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Una mobilitazione parziale, che riguarderà “i cittadini che fanno già parte delle riserve e quelli che hanno svolto servizio militare nelle forze militari e hanno esperienza”, e l’aumento della produzione dell’industria bellica per realizzare ulteriori armamenti. Vladimir Putin ha indicato quali saranno i prossimi passi della Russia in un attesissimo discorso rivolto alla nazione e diffuso dai principali media del Paese.

I punti chiave, tralasciando le accuse all’Occidente e il rinnovato riferimento al nucleare, riguardano, appunto, l’istituzione di una leva obbligatoria per tutti i cittadini di età compresa tra i 18 e i 35 anni, e la richiesta di incrementare la produzione di munizioni e armi.

Il nodo delle armi

Anche nei giorni precedenti il presidente russo aveva toccato questo tema, convocando al Cremlino i vertici dell’industria militare russa e ordinando di rifornire con urgenza le forze armate. L’obiettivo di Putin era ed è chiaro: garantire la sostituzione delle importazioni relative al settore militare e della Difesa. E farlo al più presto, vista la situazione in Ucraina.

Oltre sei mesi di guerra, infatti, hanno comportato enormi costi economici e inevitabili perdite di “manodopera“, accanto ad un gigantesco spreco di armi e attrezzature militari. Unendo i punti, emergono diverse zone d’ombra. Come farà la Russia a completare in maniera efficace la mobilitazione annunciata se, come sostengono sempre più voci, i suoi armamenti starebbero scarseggiando?

È questo il grande dubbio che attanaglia gli analisti: il roboante annuncio di Putin è una vera chiamata alle armi, che preclude l’ingresso in una nuova fase della guerra, oppure è pura propaganda in un momento di difficoltà?

Il problema del Cremlino

In molti hanno dato per scontato che le risorse militari della Russia fossero pressoché infinite. Questo è parzialmente vero. Mosca può contare su ingenti stoccaggi di armamenti, ma niente è “infinito”.

Al 31 agosto, e quindi prima che l’offensiva ucraina a Kharkiv si concretizzasse del tutto, The Insider scriveva che i missili guidati iniziavano a scarseggiare, mentre i proiettili per l’artiglieria e i veicoli blindati sarebbero andati esauriti entro la fine dell’anno, per non parlare dello stato dell’aviazione militare.

A causa delle sanzioni, fin troppo sottovalutate, la Russia non è in grado di assicurare una piena produzione industriale di armi. Di conseguenza, il Crmelino non può sostituire le sue scorte – che si stanno rapidamente esaurendo – in un battito di ciglia, come invece sarebbe richiesto dal contesto.

Scendendo nei dettagli, uno dei principali problemi russi riguarderebbero il numero limitato di munizioni e proiettili. Certo, la Russia potrebbe aver ereditato un vasto stock di equipaggiamento di artiglieria dalla defunta Unione Sovietica, ma i proiettili sovietici non possono essere immagazzinati a lungo.

Lo si è visto nell’estate del 2002, durante la seconda campagna cecena, quando l’esercito russo si ritrovò a secco di proiettili da 122 mm e 152 mm. L’arsenale sovietico è comunque stato ridotto in maniera consistente sia dalle due guerre cecene, ma anche dalla campagna georgiana, dalla prima offensiva in Ucraina nel 2014-2015 e pure nelle missioni in Siria.

Bisogna poi aver chiaro un dato: il tasso di consumo di proiettili durante le citate guerre cecene era nettamente inferiore rispetto al tasso attuale. Oggi, secondo alcune stime, Mosca brucerebbe dalle 40 alle 60mila munizioni di tutti i tipi al giorno durante le operazioni di combattimento ad alta intensità, per scendere a circa 24mila nei giorni di “pausa”. Numeri enormi, che richiedono una produzione bellica a pieno regime.

Lo stato della produzione militare russa

Negli anni ’90 e Duemila, il tasso di produzione di proiettili di artiglieria russa era relativamente piccolo. L’apice è stato raggiunto nel 2010, anche se quei valori non sembravano andare a genio al Ministero della Difesa. Nel 2014 è stato così lanciato un programma su vasta scala per ripristinare i proiettili “sopravvissuti” negli arsenali missilistici e dell’artiglieria.

