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La vicenda degli S-400 alla Turchia si arricchisce di un nuovo capitolo: martedì 6 ottobre la Difesa di Ankara ha inviato i suoi sistemi di difesa missilistica di fabbricazione russa nella provincia di Sinope, sul Mar Nero, per dei test.

Secondo alcune fonti sembra che ci sia in programma di condurre una serie completa di test la prossima settimana, probabilmente propedeutici per il loro ingresso in servizio attivo e quindi inserimento nella cintura difensiva antiaerea turca.

Non saranno attivate le batterie missilistiche, ma le apparecchiature di collaudo e il personale sono pronti nel sito di Sinope, dove è stato emesso anche un Notam (Notice To Airmen) che chiude l’aeroporto della città da martedì sino venerdì 16 ottobre.

Sui social è comparso un video che mostra i mezzi dell’S-400 turco in movimento, diretti verso il nord del Paese.

La decisione di effettuare i test ha una tempistica quantomeno singolare: proprio nella giornata di ieri, a Bruxelles, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, durante una conferenza stampa in cui era presente anche il ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu, ha affermato che “siamo preoccupati per le conseguenze dell’acquisizione da parte della Turchia del sistema S-400. Il sistema può rappresentare un rischio per gli aerei alleati e può portare a sanzioni statunitensi. Questa è una decisione di carattere nazionale per la Turchia, ma l’S-400 non può essere integrato nel sistema di difesa aerea e missilistica della Nato”. Il segretario ha infine aggiunto che invita la Turchia a “collaborare con altri alleati per trovare soluzioni alternative” che sono state discusse tra i due rappresentanti.

Volendo essere maligni sembra che Ankara abbia risposto in modo negativo alla richiesta della Nato in maniera più che esplicita. Del resto è anche possibile che la Turchia non voglia annullare o rimandare i test, che molto probabilmente saranno condotti in affiancamento col personale russo, perché già previsti e soprattutto anche per non indispettire Mosca con la quale vige un rapporto non propriamente idilliaco nonostante le commesse militari in essere anche a causa del conflitto in Nagorno-Karabakh, dove Ankara sta sostenendo apertamente l’Azerbaigian.

Sembra che Ankara abbia già attivato nel recente passato i suoi sistemi S-400: secondo quanto riferisce il quotidiano greco Ekathimerini, i radar sono stati accesi per rilevare i caccia F-16 ellenici al loro ritorno dall’esercitazione Eunomia del 27 agosto scorso effettuata al largo di Cipro. La mossa, secondo i greci, sembra aver messo in allarme  Washington provocando più o meno direttamente le visite del segretario di Stato americano Mike Pompeo a Cipro del 12 del 27-29 settembre.

Una chiave di lettura forse esagerata quella di Ekathimerini, ma non molto lontana dalla verità: sicuramente l’arrivo degli S-400 è fonte di preoccupazione per gli Stati Uniti, che vedono messa in pericolo la sicurezza della rete difensiva antiaerea della Nato con l’ingresso di un sistema alloctono moderno – sebbene la Grecia abbia già in dotazione almeno una batteria di S-300 acquistata da Mosca ai tempi della crisi per Cipro del 1997 – in grado di “spiare” le potenzialità dei caccia di quinta generazione occidentali. La visita di Pompeo, però, è da ricercarsi più nell’inquietudine generale statunitense nei confronti dell’alleato turco, che è ai ferri corti con la Grecia per la questione della sovranità sulla piattaforma continentale del Mediterraneo Orientale e soprattutto sta agendo sempre più in modo ostile nei confronti di altri alleati della Nato come la Francia.

La doppia visita (in un breve lasso di tempo) di un segretario di Stato è sicuramente un forte segnale dalla connotazione ambivalente: rassicurare Atene da un lato e lanciare un monito ad Ankara dall’altro.

I rapporti tra Stati Uniti e Turchia non sono mai stati così bassi: oltre Atlantico si parla con sempre maggiore insistenza della possibilità di abbandonare Incirlik e di ritirare quindi le bombe atomiche ivi conservate; inoltre su Ankara pende la spada di Damocle del Caatsa, il provvedimento statunitense che sanziona quei Paesi che acquistano sistemi d’arma da Paesi “nemici”, tra cui appunto la Russia.

Washington, comunque, sembra trattare il suo prezioso alleato proteso verso il Medio Oriente ancora con un particolare occhio di riguardo: le sanzioni sino ad oggi sono solo una minaccia, sebbene, lo ricordiamo una volta di più, la Turchia sia stata estromessa dal programma F-35 proprio in funzione dell’acquisto degli S-400 e sebbene il Congresso Usa abbia votato ad agosto una legge che blocca la vendita di armamenti Usa alla Turchia per i prossimi due anni che colpisce immediatamente, come riporta Defense News, un contratto per gli aggiornamenti degli F-16 e le licenze di esportazione per i motori fabbricati negli Stati Uniti, di cui la Turchia ha bisogno per completare una vendita di 1,5 miliardi di dollari di elicotteri d’attacco T-129 (dei Mangusta fabbricati su licenza) al Pakistan.





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