Una fitta rete sotterranea di guerriglieri con l’obiettivo di rovesciare Vladimir Putin. Questo emergerebbe dalle dichiarazioni di Roman Popkov, l’uomo dietro all’attentato che ha ucciso Vladen Tatarsky, il milblogger russo sostenitore del partito della guerra. Popkov avrebbe reclutato l’assassino su commissione per conto dei servizi segreti di Kiev. In una lunga intervista criptata rilasciata a Foreign Policy, l’uomo ha raccontato la pianificazione dell’intervento, elogiando Darya Trepova, la recluta-sicaria che si sarebbe immolata per essere l’esecutrice materiale dell’attentato.
Nra e Rospartizan
Popkov ha militato in vari gruppi estremisti russi prima di votare la sua vita al rovesciamento di Putin: nel 2011, dopo essere stato arretato per aver preso parte alle proteste contro il Cremlino, ha scelto di spostarsi in quel di Kiev. Costui avrebbe ammesso di far parte della rete dei Rospartizan che avrebbe partecipato alla liquidazione del “propagandista e criminale di guerra Vladen Tatarsky”. Anche un altro gruppo come l’Esercito Nazionale Repubblicano (l’Nr) avrebbe rivendicato il medesimo attentato. Le dichiarazioni di Popkov sparpagliano le poche certezze sul panorama fumoso della presunta guerriglia clandestina operante in Russia: fino ad oggi, incrociando i dati dei media indipendenti con i post dei canali Telegram, l’Nra, il cui sponsor principale è l’ex deputato della Duma Ilya Ponomarev, e i Rospartizan apparivano, ad esempio, come la medesima organizzazione, suddivisa tra braccio e microfono. Ebbene, nelle dichiarazioni di Popkov le cose sembrano stare molto diversamente.
Una regia occulta dietro la guerriglia?
L’attivista non fa sconti a nessuno: denuncia la condizione dell’attivismo russo in Ucraina e punta il dito contro la diaspora intellettuale russa in Europa: “Noi in Ucraina viviamo sotto attacchi missilistici […] e l’emigrazione politica russa in Europa siede nei caffè e parla”. Dando per buone le affermazioni di Popkov, esisterebbe dunque una fitta rete di sabotatori che, fin dallo scoppio della guerra, si è dedicata ad attentati incendiari, distruzione di magazzini di stoccaggio di armi, assalti alle sedi di reclutamento dei militari, deragliamento di treni e tanto altro.
Modalità molto simili, che accomunano più gruppi di sedicenti partigiani che hanno rivendicato nel corso dei mesi diversi tipi di missioni: la resistenza armata baschira, che mescola ambizioni territoriali alla battaglia anti-Putin; il “Corpo dei volontari russi” presunto responsabile dell’attacco nella regione di Briansk e che fa capo al neonazista Danis Kapustin; e ancora, Atesh, il gruppo che ha rivendicato l’attentato allo scrittore Zakhar Prilepin. Sondare la veridicità delle rivendicazioni di questi gruppi è una missione impossibile, soprattutto per via della loro presenza in rete ove prove fattuali e postverità si sovrappongono. Ancora più complesso è stabilire quale sia la mano che arma queste formazioni, sempre che esista una regia occulta di questa guerra nella guerra: Kiev? Gli Stati Uniti? L’Occidente? E se si, quale Occidente si intende?

Una rete organizzata o tanti cani sciolti?
Ma soprattutto, esiste in Russia un reale coordinamento tra questi gruppi o si procede in ordine sparso? Lo stesso Ponomarev non contribuisce a diradare le nebbie: spesso funge da megafono di talune rivendicazioni, ma non precisa mai il proprio ruolo all’interno di ciascuna vicenda: egli stesso ha più volte dichiarato di essere collegato a vario titolo ad almeno mezza dozzina di formazioni partigiane e di essere il loro sponsor nelle stanze del potere di Kiev. Tuttavia, è pronto a scommettere sul numero di sabotatori: si tratterebbe di un migliaio di persone, un numero irrisorio per un territorio così vasto come la Russia.
