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Dipinta col numero identificativo “1” sulla sua sovrastruttura, la Shahid Roudaki si è unita alla Marina del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (Irgc Navy) durante una cerimonia tenutasi giovedì 19 novembre a Bandar Abbas, in Iran.

L’unità navale è lunga 150 metri e larga 22 metri con un ponte aperto sufficientemente grande e libero da strutture per fungere da punto di atterraggio per elicotteri, insieme piccoli droni. La nave è difesa da un cannone antiaereo da 23 mm e da più mitragliatrici pesanti. Durante la cerimonia i Pasdaran hanno fatto sfilare una serie di sistemi d’arma sul ponte della Shahid Roudaki per dimostrare la sua versatilità di impiego.

Questi includevano quattro imbarcazioni veloci con sistemi di lancio missilistici multipli (Mlrs), un lanciatore mobile per sistema missilistico terra-aria Khordad, un elicottero Bell 412, sei droni Ababil-2 e due piccoli droni quadrirotori, infine quattro lanciamissili anti-nave Qader.

Uno schieramento a beneficio dei media, e quindi di propaganda, anche se alcuni sistemi, come il Qader, sembrano imbullonati al ponte, facendo ipotizzare siano parte della dotazione permanente dell’unità navale, ma il radar corrispondente è posizionato sul ponte, su affusto terrestre, lasciando quindi intendere sia una disposizione temporanea: se fosse altrimenti ci aspetteremmo di vederlo sulla sovrastruttura per avere più campo di vista. Le imbarcazioni sono i tipici motoscafi veloci usati dai Pasdaran che fanno parte della dotazione dell’altra nave operata dalle Irgc, la M/V Saviz che è stata vista nel Mar Rosso e potrebbe essere legata al recente attacco alla petroliera maltese. Le barche viste sulla Shahid Roudaki però sono appoggiate su rimorchi terrestri e non sembra esserci una gru per metterle in mare, quindi potrebbe trattarsi solo di una esposizione di propaganda ma non è da escludere che una gru potrebbe essere installata in un secondo momento. Droni ed elicottero invece molto probabilmente fanno parte dell’effettiva dotazione dell’unità.

La Marina delle Irgc ha sempre avuto esclusivamente capacità costiere per condurre attacchi lampo, tipici della guerra asimmetrica di Teheran che utilizza le sue risorse di basso profilo per cercare di mettere in pratica il sea denial nelle sue acque contigue ed in particolare nello Stretto di Hormuz. Questa nave, però, insieme alla M/V Saviz e ad altre che attualmente sono in cantiere in corso di trasformazione, evidenziano un parziale cambiamento dottrinale: Teheran si sta spostando verso un inizio di proiezione di forza. La Shahid Roudaki, infatti, farà da nave appoggio per operazioni di forze speciali e per attacchi asimmetrici a più vasto raggio, quindi non più essendo costretti a partire da basi costiere per via dell’autonomia di certi mezzi sottili, e pertanto con la possibilità di effettuare attività di sea denial in altri teatri, come potrebbero essere quello siriano o yemenita, ovvero dove sono coinvolti proxy di Teheran e le attività più o meno clandestine dei Pasdaran con la Forza Quds.

C’è un piccolo giallo riguardante questa nuova unità navale che ci riguarda direttamente.

La nave è stata riconosciuta da un analista di Jane’s Defence Weekly, prestigiosa rivista di analisi militare e strategia, come costruita in Italia.

Jeremy Binnie, infatti, sostiene dal suo account Twitter che la Shahid Roudaki era originariamente la Galaxy F, una nave tipo Ro-Ro (Roll on – Roll off) costruita in Italia nel 1992 dal Cantiere Navale Visentini di Porto Viro (Rovigo) e venduta all’asta per 2,75 milioni di dollari. Le prove fotografiche che l’analista porta a sostegno della sua tesi sembrano inoppugnabili: la nave, ancora nella sua vecchia livrea civile di un color giallo acceso, è stata vista dalla ricognizione satellitare nel cantiere navale iraniano Isoico vicino alla città portuale di Bandar Abbas lo scorso luglio.

La paternità italiana della nave dei Pasdaran ha sollevato un caso politico: come si legge su Formiche.net Antonio Zennaro, deputato del gruppo misto e membro del Copasir, ha depositato oggi un’interrogazione al presidente del Consiglio, al ministro degli Esteri e a quello delle Infrastrutture per sapere se “il governo è in grado di confermare che questa nave di fabbricazione italiana effettivamente sia entrata a far parte della Marina militare iraniana”. Inoltre viene chiesto “di verificare eventualmente se ci siano state operazione di triangolazione commerciale volte ad eseguire attività di elusione delle sanzioni internazionali che vietano questo tipo di compravendite classificate come dual-use”.

Domande lecite che fanno il paio con la questione se ci sia stata o meno una qualche forma di collaborazione cantieristica per la trasformazione dell’unità navale da civile a militare.

La tecnologia o gli oggetti dual use, a duplice uso, sono beni, software et similia che hanno legittimo uso civile, ma possono essere utilizzati anche per applicazioni militari o possono contribuire alla proliferazione delle armi di distruzione di massa. Tracciare una linea di demarcazione tra quello che è facilmente utilizzabile per scopi militari e quello che non lo è, risulta molto difficile.

In passato sempre l’Iran aveva importato un minerale di alluminio raffinato di alta qualità da vari paesi in tutta Europa, che poteva essere utilizzato per realizzare parti di armamenti e componenti per missili, ma non solo: l’ossido di alluminio può essere utilizzato per diversi scopi come produrre alluminio di alta qualità, usarlo nell’industria dei computer, o nell’industria delle pietre preziose.

Se consideriamo la capacità di duplice utilizzo nel senso più generale possibile, allora qualsiasi tipo di unità navale civile, anche un traghetto, come in questo caso, così come la maggior parte dei beni, possono essere riconvertiti per un utilizzo militare, quindi bisognerebbe prima capire se davvero ci sia stata una qualche forma di collusione per la trasformazione della Galaxy F in nave da guerra.

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