L’U.S. Space Command, il comando americano per lo spazio, ha rilasciato un comunicato in cui afferma che la Russia ha condotto un test di un’arma antisatellite in orbita. Il 15 luglio dal satellite Cosmos 2543 è stato rilasciato un oggetto in prossimità di un altro satellite russo, attività ritenuta incompatibile con lo scopo dichiarato del sistema satellitare di Mosca.
“Il sistema satellitare russo utilizzato per condurre questo test sulle armi in orbita è lo stesso per il quale abbiamo sollevato preoccupazioni all’inizio di quest’anno, quando la Russia ha effettuato manovre nello spazio vicino a un satellite del governo degli Stati Uniti”, ha detto il generale John W. Raymond, comandante dell’U.S. Space Command e capo operazioni della neonata Space Force statunitense. “Questa è un’ulteriore prova dei continui sforzi della Russia per sviluppare e testare sistemi basati nello spazio coerenti con la dottrina militare pubblicata dal Cremlino che prevede l’impiego di armi che mettono a rischio gli Stati Uniti e le risorse spaziali alleate”.
L’attività del satellite russo, monitorata dai radar, è stata di tipo non distruttivo, simile ad altre svolte nel recente passato: il 23 agosto 2017 il Cosmos 2519, un satellite che ufficialmente dovrebbe essere impiegato per la geodesia, ha rilasciato un subsatellite in una manovra molto simile a quella compiuta dal Cosmos 2543 lo scorso 15 luglio.
“Quello che è successo dopo è la parte inquietante”, ha spiegato a C4isrnet Chris Ford, sottosegretario di Stato aggiunto per la sicurezza internazionale e la non proliferazione. “Il subsatellite (definito Cosmos 2521) ha lanciato un oggetto aggiuntivo nello spazio all’elevata velocità relativa di circa 250 km all’ora”, ha spiegato. “Voglio essere totalmente diretto e onesto: Cosmos 2521 ha dimostrato la capacità di posizionarsi vicino a un altro satellite e di sparare un proiettile”.
Questo tipo di attività dei russi è fonte di preoccupazione per la Difesa statunitense, specialmente quando, nel corso di questi test, si avvicinano ai satelliti americani: lanciati a novembre e dicembre 2019, Cosmos 2542 e Cosmos 2543 hanno attivamente manovrato vicino ai satelliti del governo degli Stati Uniti che operano in orbita bassa.
“Questo evento dimostra l’ipocrisia della Russia in merito al controllo degli armamenti nello spazio, coi quali Mosca mira a limitare le capacità degli Stati Uniti senza avere chiaramente intenzione di fermare il proprio programma di counterspace warfare, sia attraverso le capacità antisatellite a terra sia con quelle che sembrerebbero essere vere e proprie armi antisatellite in orbita” ha affermato ancora Ford.
Risulta quindi più chiara la necessità della Casa Bianca di aver creato una nuova forza armata, la Space Force, che ha tra i suoi compiti non solo il controllo dell’attività extra-atmosferica ma anche l’eventuale contrasto delle possibili minacce.
La Russia, del resto, ha dimostrato recentemente di aver dato impulso alle armi Asat (Anti-Satellite): lo scorso 15 aprile un missile Pl-19 Nudol si è alzato da un dispositivo mobile tipo Tel andando a colpire il suo bersaglio nello spazio. Il Pl-19 ha effettuato il suo primo test coronato da successo nel novembre del 2015 dopo due tentativi non andati a buon fine.
Gli Stati Uniti quindi, già nel 2016, avevano attivato la Smf (Space Mission Force), un reparto inquadrato nel 50esimo Space Wing di base a Schriver (Colorado) posto sotto il controllo diretto del Comando Spaziale (Afspc) con il compito di monitorare ed impiegare al meglio tutti i sistemi satellitari militari e di intraprendere azioni offensive e difensive volte a mantenere la supremazia americana in questo campo di battaglia.
Le opzioni della guerra antisatellite vedono una serie di sistemi diversi: armi a radiofrequenza installate su satelliti, laser di grande potenza basati a terra, veicoli di manovra per operazioni spaziali (come satelliti mina) e lancio di missili antisatellite da terra e da velivoli come l’Asm-135. Questo era un missile a propellente solido lanciato da un F-15 Eagle appositamente modificato. Il lancio avveniva ad una quota di 11.600 metri con un preciso assetto del velivolo in modo da immettere il missile in una precisa traiettoria di collisione col satellite bersaglio. Era dotato di una testata non esplosiva formata da un oggetto cilindrico ci 30 cm di diametro e dal peso di 15 kg che incorporava un giroscopio e dei piccoli razzi. Nel 1988 il programma fu ufficialmente cancellato ma secondo alcune fonti sarebbe stato solo apparentemente ritirato dal servizio ed è proseguito il suo sviluppo in segretezza.
Anche la Russia sembra avere un sistema simile attualmente in servizio: a settembre del 2018 un MiG-31BM (Foxhound in codice Nato) è stato fotografato nell’aerodromo Zhukovsky, fuori Mosca, armato quello che è stato identificato come un potenziale missile anti-satellite.
Esistono poi dei sistemi non cinetici: dispositivi jammer possono essere montati sia su satellite sia su piattaforme aeree come Uav o velivoli pilotati, e anche per i laser si era pensato, durante gli anni ’80, ad un sistema aeroportato – l’Abl – montato su un Boeing 747 appositamente modificato, ma in seguito il programma fu cancellato, anche se recentemente c’è chi pensa di riesumarlo. Al contrario lo sviluppo di laser di grande potenza basati a terra e di quelli montati su satellite continua: gli Usa riferiscono che nel 2006 un loro satellite era stato illuminato (da un fascio a bassa potenza quindi senza provocare danni) da un laser terrestre.
Una soluzione alternativa era stata pensata nel pieno della Guerra Fredda: richiedeva l’esplosione di un missile nucleare nello spazio per mettere fuori uso gli assetti in orbita tramite l’impulso elettromagnetico della detonazione atomica, ma l’Emp generatosi avrebbe “bruciato” anche la propria rete satellitare.
Per quanto riguarda l’aspetto “legislativo” sull’uso dello spazio dal 1967 è in vigore l’Ost (Outer Space Treaty) che ne stabilisce i principi fondamentali: l’uso pacifico, la libertà per ogni Paese di accedere ed utilizzare lo spazio poiché, così come i corpi celesti, non è soggetto a dichiarazioni di sovranità, e l’impegno da parte degli Stati a non lanciare in orbita sistemi equipaggiati con armi nucleari o di distruzione di massa.
Il Trattato però è alquanto aleatorio ed ha un limite fondamentale: è stato siglato quando le moderne armi antisatellite – laser, microonde e veicoli killer cinetici – erano di là da essere pensati, pertanto lo spazio resta sostanzialmente un territorio vergine per lo sviluppo di sistemi d’arma di diverso tipo, purché “non di distruzione di massa”.