I Pasdaran iraniani mettono in guarda Washington riguardo l’eventuale impiego dei suoi droni di ultima generazione in Medio Oriente. “Possiamo disattivare a distanza i droni americani Mq-4 Triton” hanno affermato i guardiani della Rivoluzione. Le informazioni per mettere sotto scacco i droni americani sarebbero state trafugare dal velivolo “abbattuto” lo scorso giugno.
I guardiani della rivoluzione iraniani, reduci dal pesante colpo inflitto dai droni americani che hanno ucciso il comandante della Forza Quds Qassem Soleimani, lanciano un monito agli Stati Uniti intimandogli di non impiegare il loro sofisticato drone di ultima generazione di sorveglianza sull’Iran. Se gli americani impegneranno i droni Mq-4 Triton “contro l’Iran”, le forze armate iraniane li “disattiveranno” rendendoli inutilizzabili, sostengono, poiché sarebbero entrati a conoscenza dei “codici e delle frequenze del velivolo senza pilota”
A lanciare questo pensante monito è stato il comandante delle Forze aerospaziali dei Guardiani della Rivoluzione dell’Iran, generale Amir Ali Hajizadeh, che nel corso di un’intervista rilasciata alla tv di Stato Irib, ha sostenuto la versione secondo cui i Pasdaran avrebbero ottenuto sufficienti informazioni – e possederebbero i mezzi e il know how sufficienti – per minacciare i nuovi droni prodotti dalla Northrop Grumman. Tutto questo sarebbe stato reso possibile dall’analisi effettuato sul relitto del drone dell’Us Navy Mq-4 Triton caduto solo scorso giugno in territorio iraniano. “Gli americani dovrebbero tracciare una linea rossa per quanto riguarda l’utilizzo di questo drone contro l’Iran perché siamo a conoscenza di tutti i suoi codici e frequenze. Significa che possiamo disattivarlo da migliaia di chilometri di distanza, da Teheran”, ha affermato il generale Hajizadeh, che ha proseguito a tessere le lodi delle forze alle sue dipendenza, che, secondo le sue precise parole “collezionano” droni avversari abbattuti per carpirne i segreti.
“Abbiamo la più grande collezione di droni al mondo. Ci mancava il Triton, che è stato aggiunto alla collezione. E sicuramente prenderemo di mira qualsiasi altro drone che violerà il territorio dell’Iran”, ha concluso il generale iraniano, mettendo in guardia il Pentagono per le sue future operazioni, e descrivendo il “Triton” nelle mani di Teheran come un “drone dal valore inestimabile”.
Lo scorso giugno un drone di sorveglianza americano dell’Us Navy aveva violato – secondo i resoconti – lo spazio aereo iraniano mentre era impegnato in una missione di ricognizione sul Golfo Persico, in concomitanza con le forti tensioni che si stavano manifestando nello Stretto di Hormuz.
Il drone, che stava sorvolando una zona costiera, venne reclamato come “abbattuto” dai Pasdaran, mentre il Pentagono sostenne la versione che il drone aveva perso il contatto a causa di un malfunzionamento, ma che il drone si trovava in ogni caso nello spazio aereo internazionale sopra lo Stretto di Hormuz e “non nello spazio aereo iraniano”. L’Mq-4 “Triton” versione per le missioni d’intelligence, sorveglianza e ricognizione, in forza all’Us Navy, è una versione “marittima” del fratello in dotazione all’Usaf Rq-4 “Global Hawk”. Con 30 ore di autonomia e una tangenza di 17mila metri, può raggiungere una velocità di 610 chilometri orari. Dotato di un sensore di sorveglianza è il radar Aesa a banda “X” è in grado di rilevare 7 milioni di chilometri quadrati di mare ed è stato modificato, proprio per operare in ambienti marittimi, per resistere ai fulmini, agli uccelli marini e ai forti venti che potrebbero colpirlo a basse altitudini. Il suo costo unitario è di oltre 120 milioni di dollari. Se le minacce di Teheran si rivelassero fondate, il Pentagono potrebbe davvero disimpegnare il suo velivolo da ricognizione dal teatro operativo del Golfo, e impiegare al suo posto l’altrettanta vasta gamma di droni in sua dotazione, ad iniziare proprio dal Global Hawk: l’Iran, fino a prova contraria, non è un isola nel mezzo dell’oceano.