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L’Artide è stata teatro di conflitto sin dalla Seconda Guerra Mondiale. Oggi è diventata l’epicentro della Guerra Fredda 2.0, in cui il cambiamento climatico potrebbe essere il fattore decisivo.

Sin dalla Guerra Fredda, l’Artide è stata militarizzata dalle superpotenze; nell’ultimo episodio di botta e risposta nella regione artica, la Norvegia sta aprendo il porto di Tromsø ai sottomarini statunitensi, ha confermato il ministro della Difesa norvegese Frank Bakke-Jensen. Oltre al vasto malcontento da parte della popolazione, anche la Russia ha espresso il proprio biasimo; tuttavia, è stata probabilmente proprio la Russia a dare il via a questi sviluppi.

Sebbene la Norvegia dichiari che non vi fosse intenzione di stabilire una base militare americana permanente a Tromsø, la Russia ritiene questa ulteriore espansione delle forze Nato “in conflitto con la precedente prassi di sviluppare relazioni amichevoli” a cui dunque si dovrà rispondere, ha dichiarato il Ministro degli Esteri russo questo febbraio, quando l’idea fu comunicata per la prima volta.

In risposta alle preoccupazioni russe, il ministro della Difesa norvegese Bakke-Jensen ha sostenuto che nulla sia cambiato rispetto a prima. L’ormeggio degli Stati Uniti a Tromsø era una parte legittima di progetti congiunti, in cui le regolamentazioni di sicurezza internazionale sono state rispettate: i sottomarini previsti in acque norvegesi non avrebbero avuto armi nucleari e la banchina a Tromsø sarebbe servita solo 4-5 volte all’anno. La Dottrina Bratelli del 1975, che proibisce l’ingresso di navi da guerra con armi nucleari a bordo, non fu dunque violata.

La contro-risposta da parte del Ministro degli Esteri russo è arrivata sotto forma di quella che gli esperti definiscono la più grande operazione di sottomarini nel Nord Atlantico dalla fine della Guerra Fredda in ottobre. Almeno dieci sottomarini stazionati sulla penisola russa di Kola sono stati attivati, finendo sotto il costante monitoraggio della Norvegia e di altri paesi Nato. Altri sottomarini russi sono stati scovati nel Mare di Norvegia e nel Mare di Barents, in quello che non era una semplice esercitazione militare, bensì una prova di forza per dimostrare la capacità russa di minacciare le coste statunitensi tramite sottomarini nucleari.

Il Cremlino ha infatti aumentato significativamente la propria attività nell’Artide: sono state riattivate basi abbandonate dai tempi sovietici, ne sono state costruite di nuove e quelle già esistenti sono state ampliate. Nel marzo del 2017, l’ammiraglio Korolyov annunciò che i sottomarini russi avevano raggiunto i 3000 giorni di pattuglia nel 2016, lo stesso numero della flotta sommergibile durante la Guerra Fredda.

La Russia non nasconde tantomeno l’importanza strategica della regione. Nella Dottrina Marittima russa del 2015, il Cremlino già considerava l’Artide una zona di futuri conflitti militari. In tal caso, un potenziale scontro non verrebbe giustificato da un classico casus belli, quanto dagli attuali sviluppi ambientali che hanno portato la Russia a perseguire due obiettivi.

In primo luogo, il cambiamento climatico indica un drastico aumento delle temperature nell’Artide; ciò comporterebbe l’apertura di un passaggio a nord-ovest e nord-est, dall’Asia all’America e all’Europa, accorciando significativamente le rotte di trasporto; la Russia inoltre, che ha sempre rivendicato zone dell’Artide, punta ad imporre dazi per servizi nella regione. In secondo luogo, l’Artide contiene verosimilmente vaste quantità di materie prime, in particolare di gas, che potrebbero diventare fruibili nel breve periodo.

La Nato ha monitorato l’aumento delle attività russe con preoccupazione e ha risposto ampliando il proprio raggio d’azione, diminuendo il numero totale di sottomarini nucleari Nato intorno al circolo polare artico.

Inoltre, la Nato ed i propri membri, primi fra tutti gli Stati Uniti, hanno progettato nuove strategie che includono l’aumento di esercitazioni militari e pattugliamenti per contrattaccare le operazioni marittime del Cremlino. Sfruttare Tromsø non sarà l’ultima mossa in questa Guerra Fredda 2.0, che non è più una corsa agli armamenti, ma una sfida per l’egemonia dell’Artide e del futuro.

 

Traduzione a cura di Stefano Carrera

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