La telefonata tra Xi Jinping e Volodymyr Zelensky, i misteriosi e continui attacchi realizzati con droni che stanno colpendo vari obiettivi dislocati nel territorio russo, e il dibattito venutosi a creare attorno a Cina e India in occasione dell’ultima risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu. Partendo proprio da questi punti, si evince la possibilità di una possibile, nuova partita diplomatica sulla guerra in Ucraina.
Rispetto ad un anno fa, infatti, le tensioni internazionali hanno superato ogni limite, mentre Mosca e Kiev stanno ormai combattendo una guerra di logoramento che erode risorse e uccide persone, senza offrire in cambio ricompense degne di nota. Da mesi si vocifera di una controffensiva ucraina volta a riconquistare le aree del sud e dell’est del Paese controllate dalle forze del Cremlino, ma, al momento, e nonostante vari segnali, tutto tace.
È probabile che gli uomini di Zelensky sferrino il loro attacco ma in formato ridotto rispetto agli iniziali proclami. Anche perché, nel frattempo, il presidente ucraino ha avuto modo parlare con il suo omologo cinese – nonché partner di Mosca – che potrebbe diventare una sorta di salvagente ucraino nel caso in cui il blocco occidentale non dovesse più concordare con le mosse di Kiev. Ricordiamo, infatti, che né Stati Uniti né Unione europea vorrebbero che la reazione dell’Ucraina possa innescare la furia atomica della Russia.
La risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu
La situazione è fluida e in divenire. Le certezze iniziali di tutti gli attori coinvolti nella contesa non sono più granitiche. In questo senso, una prima e possibile divergenza sembrava essersi aperta nella partnership tra Putin e il suo partner più stretto, la Cina, poi smentita da Pechino.
Cosa è successo? Cina e India avevano infatti approvato una risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu, non incentrata sulla guerra in Ucraina ma sui rapporti tra le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa, insieme all’ok di altri 120 Paesi. Nella risoluzione in questione si parlava esplicitamente anche “dell’aggressione della Federazione russa nei confronti dell’Ucraina”.
Pechino e Nuova Delhi si erano finora rifiutate di condannare l’invasione russa, e sebbene la mossa non rappresenti un vero e proprio cambio di rotta nella loro politica estera nei confronti di Mosca – visti soprattutto i legami commerciali e militari – il voto era sembrato a molti un primo segnale che l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Josep Borrell, aveva “accolto con favore”: “La risoluzione qualifica chiaramente la guerra contro l’Ucraina come ‘aggressione da parte della Federazione russa”, sottolineava Borrell in un tweet.
Nello specifico, il nodo della questione era concentrato in una riga nelle premesse della risoluzione di 11 pagine in cui poi si parla di tutt’altro: “Considerando ugualmente che le difficoltà senza precedenti che l’Europa deve attualmente affrontare in seguito all’aggressione della Federazione russa contro l’Ucraina, e contro la Georgia in precedenza, e della cessazione dell’adesione della Federazione russa dal Consiglio d’Europa, richiedono una cooperazione rafforzata tra l’Organizzazione delle Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa…”. In un primo momento, secondo quanto ricostruito da alcune fonti Onu, Cina e India si sarebbero astenute sulla prima votazione di questo particolare paragrafo, dando però successivamente il via libera all’intera risoluzione.
In seguito, la Cina ha ribadito che la propria posizione sul conflitto in Ucraina non era cambiata e che Pechino non ha appoggiato il termine “aggressione” da parte della Russia per descrivere la crisi ucraina, dopo il voto favorevole a una risoluzione dell’Onu. “La posizione della Cina sulla questione ucraina non è cambiata e la posizione di voto non ha nulla a che fare con il colloquio telefonico tra i due capi di Stato”, ha reso noto la missione permanente della Cina all’Onu come riportato dal South China Morning Post.
La Cina, ha insomma spiegato la rappresentanza di Pechino all’Onu, non aveva appoggiato in alcun modo la descrizione del conflitto tra Russia e Ucraina con il termine “aggressione”.
Mosca pedina sacrificabile?
Il testo finale è stato approvato con 122 voti favorevoli – tra cui appunto quelli di Pechino e Delhi -, 18 astenuti e 5 contrari: la Russia, la Bielorussia, la Siria, il Nicaragua e la Corea del Nord. In ogni caso, il voto, stando al sito dell’Onu, si è tenuto il 26 aprile scorso, ovvero il giorno della prima telefonata dall’inizio della guerra tra Zelensky e Xi, che il presidente ucraino auspicava da tempo nella speranza di convincere il leader cinese a fare pressioni su Putin affinché ponesse fine al conflitto. In quell’occasione Xi aveva sottolineato come il rispetto reciproco di sovranità e integrità territoriale fosse “la base politica delle relazioni Cina-Ucraina”.
Ad ogni modo, i risultati immediati di quella telefonata sono stati il reciproco invio di un ambasciatore a Pechino e di un rappresentante speciale a Kiev, e il plauso della comunità internazionale che, seppur con la dovuta prudenza, l’ha salutata come “un primo passo importante”. La sensazione è che la Cina consideri sempre di più la Russia un partner a tutti gli effetti. Detto altrimenti, significa che i legami commerciali ed economici tra Mosca e Pechino continueranno ad andare avanti, anche a rafforzarsi, fino a quando questo non sarà d’intralcio ad una delle parti coinvolte.
La Cina ha lanciato un primo segnale. Colto al balzo dagli Stati Uniti. Già, perché secondo quanto riportato dal Washington Post, Washington starebbe iniziando a credere alla svolta cinese, al fatto che il Dragone possa svolgere un ruolo di pacificatore nel conflitto. Il Segretario di Stato Usa, Antony Blinken, ha aperto al gigante asiatico, affermando che il colloquio tra Xi e Zelensky è stato ” positivo, perché è di vitale importanza che la Cina e altri paesi che hanno cercato di promuovere la pace ascoltino la vittima, non solo l’aggressore”. E dunque, dopo una possibile controffensiva ridotta ucraina, Pechino potrebbe spingere per far ripartire i negoziati. Il condizionale è d’obbligo, ma l’ipotesi, intanto, sembra trovare d’accordo vari funzionari Usa.