Risultato: alla fine del 2017 Mosca avrebbe ripristinato 1,7 milioni di munizioni e missili di ogni tipo, per un totale di circa 570mila all’anno. La loro produzione da zero sarebbe costata 117miliardi di rubli, 39miliardi all’anno.

Partendo da questi valori, c’è chi ha provato a stimare il volume effettivo della produzione di munizioni di artiglieria. In che modo? Osservando i guadagni delle imprese industriali e dei conglomerati del settore, facendo però ben attenzione a pesare i guadagni derivanti da prodotti civili (che, in alcune imprese, rappresentano il 25-30% della torta).

Negli anni sopra riportati, i guadagni oscillavano tra gli 80 e i 100miliardi di rubli. Il rapporto tra munizioni recuperate e di nuova produzione può essere stimato in 1:2. In altre parole: per ogni 570mila proiettili ripristinati ce ne sono fino a 1,14 milioni nuovi e fiammanti. Intorno al 2010, dunque, il tasso annuo totale di rifornimento degli arsenali di artiglieria della Russia non ha superato 1,6-1,7 milioni di proiettili di tutti i tipi. Nel 2017, inoltre, la fornitura complessiva di razzi si è attestata ad appena 10.700 unità.

I costi della guerra in Ucraina

Durante i primi sei mesi di guerra in Ucraina, la Russia avrebbe dovuto “spendere” almeno 7milioni di proiettili, senza contare le perdite dovute agli attacchi nemici. Questo significa che, sempre stando ad alcune stime, se l’intensità del conflitto dovesse mantenersi al livello attuale, Mosca dovrà affrontare una concreta carenza di proiettili entro la fine del 2022 e sarà costretta a ridurre l’uso dell’artiglieria per evitare sprechi di munizioni.

Non dobbiamo dimenticare, infatti, un altro problema non da poco: l’usura delle armi, in particolare dei cannoni e dei mezzi. Giusto per fare un esempio, i barili dei carri armati russi hanno una durata di servizio di 210 colpi di proiettili di calibro inferiore perforanti di 840 colpi di proiettili ad alto potenziale esplosivo. Le canne dell’artiglieria rigata, invece, vanno da una durata compresa tra i 2 e i 3mila colpi. Giusto per capirsi, gli obici semoventi tedeschi PzH2000 forniti all’Ucraina erano fuori gioco dopo un meze di utilizzo ad un’intensità di 100 colpi al giorno per arma. Non è un caso che la Russia abbia iniziato a colpire le città ucraine con sistemi di difesa area/antimissilistica S-300 e S-400.

Veicoli e missili “sotto stress”

È difficile effettuare un’analisi dettagliata dell’attuale capacità di produzione bellica della Russia. Ci sono numerosi dibattiti in corso ma, da quanto fin qui emerso, è possibile continuare a basarsi su stime quanto meno attendibili.

Per quanto riguarda la produzione annua russa di ogni tipo di missile balistico da crociera a lungo raggio, questa potrebbe arrivare fino a 50 unità. La stima complessiva per i Kalibr, il missile aeronautico X-101 e il missile da crociera 9M729 dovrebbe attestarsi intorno alle 100 unità all’anno. E ancora: gli Onyx dovrebbero raggiungere le 55 unità annue e gli X-32 a poco più di 20. Il volume di produzione di missili russi ad alta precisione con una portata di oltre 300 chilometri dovrebbe essere di 225 all’anno.

Capitolo veicoli e mezzi corazzati. La durata dei principali carri armati russi, ovvero il T-72 e il T-80, non supera le 1.000 ore. Superata questa soglia è necessario sostituirne i motori che, per altro, vengono prodotti impiegando apparecchiature importate. Carri armati, veicoli di fanteria e da combattimento aviotrasportati rimangono inattivi per gran parte del tempo anche durante la guerra. Eppure, se avessero funzionato anche solo almeno 2-3 ore al giorno, dall’inizio della guerra avrebbero lavorato dalle 370 alle 560 ore. Entro la fine del 2022, molti di questi veicoli dovranno essere riparati o finire sotto manutenzione. Sempre che non vengano distrutti.

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