Odessa si sente in trappola. È monitorata ventiquattro ore al giorno dai russi che la scrutano a distanza, dalle loro navi posizionate nel Mar Nero, ma non è ancora un bersaglio da attaccare con il massimo livello di fuoco possibile. Di sicuro è nel mirino della Russia, e lo hanno dimostrato i cannoni di Mosca posizionati in mare aperto. Ma l’effetto, forse imprevisto, è stato quello di far spostare la causa del nazionalismo a una città che in fondo parlava e si sentiva russa.

Nelle ultime ore la contraerea ucraina locale, considerata la migliore del Paese, è entrata in azione. Si sono sentiti dei forti e ripetuti colpi dalla zona portuale, ma non sappiamo se un missile russo abbia colpito un obiettivo o se, viceversa, lo stesso missile sia stato abbattuto. Fatto sta che gli Stati Uniti hanno constatato un’intensa “attività navale russa nel Mar Nero”, anche se questo non significa che “un attacco con mezzi anfibi contro Odessa sia imminente”.


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L’intera città si è comunque mobilitata ed è pronta ad affrontare qualsiasi destino. Nel caso in cui le forze del Cremlino dovessero lanciare un’offensiva sul modello Mariupol, accompagnata dal supporto della marina, gli abitanti non si tireranno indietro. L’aria che si respira a Odessa ha il sapore dell’attesa. I palazzi del centro, la statua di Caterina II e la scalinata protagonista de La corazzata Potemkin, aspettano immobili. Il suono delle sirene ricorda a tutti che la guerra è un fatto reale.

Radici russe

Fu proprio la zarina Caterina II, passata alla storia anche come Caterina la Grande, a costruire Odessa. La città fu fondata nel 1794 sopra un centro ottomano, a sua volta costruito su un antico insediamento greco. Nelle intenzioni di Mosca, avrebbe dovuto essere l’ingresso della Russia per entrare nell’Europa mediterranea e in sia, allo stesso modo di come San Pietroburgo lo era per l’Europa settentrionale. Caterina II la dichiarò inoltre città aperta, un’etichetta concessa a nessun altro luogo dell’impero.


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Uno status del genere favorì il libero scambio del centro con il Medio Oriente e l’Europa, ma anche l’instaurazione a Odessa di un libero flusso di idee, della fioritura di arti e dell’afflusso di numerosi stranieri. Oggi Vladimir Putin ha messo la città nel mirino per la sua posizione strategica, non certo per avanguardie artistiche e altre ragioni. La storia di Odessa e la sua identità linguistica affonderanno pure le radici nella Russia più profonda, ma la guerra ha cambiato le carte in tavola. E pure la storia.

La “trasformazione” di Odessa

La “Perla del Mar Nero” è sempre stata amata tanto dagli ucraini quanto dai russi. Entrambi ne hanno sempre tessuto le lodi, si sono vantati della sua cultura e bellezza. Gli abitanti di Odessa hanno sempre considerato la loro città alla stregua di Venezia, Parigi e Firenze. La maggioranza delle persone parla la lingua russa, otto abitanti su dieci ha sottolineato Il Corriere della Sera. Ma poco importa, perché qui la guerra sembrerebbe aver riunito tutti per una causa comune: la difesa della città dall’imminente battaglia che si profila all’orizzonte.



Se non è uno schiaffo a Putin, poco ci manca. Chissà se Mosca si aspettava di dover fare i conti con una resistenza del genere anche laddove la maggioranza delle persone è solita parlare in russo. Certo è che Odessa ha cambiato volto. La sua spiaggia è diventata un campo di mine. Metà degli abitanti (circa 500mila) sono fuggiti. Chi è rimasto si rende utile come può. L’esercito ucraino ha consegnato i fucili ai civili e fornito un addestramento rudimentale. Sono spuntati vari centri di distribuzione alimentare nella speranza di sopravvivere a un probabile assedio. I monumenti e le statue della città sono stati fortificati con sacchi di sabbia. Laggiù, vicino al porto e in prima linea, Caterina la Grande è pronta a sfidare i soldati di Putin.

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