“La Nato non dovrebbe avere un ruolo militare in Siria. Il Medio Oriente impone problemi cosi profondi e spaccature così marcate con tante variabili, che non possono essere risolte dall’Alleanza”.È quanto ha dichiarato l’ex Segretario della Difesa statunitense Chuck Hagel al Consiglio Atlantico, in merito ad un possibile coinvolgimento attivo della Nato in Siria.”Mi guarderei bene dal consigliare al presidente degli Stati Uniti un intervento sotto egida Nato. Possiamo e dobbiamo aiutarli, ma non militarmente”. Le preoccupazioni di Hagel derivano dalla percezione (nel Medio Oriente) dell’Alleanza in una regione ancora “sotto sbornia da colonizzazione europea”.”L’ultima cosa che dobbiamo fare è imporre la volontà e le istituzioni occidentali. Abbiamo appreso una dura lezione in Iraq. La NATO in Siria non funzionerà. Tali interventi non hanno mai sortito effetti positivi, la storia ce lo conferma”.Le preoccupazioni di Hagel sono state riprese da Damon Wilson, vice presidente esecutivo per i programmi e la strategia del Consiglio Atlantico: “La cosa peggiore da fare è che la Nato si sostituisca agli Stati Uniti in una nuova strategia occidentale di approccio”.La Nato – ha aggiunto Wilson – non è un organismo in mano ai politici americani e non si sostituirà agli Stati Uniti. Non esiste una soluzione facile per la Siria, se non quella mediata ed elaborata congiuntamente da Washington, Berlino e Londra.La sbornia da colonizzazioneLa storia potrebbe aiutarci a comprendere ancora di più quanto stia avvenendo nella Regione attualmente più turbolenta del pianeta.Dopo la fine del colonialismo europeo, tutte le strutture nazionali e gli stessi confini creati dalle superpotenze, iniziarono lentamente a collassare.Quel caduco status quo (imposto con le armi dagli occidentali) scatenò potenti forze centrifughe che sciolsero quel collante che teneva insieme popolazioni di etnia e religione diversa.Quel processo di “occidentalizzazione” fu inghiottito dall’antico malcontento, ingiustizie, frustrazioni settarie e violenze di ogni genere di milioni di persone: musulmani sunniti, sciiti, alawiti, cristiani e le grandi popolazioni curde etniche nel nord della Siria e dell’Iraq.Sarebbe opportuno ricordare un momento cruciale della storia recente. Nel maggio del 2003, Paul Bremer, allora capo dell’autorità occupazionale Usa a Baghdad, sciolse l’esercito iracheno. Migliaia di ufficiali sunniti ben addestrati, si ritrovarono senza lavoro e derubati della loro vita con un tratto di penna.Dietro la figura di Abu Bakr al-Baghdadi, lo Stato islamico annovera numerosi elementi di primo livello che hanno servito sotto Saddam. Lo stato maggiore dell’Isis è formato da ex soldati tra ufficiali, agenti segreti e funzionari dell’antiterrorismo del rais. Con quella decisione, Bremer diede vita al più acerrimo nemico degli Usa della storia recente. E forse in quel momento nacque lo Stato islamico.Oggi quel “tratto di penna” è considerato un danno irreparabile. La storia è ricca di eventi ciclici: i medesimi, questi ultimi, si ripresentano con attori diversi. Saddam Hussein ed i sunniti (minoranza nel Paese) trucidarono migliaia di sciiti (la maggioranza nel paese). Dopo aver rimosso Saddam e sradicato le sue strutture dal partito Baath, Washington costituì un nuovo governo fondamentalmente controllato dagli sciiti. Questi ultimi, naturalmente, ignorarono le esigenze ed i diritti dei sunniti. Così mentre da un lato l’esercito americano stentava a controllare ancora il paese, dall’altro i radicali sunniti si ritrovarono sotto la bandiera di al-Qaeda, in Iraq, contro le forze Usa, i sunniti moderati e la maggior parte degli sciiti.
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