In merito al conflitto che sta scuotendo l’Ucraina, c’è chi sostiene che le mosse di Vladimir Putin possano essere dettate da una forma di irrazionalità derivante da una o più malattie. Questa lettura, che poggia su ben poche fondamenta e, al contrario, su troppe indiscrezioni non confermabili, appare esageratamente superficiale. Per chi intende andare oltre le voci di corridoio e non si accontenta neppure della più semplice lettura interpretativa (ovvero: “i russi hanno attaccato perché si sono sentiti minacciati dalla Nato”) esiste un terzo livello interpretativo, che può tuttavia essere collegato alla dimensione geopolitica.

Stiamo parlando del “Russkiy Mir”, secondo alcuni la vera e propria leva ideologica da collocare alla base del putinismo inteso come dottrina politica orchestrata da Putin in persona. Prima di avventurarci in questo territorio complesso e per certi versi ancora inesplorato – almeno in Occidente – è importante sottolineare come il capo del Cremlino sia letteralmente ossessionato dalla storia e attratto, in particolare, da personaggi del calibro di Konstantin Leontyev, monaco reazionario (eufemismo) risalente al XIX secolo fautore di monarchia e gerarchia.

Il retroterra culturale del putinismo

La Stampa ha ricordato un particolare interessante. Negli ultimi tempi, Putin si sarebbe intrattenuto molteplici volte con l’amico Yuri Kovalchuk, a cui fanno capo la Rossiya Bank, vari media e pure diverse idee degne di nota. Ebbene, il capo del Cremlino e questo insospettabile ideologo avrebbero parlato della missione di ripristinare l’unità tra Russia e Ucraina. Ma qual è l’ideologia propinata da Kovalchuk? Un mix di edonismo, teorie del complotto anti Usa e tanto misticismo cristiano ortodosso, sostengono alcuni giornalisti russi.

Unendo i punti, alcuni hanno subito pensato che Putin potesse non solo condividere ma anche sposare – e, perché no, magari pure mettere in atto – alcune delle idee di Kovalchuk. Le quali riprendono, e per certi versi si collegano a quelle di Aleksander Dugin, uno dei filosofi e politologi russi più chiacchierati di Russia. Sia chiaro: Dugin non è “l’ideologo di Putin” ma rappresenta senza ombra di dubbio uno dei pilastri culturali attorno al quale ruota, talvolta inconsciamente, il putinismo.

Non a caso, leggendo alcune recenti interviste, Dugin ha spiegato che la guerra in corso in Ucraina non è rivolta alla semplice denazificazione del Paese e alla protezione del Donbass, quanto ad una sorta di battaglia contro l’Occidente e il globalismo liberale, considerati alla stregua di Anticristi da cacciare negli inferi.



Il “mondo russo”

Nel luglio 2021, Putin ha pubblicato un articolo di 7.000 parole inerente all'”unità indissolubile di russi e ucraini”, sostenendo che il nazionalismo ucraino fosse frutto dei nemici della Russia. In altre circostanze, il presidente russo ha sostenuto che Lenin commise un errore imperdonabile quando, nel 1922, la Costituzione sovietica istituì una federazione di repubbliche che, di fatto, portò nel 1991 alla divisione dell’Urss in Stati indipendenti. Nel 1833, Sergei Uvarov, ministro dell’Istruzione dello zar Nicola, formulò la trinità imperiale russa – Ortodossia, autocrazia e nazione (pravoslaviye, samoderzhaviye e narodnost) – che ancora oggi trova grande spazio tra i corridoi del Cremlino.

Con Putin, la Russia ha assistito anche al ritorno dell’iconografia zarista – tanto che in uno dei suoi recenti discorsi televisivi, il presidente russo è apparso affiancato da una statua di Caterina la Grande, l’imperatrice russa che ha annesso la Crimea nel 1783 –, alla riabilitazione di filosofi del calibro di Ivan Ilyin e di teorici, appunto, come Aleksander Dugin, entrambi eredi del panslavismo ottocentesco che ha difeso l’unità spirituale dei popoli slavi. Arriviamo così al Russkiy Mir, alla lettera “mondo russo“, un concetto che secondo alcuni muoverebbe Putin e che consisterebbe in una comunità di civiltà e valori che includerebbe la Russia e tutti gli slavi di lingua russa che vivono all’estero. Bielorussi e ucraini compresi.