Sul suo ruolo nel rifornire di armi ed esplosivi i ribelli anti-Putin, l’ex deputato ha lasciato laconicamente intendere di sì. Il suo modo di comunicare, tuttavia, e questo suo sottintendere rapporti con numerose organizzazioni ha spesso fatto emergere una serie di dubbi legittimi sull’esistenza stessa dell’Nra di cui è megafono: tutti ricorderanno, ad esempio, la lettura in diretta del comunicato che rivendicava l’attentato a Dugina, senza però mai chiarire l’entità del suo rapporto con gli attentatori. Dal canto suo, invece, Popkov chiarisce alcuni legami che intercorrerebbero fra le varie organizzazioni

della Duma
Ilya Ponomarev
Sulla scena vi sarebbero anche gli anarco-comunisti di Boak, il movimento Stop the Wagon (Stw), la Freedom of Russia Legion e perfino esponenti del mondo anarchico che avrebbero combattuto al fianco dei curdi in Siria. Non deve sorprendere che in questo caleidoscopio di ribelli convivano estrema destra ed estrema sinistra: Putin val bene una messa. Popkov però tiene a precisare la distanza operativa e ideologica tra i Roszpartizan, Boak e i neonazisti del Corpo dei volontari russi.
Lo strano rapporto tra Popkov e Ponomarev
Resta da chiarire il suo rapporto con Ponomarev: spesso egli è ospite del web tg dell’ex deputato, che lo definisce “un amico”. Questa comunicazione perennemente sibillina inizia a minare la credibilità dello stesso Ponomarev, che rischia di passare per un abile millantatore in cerca di occupazione nella Russia del dopo Putin. I suoi sostenitori ne difendono, invece, il curriculum: non va dimenticato che il dissidente possedeva il suo bel posto al sole in quel di Mosca e che lo ha messo in discussione votando contro l’annessione della Crimea e la legge “anti-propaganda gay”. I media di Stato russi si augurano la sua tragica fine, i liberali iniziano a malsopportarlo.
La guerriglia sembra però sceglierlo per la sua capacità di fare da “ufficio stampa” per via della sua rinnovata posa da giornalista, aspetto che condivide con Popkov. I due, tuttavia, sembrano non concordare sull’andamento di alcune vicende. Nella sopracitata intervista a Popkov, egli dichiara di la sua stima per Dary Trepova, reputandola “una delle persone migliori mai conosciute”, una vera eroina. In un’intervista, invece, rilasciata a Fanpage lo scorso 5 aprile, Ponomarev dichiara, a tal proposito: “Non posso che ripetere quello che il mio amico Popkov mi ha detto ieri, dopo che è emerso il nome della Trepova: la ragazza effettivamente lo contattò sui social. Tutto qui. Roman è un giornalista e riceve molti messaggi dalla Russia. Uno di questi era di Daria Trepova. Ma non si sono scritti, nè si sono mai incontrati”.
Il progetto di Ponomarev
Dal suo studio web televisivo in quel di Kiev, Ponomarev conduce February Morning (con chiaro riferimento all’inizio dell’invasione russa) e gestisce dozzine di canali Telegram mediante i quali ambisce a fomentare la propaganda anti-russa dall’esterno. L’obiettivo, come ha spesso dichiarato, è quello di contribuire alla sconfitta militare di Mosca attraverso quella che lui reputa una mini-Al Jazeera web in lingua russa che ha il 60% del suo pubblico residente in Russia.
Un progetto nel quale ha cercato di attirare investitori senza riuscirci, scegliendo di autofinanziarlo poco dopo l’invasione dell’Ucraina. Secondo Ponomarev la peculiarità del suo canale sta nel non rivolgersi alla diaspora russa o alla classe politica, bensì ai comuni cittadini russi, offrendo loro una visione d’oltreconfine: per farlo ha perfino reclutato una trentina di corrispondenti dai vari angoli della Russia che lavorano sottotraccia.
L’obiettivo è dunque quello di contrastare puntualmente, ogni giorno, la macchina della propaganda del Cremlino, sfidando direttamente la visione che i russi hanno di se stessi. Chi sia Ponomarev per la complessa rete di guerriglieri anti-Putin è difficile comprenderlo: il suo apporto, per sua stessa ammissione, oscilla fra l’assistenza tecnica e la cassa di risonanza. Quello che è certo è che non esiste un coordinamento di queste operazioni, tantomeno dei sedicenti guerriglieri. Tuttavia, capillarità, coordinamento, controllo del territorio e appoggio di frange di popolazione connivente sono elementi fondamentali per la tenuta di una qualsivoglia “guerra di liberazione”. E se, come sostiene Ponomarev, “questa guerra non finirà in Ucraina, bensì a Mosca”, i suoi partigiani sono ancora ben lontani dall’essere tali.