, è quella di chi è stato al fianco del presidente russo durante i 47 minuti della parata. È tradizione ormai consolidata che Putin sieda tra due veterani delle forze armate. Per ragioni anagrafiche è evidente che in futuro sarà sempre più difficile avere reduci della Seconda guerra mondiale, ma secondo quanto riporta il sito investigativo Agentsvo, rilanciato da diverse testate, quelli scelti per sedersi accanto a Putin non erano due militari qualsiasi, bensì ex agenti del Kgb e dello Nkvd. Uno sarebbe Yuri Dvoikin, impiegato a Leopoli nel 1944 “per condurre operazioni per eliminare le reti clandestine nazionaliste nell’Ucraina orientale”, l’altro invece dovrebbe essere Gennady Zaitsev, arruolato dal Kgb dopo alcuni anni nell’esercito e – stando ai rapporti – coinvolto anche nella repressione della primavera di Praga del 1968.
La Russia di guerra
Le immagini, che per la Russia hanno sempre un significato ulteriore rispetto a quello della semplice raffigurazione, indicano in modo abbastanza sintetico cosa sia Mosca dopo un anno e mezzo di questo conflitto. Da un lato c’è una Russia che non può né vuole mostrare le sue forze per evitare di inviare messaggi ai nemici, ma nemmeno per dare un segnale di “festa” mentre i propri militari combattono al fronte. Il tono minore della parata, senza aerei e carri armati e con molti meno uomini a marciare per la Piazza Rossa, fornisce dunque l’immagine di una Russia pienamente presa da questa guerra, non più vista come qualcosa di estraneo e lontano dalla vita quotidiana. Anche la decisione di cancellare le cerimonie legati ai caduti nella capitale come in altri centri è sintomo di una Federazione russa preoccupata per la propria sicurezza e che probabilmente vuole anche evitare che i cittadini non siano consapevoli dei rischi.
Putin circondato dai due agenti dei servizi segreti sovietici, invece, se confermato, darebbe un ulteriore segnale della scelta narrativa di Putin di circondarsi di uomini di fiducia, di veterani di quello che è sempre stato il suo mondo, e cioè l’intelligence. Il presidente russo, che ha vissuto una vita all’interno degli apparati del Kgb, rimane ancora fortemente legato a quell’universo fatto di spionaggio, controspionaggio e controllo. E dopo più di un anno dalla guerra in Ucraina, il segnale lanciato può essere duplice: convincere che è quello il sistema di “amici” di cui si fida, come del resto già avvenuto nella sua cerchia di ex agenti e di amici di Leningrado; dall’altro ribadire l’importanza dell’eredità sovietica anche oltre i confini russi, appunto come avvenute nelle repressioni di Leopoli e Praga.
Infine, gli alleati: pochi e tradizionalmente legati alla sfera russa sovietica o al limite imperiale. C’erano gli “stan” dell’Asia centrale, la Bielorussia e l’Armenia: Paesi che per Putin devono rimanere nella sfera di influenza russa e che, soprattutto per quanto riguarda gli asiatici e Erevan, non devono cedere alla tentazione di uscire fuori dal blocco per essere attratti dalle sirene cinesi o occidentali.